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Percorro la mia pena
dalla notte dei tempi
per cercare un rifugio
ove celare il timore
di consegnarmi intero
alla morte.
In questo carcere iridato
da una crepa illune
prigioniero senza processo
indosso abiti da lutto
ed ingoio pallottole,
per non vedermi
cadavere ai miei piedi.
Un arabesco di urla avverse
volteggia nell'aria
e la quiete s'arresta al confine,
della pineta.
So di esistere in qualche luogo
in qualche terra innocente,
lì la vita mi ha generato tra le sue coscie amputate,
per affidarmi al traghetto di anni insulsi e monotoni
come una geremiade liturgica,
lunga come la disperazione prorompente
delle gole ridenti
di educate monache.
Una voce affascinante,
simile alla vita
come un canto libero
su una melodia di incubo
che si affaccia in me.
Allora dovrò pungere la mia gola con un filo d'erba
per vederne il suono
colare lungo il corpo.
Ed ora che l'aria non ha più dolcezza,
ora che questa maschera flaccida
riposa in un dormiveglia inquietante;
dovrò spezzare questo sonno
della coscienza
che gocciola di sangue
di vergogna.
Uscirò dalla tana
evaderò dalla prigione senza uscita
per dare acqua ai giardini
dove nascerà in libertà il fiore
di una speranza
da far librare nel vento quieto della sera
e sognerò di uomini che non sapranno più
versare il loro sangue martire
e l'odio di questa guerra sarà
l'unica guerra di tutti i tempi
scordata nei canti e nelle danze intorno al fuoco
perché domani ci saranno versi coraggiosi
domani si scriverà sui muri delle prigioni deserte
una poesia all'incrocio delle lingue
parole incise su petali volanti
poema senza più necessità di tempo
di queste ore fluide che colano a fiotti.
Sventrerò il cielo
né succhierò l'essenza,
dalla ciotola del risveglio;
salirò sulla pianta più alta
per stanare Dio dentro all'alba;
sarò appostato di buon ora
e affilerò le armi della pace e dell'amore
perché alle prime luci smantellerò il firmamento.
Non si approprierà più della mia speranza
lasciandomi la sete e la vergogna
l'odio e la sofferenza.
Le mie madri non dovranno più piangere il loro figlio
e le loro mani caricarne il cadavere;
quando domani abbatterò il muro della paura
la pace sarà sancita
perché ogni tramonto ha la promessa dell'alba
e non starò più appeso
al cortile della mia prigione
sarò dentro alla coscienza
come una scheggia affonda nella piaga.
Domani sarà il sangue che urlerà
che mi vestirà di collane e gioielli
prima di annegarmi il cuore.
Domani oltre la selva dell'odio
passando per un paese chimerico
legherò tutta la mia sofferenza in mazzetti
e sdraiato su tutti i desideri
riposerò con la morte
attendendo che generi
la vita. | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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