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Attonito... esterrefatto... immoto
e perduto nell'istante fugace
d'una parvenza inebriante qual loto
cui d'ogni senso il mio labbro è loquace,
ammiro con silente ansia e con brama
il sembiante... il docile corpo ignudo
di lei che Musa dall'Elisio m'ama
mentre tra terreni ardori m'illudo
errando smarrito per raminghe vie
onde più misera la questua s'alza
d'una fanciulla che men crude, men rie
potrà dirmi verba di balza in balza.
Maraviglia! Bel gaudio pe'i mortali
che ignoti vanno chiamandosi poeti!...
Mi mancan del cor i sensi vitali;
e giacché son tanto felici e lieti
gli spiri si annientano nel vagheggio...
nella visione che mi felicita.
M'abbandonan le posse... Che far deggio?
Quella deliziosa beltà esplicita
quivi appare senza vel, senza pudor
e dolce chiede a me un poetico guardo...
un inno dettato da perizia e Amor
che possa vincere qualsiasi bardo.
Costei che allor dall'Olimpo è discesa
per la mia Poesia, onore alla sua mente,
scalza... discinta... ignuda si palesa;
e va riaccendendo le faci spente
di passati... trascorsi ardor ferini
che tanto m'addussêr e al vano sognar,
e al regno d'eventi e fati meschini
ovvero al più insostenibile penar.
Qual bel peplo! Cadente, frale e sciolto!...
Con grazia a colei asconde la vergogna
che cotanto spirto poetico ha colto
al son della cetra... della zampogna;
e va lasciando ignudo il tondo seno
sovra cui scendono alcuni capelli...
bionde... lucenti onde d'oro sì aulente
che de' floreali nettari sì belli
celan quella fonte tanto senziente
cui soave s'aggiunge la mia carezza
e il delicato bacio della Poesia...
bacio questo che giammai volerà via.
Orsù fa' che io possa con man leggera,
o Musa, sentir la tua liscia pelle
ove su questo seno è sempre foriera
la carne tua d'odori di pie roselle,
ché io possa udir i palpiti pudici
del tuo emozionato cor di fanciulla...
del tuo sangue che già i carmi ludici
ispira... accudisce... nutre e culla.
Empio il poeta che non ti bacia il seno
errando pell'etesie sinuosità
alla questua d'uno spirto sereno
che s'asconde in quella sensibilità!...
Maledetto colui che le ditelle,
il candido collo, il ventre sottile
in te non onora qual fosser stelle,
o verdi e floreali prati d'aprile!...
Reo e pur colmo d'obbrobrio l'uomo ingrato
che sprezza il tuo volto lucente e biondo,
il tuo facondo labbro ben plasmato
che sempre recita un carme profondo!...
O Musa, che per me lasciasti i Numi...
che per me t'assimilasti a Venere,
quanti ora scorrono poetici fiumi
mentre le tue saette mi fian cinere...
Componendo ai tuoi piè tondi e plasmati
oramai lieto mi nutro... mi pasco
de' tuoi brillanti sorrisi estasiati
e poeta risorgo... cantor rinasco
all'ombra galante della tua grazia
che appagata porgemi piacevol rai
de' quali l'alma mia rendesi sazia
dimenticando forse i trascorsi lai.
Cielo crudele!... Perché quivi olezza
un truce vento che tutto divora:
la Musa... il mio sogno... la mia carezza...
e l'Amore che smarrito non è ancora?...
Ritocca il ciglio una lagrima amara
che grondante solcami il volto oppresso.
Pietade... pietade, oh Vita men cara,
che riedi a lasciarmi mesto e represso!...
Ah! Ridatemi, oh Dei, il mio dolce Amore...
la mia Musa, pia speme del mio core! |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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