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Viaggiai pel mondo intiero; ed io vidi
eremi inospiti e ghiacci perenni
e valli alpine... e i mar su’i qual svenni
scorsi nel sonno d’un libero cor...
e mirai l’alte montagne degl’Inca,
la steppa anonima e l’Indo fugace...
ma - ch’io menzogna per sempre qui vinca -
smarrito ho Amore, smarrita ho la pace.
Errai errabondo pe’i mari in tempesta,
e scrutai lochi che son maraviglia...
ma l’aspre lagrime m’apron le ciglia
or che l’intendo, un mar di dolor;
e mi rammento dell’alba mia sposa...
e per lei piango battendomi ‘l petto,
ed io un giorno partii dal suo tetto,
ed or ignora che ‘l sposo sen muor.
L’amai, lo giuro!... La vidi a Dublino
uscir dal Tempio dell’alta Madonna,
ed io nel subito istante divino
che m’allietava, baciai la sua gonna;
ma ‘l suo patrigno - per fede cattolica -
me la negava... e tosto m’impose
l’istesso culto, e allora le rose
potei donarle... le nozze e altri fior.
L’amai - lo giuro! - e con lei all’australi
terre mi mossi... ed ebbi de’i figli;
ma ‘l fiero culto in mille perigli
e in ansie tante scagliàvami... e ‘l cruor
ruvido ardeva pell’aride vene...
e la preghiera mi parve un delir;
e non avevo nemmanco una spene...
l’Ave gridavo tra mille sospir.
Non fui cattolico... fui luterano,
e ciò non piacque nemmeno alla sposa;
e stanco in core, lasciando una rosa,
dai lei fuggivo, col sangue in furor.
Scappai lontano, vagando ramingo,
senz’una meta... senz’una cagione;
ma sempre avevo l’antica passione
mesta e tradita nel letto del cor.
Sonai canzoni, l’orchestre diressi...
e vidi i monti del vecchio Perù;
e scorsi a Londra i bianchi calessi,
e piansi tanto per quello che fu.
Mirai l’Unione, regina d’America,
e scrutai rivi... e prati selvaggi,
e poi l’inospite lande, i miraggi
passai solingo nel sen del dolor.
Eppur lì vidi caduta dal Cielo
l’ombra d’un’Angiola; ed ella mi piacque...
e l’Amor primo lontano si tacque,
e con lei andavo a nozze d’ardor.
Orrore! Orrore!... Tradii la mia sposa
- la prima sposa - cui stavo anco unito;
ed or son pallido qual la mimosa
ch’all’altra diedi... e sono pentito.
Spiro poligamo... Iddio mi perdoni!
Spiro tremante col pianto nel core;
e sono un Genio che pallido muore
colla sua donna - la prima - nel cruor...
e spiro tale ché l’essere umano
m’astrinse al culto d’un Nume diverso
da Quei ch’è un nuvolo limpido e terso,
legge anonima d’eterno Amor. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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«Dedicata a William Vincent Wallace (1812- 1865), compositore e avventuriero irlandese» |
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