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Ieri lo avrei detto,
come un’aquila dalla vetta
che scende -
immobile nel volo del cuore -,
come un sogno
fuggente dal terso cuscino...
avrei detto
quello che cerchi, quello che chiedi
nascostamente alla luce del Sole
mentre la mia Notte s’accorge
del tuo richiamo
e per questo s’inquieta -
spaventosamente -
nel silenzio della Luna e delle stelle
astrifiammanti come sei tu.
Avrei detto
il fulcro del segreto che m’uccide...
che ormai vive
da un mezzo lustro...
quell’attimo
che fugge seppellendo me stesso
e i dolci ricordi;
avrei detto
quello che vuoi sentire
per un’ultima volta
sul soffio di un addio
che dà un bacio alle furie
del vento notturno...
Avrei detto
che senza lo specchio di quei tuoi occhi
che riflettono il mio desiderio
sarei morto
nel sublime strillo
dell’ultimo respiro
d’Amore,
come il pianto di fuoco
di una stella
che muore lontana
effondendo cordoglio alle sfere.
Avrei detto
di seguirmi per le tortuose
vette innevate di ghiaccio
bollente,
per le dune gelide
del deserto africano...
per le solitarie praterie
dei sogni diurni...
Ti avrei portato dovunque
e davanti alle meraviglie
della Natura
e di questo verme
che è l’Uomo
non avrei tolto lo sguardo
dal tuo volto,
né il labbro dal tuo labbro,
il cuore dal tuo cuore,
uniti per sempre
nella gioia e nel dolore.
Ieri avrei detto
ogni cosa che vorresti
ancora conoscere,
ogni parola
che vuoi tuttora udire...
avrei potuto dirlo,
ma stetti in silenzio...
muto...
come l’eco distorta
di una campana da morto;
ed ora taccio,
non posso dir niente
ché il Fato mi sbeffeggia
per mezzo dei tuoi baci...
Bevo da questo calice
un tristo veleno.
Muoio.
Ricorda
chi muore per te. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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