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Tanto, ahi lasso, educato fui e ammaestrato
semmai al fresco vento primaverile,
e tanto il mio spiro si fè allietato
nel cor d'un mite aër del fresco aprile
ch'ora sento di dover detestare
l'opprimente volto del Sol raggiante
che sempre focoso desia brillare
sovra quell'orbe che per lui è spasmante.
Ardono le tempie... l'ugola stride;
e ogni cura pur è vana e fugace
sotto 'l cielo che beffardo deride
l'uom che ratto sta da sete vorace.
Nemmanco il natìo soffice paesaggio
puote librarmi dal truce tormento
di quest'ore regine di miraggio
che senza requie m'empion di sgomento.
Veggo la campagna farsi deserto,
le ciottolose vie ardenti tenaglie...
Il corso della Natura ha sofferto
i bei agri che cangiati sono in paglie.
S'alzan dai ruscelli afosi vapori
che tolgon lo spiro al mio viver diurno.
Avvampan dal suolo oscuri stridori
che mi rapiscono il tempo notturno.
Oh opprimente Estate, nuova Tiranna,
quante secure e bollenti catene
appressi a colui che per te si danna
nel colmo di duol, nel colmo di pene!
Rapisci la Vita, infochi il patire
d'uno stuolo di servi addoloranti
che celere già s'appressa a morire
pur maledicendo i tuoi estri imperanti;
e vai beffarda a illudere le genti
allorquando fingi senza contegno
di scatenare tempeste possenti
sul suol morente del tuo oppresso regno.
Illusione! Terribile illusione!...
Parmi sentir un fresco, soave vento,
un tòno... soltanto la delusione,
soltanto lo sperar che si fia spento.
Odo al lume d'una bianca candela
il dolce tintinnio dell'aspra pioggia
che gelo, e vita e speme forse cela
nel cadente suo cor che qui s'appoggia.
Ahi lasso! Quel tintinnio è sol mio pianto
che tosto sgorga dal ciglio deluso
e dalla commozion d'un cor affranto
che alla speme ogni confine fia chiuso.
Speravo da te, terribile estate,
un nobile atto di nobil pietade...
Ahimè, non ascoltasti questo vate
che al tuo piè implorava la Libertade!...
Eppure... eppure... No! Ahi lasso, non posso!
Non posso! Debbo tacere securo
senza esser mesto, senza esser commosso
ché tanto mi danneresti all'oscuro!...
Eppure!... Silenzio, core impetuoso!...
Serra il ciglio, quieto pensa l'inverno,
e l'estivo e ardito tempo mostruoso
abbandona senz'ode, senza ischerno.
Foco pelle membra; Neve nel core...
Impazzano i sensi che si ghiacciano
all'ombra d'un impossibile Amore,
donde poi sorgono e pur s'abbracciano
i crudeli istinti del reo dolore.
Ahimè! Sono oppresso nell'oppressione
d'una calda vita di sogni illusi
che nel colmo dell'estiva stagione
i miei sensi, i miei desii fian confusi.
Potessi precipitare nel gelo
d'una gelida bufera invernale,
ove tra la mestizia del buio cielo
soffia più mite il bramato maestrale...
Potessi poi scordare l'erma arena
dell'allegre stridenti lande estive
nel nom d'un'aura più fresca e serena...
nel nom d'invernali ore mai giulive...
Ahimè! Non ti vedrei più, estate calda,
che pur mi lici e mi rendi felice
colla tua parvenza sì folle e balda
che poi tutt'arde sìccome fenice;
perché 'l deî saper ora: tanto t'amo
sebben dirti d'amarti giammai possa!...
Ahimè, terribile tragenda chiamo
peggior dell'istessa fatale fossa,
amar tra dolci carmi e belle note
colei che, ahi lasso, amar giammai si puote! |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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