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Nel silenzio mi beo placidamente
del tranquillo singulto dell’aër queto
che pe’ i venti sospira, e tanto fia lieto
il tepido sogno d’un aspro dormir.
Il petalo d’un fiore dolcemente
naufraga nell’Oceàno, o vola pell’alto
de’ nuvoli celesti, e su questo spalto
poi ricade tra i turbini ove men sto;
e ricadendo qua s’acqueta, spento
qual Sole in sulla Notte… morto e appassito
e più non dà risposta al docile invito
che a vivere lo chiama dal rosso cor.
Così è l’Amore
che anelo… che sogno,
quando al cielo alzo
lo sguardo attonito
e dormo!
Un volto:
di bionda fanciulla che in nulla svanisce.
Un ciglio:
di lagrima imbelle che tutto ferisce.
Un soffio:
di bacio ridente che muore e tramonta.
Un canto:
d’affanno crudele che ‘l Fato racconta.
Un sogno…
un tormento;
e poscia codesto tormento
ancora un sogno novello,
vana e stolta illusione d’un cor beffardo,
un chiaror d’egra Luna ch’empio e bugiardo
riconsola la Notte in una menzogna.
Oh vergogna! Oh vergogna!
Diminuisce
la speme.
S’accresce
il dolore;
o ‘l tormento d’un core,
quel tormento che pari non ha. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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