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Oh grand’uomo d’Italia dal nembo,
tempra l’arpa degl’astri fuggenti
sovra l’Alpi che cantan ridenti
le canzoni che scrivi in sul Ciel!
I confini dell’abile Patria
stringon lodi all’eccelso tuo nome
e l’affetto de’i posteri è come
una pioggia che lagrima ‘l miel.
Gl’Appennini ti mostran le vette
di quell’Arte che doni al Divino,
e nel Cielo l’estremo confino
è una messa di gioja immortal.
Oh cantore del duolo italiano,
dell’umane e terribili pene,
va’ sull’ale dell’ultimo Bene
a pregar la Pietade final!
Esalasti l’estremo sospiro,
rivedesti la prole perduta,
e la gioja in su’i nembi non muta
tra gl’abbracci di lei che t’amò.
Quivi allora puoi viver da padre
tra le braccia de’i figli compianti,
e Virginia asciuga i tuoi pianti
con il core che un dì ti donò.
Oh gran Genio d’un tempo perduto,
canta agli astri il nostro dolore;
non v’è duolo se dolce l’Amore
schiude ardente dal Trono ‘l tuo Re!
Tu cantasti il dovere e il Destino,
le dolcezze tradite del petto,
le battaglie, le noje e l’affetto;
ed adesso ridiamo con te!
Oh grand’uomo d’Italia e immortal,
va’ sull’estro dell’alta virtù;
ci rammenti del tempo che fu,
oh cantor, la risata final! |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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