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In un cupo istante di notte cieca,
nella furia ansante degli elementi,
ai piè d'uno scarno pioppo si reca
ignota imago che con passi lenti
il guardo indefinito al Cielo volge
e agli astrifiammanti nembi sottili,
onde apparir mirar possa le bolge
degli Angioli che le verba gentili
rapite in estasi pregando vanno,
mentre in cor suo un santo sogno s'agita
che l'adduce dianzi al divino scranno
ove doviziosa Voce scalpita
coprendo con un bacio la preghiera,
cui risponde nel core dell'inverno
la meravigliosa eco lusinghiera
che dolcemente rimembra l'Eterno.
Allor il femmineo ciglio commosso
la contenta iride pietosa abbassa,
e graziosamente spinto e percosso
nelle pupille allegro pianto ammassa
sicché il vergine volto ch'arrossisce
possa d'un celeste Amor far ricetto
e d'uno strale che il cor le ferisce
senza aspra vergogna, senza diletto.
Lungi dal caldo natìo vestibolo,
ne' pressi del Ciel misericordioso,
a Iddio ella maledice il postribolo,
la reggia, il peccator... l'uom vanitoso;
e visionaria accoglie il vago sentir
di doveri profferti dal Signore...
di leggi che pie chieggono di morir
per Lui che sovra l'Universo è Amore.
L'aër rabbrividisce ferino,
e dall'alito suo, reo vento irrora.
Eppur, sebben in loco ora meschino,
l'imago nell'estasi resta ancora;
e nell'etere antelucano prega
all'ombreggiar di rami ignudi e rozzi
che forse sono il tempio d'una strega
dai propositi terribili e sozzi.
Non teme la visionaria i segni
d'una folle e cruda superstizione,
né impaurisce dianzi a que' truci legni
forse intrisi di rea maledizione.
Ma un'ombra tremenda dal Ciel l'abbaglia...
la tormenta... l'avvolge in una spira:
una spada insanguinata, una taglia...
il foco, i fumi, le urla d'una pira.
Cade svenuta. L'estasi termina.
Non più arcane Voci... non più Santità.
Povera imago! Misera femmina!
Ostia visionaria dell'Umanità...
fumante e nera cenere oppressiva
che muore ansante colpita dal Nume
che severo desia che l'Uomo viva
col sagrifizio del suo giovin Lume.
Odesi un tòno sonar pella rada.
Pentimento... perdon. Poi? La spada. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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«In memoria di Santa Giovanna d'Arco, nata in un giorno imprecisato di gennaio e battezzata all'Epifania.» |
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