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Mòvendo a stenti il labbro insanguinato
che assapora il gusto dell'ora estrema,
supplica il balestriere sconsolato
al rival un dono che l'anatema
col perdono pietoso possa fugar.
Urla... S'agita ansante mentre beve
dall'ispida rabbrividita barba
il sangue ch'esce più freddo di neve
dall'ugola affranta che a niuno garba
inchinarsi impietosito a confortar.
Il ciglio che al Ciel volge le pupille
presto precipita nel pianto ansioso
d'un uom che lungi dalle natie ville
affronta solingo il dì spaventoso
nel qual la Morte lo desia divorar.
Albe scogliere della patria terra,
addio! Addio, fresche acque del Tamigi!
Addio, bei colli che pria della guerra
col gelso donavate i fiordaligi!...
Addio, sventurate spose, sorelle
e madri di chi con altri un dì salpò!
Amiche, addio! Misere vedovelle
accecate da un Amor che non trionfò!...
Dolci vessilli, addio! Addio stendardi
che all'orbe palesate i santi leoni!
Addio, eroi! Addio forti, addio codardi
vittime indegne di baldanti troni!...
Soltanto a se istesso non grida l'addio
questo arcier stanco d'una vita egra
che ora, senza preamboli, lo scaglia a Iddio
nel funereo impeto d'un'aura negra...
d'un reo destino che lo sa spaventar.
Vessato da piaga cruda e mortale
ei stende la mano ai franchi fratelli.
Brama pietà! Celebra il funerale
deponendo al piè i guerreschi mantelli
che tanto il suo cor san ora disperar.
Ma nel sibilo del vento in certame
tace la clemenza... tace la bontà;
e al Franco altro non parla che l'infame
istinto di vendetta, di crudeltà:
l'inimico non s'ha mai da perdonar.
Terrorizzato dalla condanna
le verba smorza piangendo il ferito...
smorza l'accento, e non sa che Giovanna
sente pietade del suo esser smarrito
che libero dall'onte brama spirar.
La giovin pulzella, qual mesto prete
che al letto corre del morente veglio
a unger coll'olio, a bagnare col Lete
la fronte di lui che brama uno speglio
del Cielo che repente sa sublimar,
fulminea accorre al freddo e mesto petto
della vivente salma che anco implora
un atto di concordia... di diletto
al giglio albo di Francia che assapora
una Vittoria che tanto osò sognar.
Abbraccia allor la santa il moribondo
accogliendogli il volto al dolce seno;
e sul mesto sembiante tremebondo
il tremore gli fuga in un baleno,
sìccome madre che canta la nanna
al pio pargolo che poscia la fola
sbadiglia sonnecchiando, e pur si danna
spirando uno sbadiglio dalla gola
che tanto nella culla vòl riposar.
Sublime visione!... Amor fraterno!
Nel cor d'una truppa tanto perplessa
Giovanna ascolta, perdona e confessa
lui che quieto le implora il Ciel superno
coll'ultimo singhiozzante respiro
che le dice «Grazie!» mirando il Signor. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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