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Tanto tace la bruna tinta
di quest'ignoto... reo tramonto
sicché la frale mente è vinta
dal livido... vile affronto
ch'onte insane e crudi rimorsi
or spediti vanno accendendo
sui miei vani recordi trascorsi
cui mesto e irrequieto m'arrendo.
Allor con duol rimembro ansante
le truci mestizie sofferte;
e vò lamentando costante
le privazioni che son certe
e che non mi beano d'Amore,
né di pace, né di contento
ché del mio Destino l'onore
s'è involato baciando il vento.
Rimembro!... È autunno. Vien sera.
Della vendemmia i lieti canti
si dileguan sìccome cera
che spira tra fochi brillanti.
Un aër colmo di malizia
maliardo conquide la steppa.
Odesi, frutto di nequizia,
un muto sparo che s'inceppa:
il cacciattor s'avventa infame
sulla vittima sciagurata...
La mira... Impugna le lame
e sulla carne già squartata
apre varchi colmi di cruore.
Con crudeltà ne prende il vello,
tronca il capo, deruba il core;
si scuote... sorride rubello
e riede alla sua villa ignota
laddove ripone il fucile,
arma tanto ligia e devota
quanto terrificante e vile.
Recordo!... Sul morir del giorno
spegnesi la campestre vita.
Lentamente svanisce il corno
che Morte alla caccia fia unita.
Pel manto del vento ch'è mite
risòna un terribile grido...
un urlo di uom ch'accende lite
in seno a qualche agreste nido:
la vaga sposa l'ha tradito
macchiandogli e l'onore e il letto;
ed egli... egli, uom quieto e pulito,
l'ha uccisa sotto il miser tetto.
Berrà forse l'ussoricida
dal calice del tradimento
mondando la mano omicida
nel sollievo del giovamento?...
Cadrà forse il sangue muliebre
di quel truce braccio assassino
nella goccia e gaudia e funebre
d'un dolente sorso di vino?...
Ahimè!... Fellonia... tradimento...
Tremendi concetti piacevoli
che sempre adducono il tormento
a gesta aspre e riprovevoli.
Onore!... Verba cieca e immota
che infra la Vita... infra la Morte
nulla spiega... nulla dinota
sennonché quell'avida Sorte
che le pie stagioni separa
in nome d'una larva avida...
d'una serpe malvagia e avara...
d'una ria Natura squallida
che le spemi e gli Amor divora
sotto un Ciel che per noi dispera...
Tutto è dannato! E poi... che fora?
O v'è il Nulla... o la Vita vera.
Rimembro!... Tu, rosa ridente,
promessa e offerta forse da Iddio,
stanca... frale ti spegni aulente
baciata da un labbro giammai mio;
e va la tua solenne immago
morendo nella nebbia fresca
ove subisco giammai pago
del Fato oscuro la ria tresca.
Alla Poesia resta il recordo
della tua beltà senza pecca...
dolcezza ch'ognor non demordo
sebbene in realtà giaccia secca,
e spenta... e muta... e silenziosa.
Dannato autunno! Empia Natura!...
Stagione sì peccaminosa
d'un'aspra Fatalità oscura! |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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