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Stretto sul cor l’elleboro
che strizza ‘l succo amaro,
mosso l’infausto liquido
che sfugge come un sparo,
consuma ‘l labbro l’ultima
pena d’un tristo Amor;
e beve allor l’eretico
vino dell’aspra morte
quando si lagna un distico
d’ingrata e oscura sorte,
e vola a un sogno insipido
di gioja... e poscia muor.
Bacia la bocca funebre
le labbra del bicchiere,
come se un bacio erotico
volesse ‘l tosco bere...
e da quel tocco stolido
fugge l’estremo spir;
e questa coppa scivola,
s’infrange e iscoppia a terra,
e ‘l succo dell’aconito
le pene e i duoli afferra...
e in sul suo sangue vittima
un cor sen va a morir.
Rosso ‘l liquore orribile
qual rosa di cianuro
va pelle vene tremule...
per un sepolcro oscuro,
e mille fiamme libera
e brucia ‘l suo sentier;
ed è la neve torbida
d’un piover di cicuta,
d’un vecchio salce l’acido
che in morte fa la muta...
ed è un tremendo anelito
di requie sol forrier.
Scaglie di pietre e rettili
stanno nel tosco osceno,
dove si striscia l’aspide
che fame tien d’un seno...
e gl’aspri fior dell’eremo
in quell’intruglio stan.
Beve la bocca l’anima
dell’astio i tanti fiumi,
spengonsi ‘l cor, la vittima...
la coppa va in frantumi
e quest’umori vergini
tra lagne se ne van.
Spento in sul suol il misero
ch’esala l’alma orrenda,
rotto vicino ‘l calice
dell’ultima tragenda,
ride ‘l Destino formido
e tutto inghiotte... e muor;
e strilla ‘l sogno erotico
del tosco infame e impuro...
sputa quel cor esanime
un po’ di sangue al muro...
e cruda vien la tenebra
poscia un sì tristo Amor.  | 
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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