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| Ho bevuto una cantina
per avere i miei galloni;
tu che ingolli ed arrossisci
affacciandoti al timore,
l'oste osserva imbambolato
riempirà anche il suo barile;
non bevo mai la vita liscia
annegherei nei miei ricordi.
Appendo il viso alle mani
per smarrirmi dentro al vetro,
con intrepida fermezza
inclino un ultimo bicchiere,
ecco sento quell'umore
che fa il vino tra le guance
fuor da qui il tempo corre
un cavatappi mi rimane.
Alla finestra la fragranza
mutevole di giorno in giorno
ma è l'odore delle notti
che rimane sempre uguale
al di sotto di un soffitto in sughero
nel sudore del tabacco
tra nuvole rassegnate
di un colore anormale.
Reduce del giorno passato
affittuario di quello a venire,
come un fiore di collina
in quest'estate a basso costo
a guardare tetti di case
appese a nuvole varicose
e la gente che le abita
appesi gli uni agli altri.
Accanto,
vecchi giocatori di briscola
ingialliti dal tabacco e dalle ore
si asciugano la bocca
e né distillano parole.
Chissà quanto tempo mi resta?
Averne ancora di tempo come resto,
senza alcun obbligo di mancia!
Scelgo anch'io la mia partita
giocherò al tavolo le speranze
prima di urlare la nera rabbia,
aspettando
che le discese
non portino
per forza alle salite.
La sponda del calice in cui scelgo
di finire la bevuta
è sempre quella sbagliata
la parte sporca
la laverò nel vino.
Al mattino sconfitto
dal risveglio della vita
divoro me stesso
nell'affresco della solitudine,
attendo una voce
spezzerà le mie orecchie
come una carezza di miele.
Ricorderà bruscamente
l'amore che cade a gocce
nel bicchiere senza lati. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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