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Zolla sei della notte, oh Luna,
or che piena ti spieghi in alto,
ti muove un alito al contorno
manti sfuocati di bianco drappo
e perle di carta stagna lucono
nel tuo paradiso fatto di ricordi,
a delimitare i tuoi scuri bordi.
Hai trafugato questo telo agli dei
e l'hai lasciato cadere in terra,
tanto lungo e largo ch'ogni misura,
parrebbe ricoprir ogni creatura
in questo mondo che incessantemente gira,
mentre incessantemente gli giri attorno.
Più luminosa di qualsiasi cosa,
t'imponi sullo specchio del tuo piano
e cogli artigli graffi la mia casa,
dando luce alla mia notte eternamente buia;
m'incanto nella tua forma tanto chiara,
or che tra poco inizierai a calare,
ché sconvolto rimango a pensare,
il tuo nome è l'immagine sbiadita
di una notte che non è mai esistita.
L'acqua sgorga dalla tua aria,
il tuo profumo è nelle mie narici,
è tanto forte da sentirsi ovunque,
è nel mio sangue e pulsa nelle arterie,
lo sento moversi in ogni mio viscere,
dando alla mia mano la forza necessaria,
a ricalcar sul foglio il nome della tua aria.
Ancora resto alla finestra aperta
e ti saluto giammai così lontana,
tu, che poc'anzi eri tanto vicina,
da lasciarmi toccare il tuo corpo nudo,
adesso che son tutti svegli,
dopo aver riposato alla tua luce bianca,
dormi perché sei troppo stanca.
Chiudo tutto e mi stendo a letto,
ma speranzoso continuo a sognare
e chiudo gli occhi per immaginare,
per ricordare la tua luce focata,
che nei miei occhi si è fermata,
allora rido come non ho mai fatto finora
perché un'altra volta tra qualche ora,
tornerai di notte nel cielo ancora. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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