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Piange la notte muta
sul guancial di chi muore...
piange sul freddo cruore
immemore di respir.
La lagrima funerea
abbraccia il Cielo e l'eco...
abbraccia e porta seco
l'orma del bruto morir.
L'infida upupa grida
da un ramo che sta secco...
mòve il lugubre becco
colmo d'infame delir.
La vergine conforta
la misera orfanella...
la vuol chiamar sorella
commossa da giusto Amor.
Vien il clemente prete
col santo confortorio...
bagna coll'aspersorio
benedicendo al Signor.
Sòna commosso il bronzo
dall'alto campanile...
sòna mentre il badile
la fossa schiude all'orror.
Una preghiera mesta
s'alza dai labbri ansanti...
s'alza e vòl che tremanti
parliam di chi non è più.
Signor, possente Rege
che gli astri mòvi e il Sole,
e verba dalle gole,
e palpiti di perdon,
dischiudi i cieli e i nembi
all'alma che s'affida...
ch'a Te dolce confida
la salute del suo cor.
Gesù, ostel di speme
che il ladro assolvi e l'empio,
e chi commette scempio,
e chi folleggia d'Amor,
Tu che un dì perdonasti
la voluttuosa Maria,
Tu che sulla retta via
del reo portasti l'onor,
distendi orsù il perdono
allo spettro tremante
che implora lagrimante
l'Eterno del tuo baglior.
Una Croce portasti...
umiliato... ignudo
qual servo... qual drudo
pel Golgota che ruggì.
Le tue carni agli acciari
consegnasti gemendo...
commovesti morendo
la Madre che si lenì.
La tua Morte è il Perdono
che ci desti morente.
Or che'l vòl penitente
perdona lui che morì,
finché un lume perpetuo
non esca dal tuo rigor...
non esca il santo giuro
d'un invincibile Amor. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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