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Placidi onde vaghe e serene
del gentile e dolce fiume
che colse il sangue dalle vene
di chi s'oppose al regal lume,
or salutate nel recordo
le balde legioni trionfanti
nel certame sì ratto e sordo
donde le porte giubilanti
del bel Tebro fûr dischiuse
in nome del genio cesareo...
dell'alta aquila che soffuse
fè le rie baldanze di Pompeo.
Ave, oh Cesare, sommo duce
del glorioso popol romano!
Ave, strale eroico di luce,
che dall'Olimpo vien sovrano!...
Recorda, celebre torrente,
l'albo e sì celere destriero
donde baldanzoso e possente
contra il folle inimico altero
l'augustea spada aguzza e ferrea
scendea a schiuder dolenti piaghe
nella carne e mortale e terrea
d'armature sì frali e vaghe.
Ov'è Pompeo?... Fugge il fellone,
il reo e meschino traditore
della triumvica pia magione...
di Roma... dell'Imperatore;
e va tosto in terre lontane
a parar folle resistenza.
Ma non sa che son frali e vane
le spemi della sua demenza...
non sa che dovunque l'artiglio
dell'aurata insegna tradita
s'appressa a scagliargli il periglio
d'una morte ch'a sé l'invita.
Oh Rubicone, acqua di gloria,
segnasti col straziato sangue
la vindice e magna vittoria
d'un popolo ch'ancora langue
nel pensier del perduto Impero...
nel recordo del sommo trono
che di gran baldanze foriero
si ravviva al glorioso sono
delle giubilanti buccine
che già evocano l'ore passate...
l'ore ognor regali e divine
delle legioni consacrate!...
Vittoria! I prodi vincitori
entrano a Roma, città amata...
S'alzano trionfanti gli allori...
risplende l'aquila dorata!
Decade ora il triumvico onore!
E poscia il santo e ligio Amore
trionfa gaudio l'Imperatore! |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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