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Silente giace la smarrita sera
nelle tenebrose fosche autunnali
che tra le nebbie dense l'aura altera
nunzia ai miseri... predice ai mortali;
e va appressandosi nel cielo bruno
la lugubre e funerea notte a salir
onde la spenta rosa, il mirto e il pruno
il tristo oblio... l'oscuro possa inghiottir.
La nottola canta superstiziosa
i rei suoi voli notturni e rapaci
membrando alla Natura silenziosa
che e beni e duoli son sempre fugaci,
giacché vano è il Creato che si dispiega
nel ciclo infinito delle stagioni
onde o follia o Ascesi sempre diniega
l'essenza de' pianti e delle passioni.
Frattanto ascolto stando a questi spaldi
che l'alma proteggono della Poesia,
lamentar sìccome dimòni baldi
nell'impeto d'una sì irta malvasia
famelici branchi di neri lupi
de' quali i selvaggi, atroci latrati
lesti vanno salendo ai nembi cupi
laddove i Cieli fiansi sconsolati,
sicché un gelo... un immoto sentimento
destami da quest'istrano contemplar
e ratto pretende oramai il sopravvento
sul mio core che impaurito ha da tremar.
Riede ognor l'Autunno inesorabile
a queste ignote lande... a questi colli;
e reca un malessere incurabile
che i nostri Pensier fia vani... fia molli
giacché e fumo, e fato, e vanità e polve
inghiottono i Soli della dolcezza
frattanto che l'orbe intiero si solve
trovando o in Ciel, o nel Nulla l'ebbrezza.
Allor la trascorsa estate beffarda
di questa notte è il recordo imperante.
Ma una letizia... una Vita maliarda
dice menzogne all'Uomo addolorante
che senza più spemi... senza sorriso
nel Nulla già spera, o nel Paradiso. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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