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Allorché pronunziato fu- " Sia l'Amor "-
dal sapiente rege del bel Whallhallha,
contra l'acque del nordico Oceano
d'un'arcana procella si scatenò
l'impeto invincibile e insaziabile
che ogni onda sconvolse senza pietade
nel cor de' ripetuti echi tònanti
e degli astrifiammanti crudi lumi
delle repenti e insistenti folgori.
Incandescenti zefiri leggeri,
ivi traditi e trascinati a forza
dagli altri inquieti lor fratelli venti
e dal tifon della divina brama,
immantinente empiron di freschezza
i funestati, vessati orizzonti
e i cieli che, sebben tinti d'oscuro,
pareano festosi e giubilanti
qual se conoscessero nell'arcano
dello spiro del lor saggio Signore
di quella tempesta improvvisa e altera
la nobil cagione colma di Speme.
Ah, qual maraviglia indescrivibile!...
Tutti gli Elementi dell'Universo,
sì... la seducente Terra, l'Aer soave,
la fresca Acqua e il regale, nobil Foco
celermente giungeano in quel pelago
mossi dalla possa de' bei turbini
e dell'impeto ognor più burrascoso
e sempre più scatenato dai Divi
che tanto desiar la folle tempesta.
All'allietante sono de' zefiri,
all'allietevol fischio de' monsoni,
alla melodia dell'arpa divina
iva il bel Foco ballando coll'Acqua
dianzi alla singolar danza agitata
che stringea in un abbraccio di passione
lo spiro dell'Aer e la frale Terra
la quale al Ciel elevava la polve
sìccome concitata danzatrice
che, regina de' seducenti sensi,
spesso slancia danzando le gambe sue
nella speme di sedurre qualchedun.
Danzate, nobili e cari Elementi...
impazzate nel colmo delle carole,
e nell'impeto delle giravolte
che già v'avvincono armonicamente
nella dolce festa gli uni cogli altri...
Palesate al ciglio incredulo dell'uom
che voi, che pii formate l'Universo,
non siete rie larve d'una Tragenda,
bensì parti d'una festa divina
che, mediante la vostra secura aita,
sempre desia goder de' suoi buon frutti...
Sì! Danzate felici e spensierati
nell'attesa dell'appressante momento
nel quale mescolare vi dovrete
in qualche novella forma esistente
bramata e voluta dal giusto Cielo!...
All'improvviso l'Oceano vessato
invaso venne misteriosamente
da un sepolcrale e lugubre silenzio,
e da un'incantata quiete pallente
che tutto fermò nell'immobilità
del suo essere e del suo magico voler.
Senza ritirarsi e fuggire altrove,
senza sparire nel nulla crudele,
s'interruppe il forte corso de' venti
e si fermò il bel lampeggiar de' nembi.
Vedeansi così immobili e sopite
le folgori aguzze ai chiari orizzonti,
e de' zefiri le tracce impetuose
leggermente percettibili qua e là.
Sìccome il pittore dipinge i lampi
cogliendoli nell'apparente quiete,
ché niun pennello puote dipingere
il misterioso impeto d'ogni moto,
l'Arte pia dell'Onnipossente Wotan
sulla tela del nordico pelago
la morte d'una tempesta dipinse
nonché la nascita di nuova vita.
- " Sia l'Amor "- ripetè il turbinoso Ciel;
e l'Amore immantinente fu creato.
Saette, zefiri, Elementi e spirti
improvvisamente impazzarono ancor;
e tra lor si mescolarono lieti
nell'Ordine d'un ponderato ameno
progetto tanto pensato dai Divi.
Pria l'Acqua si mescolò alla pia Terra,
poi il Foco si mescolò alla calda Aura,
e infine tutto fu invaso e conquiso
dagli spiriti che scendean dal Cielo.
I nembi allor si fecer caldi e fulvi,
gli orizzonti si tinsero di rosa,
e l'acque divenner limpide e azzurre.
Mentre né pressi d'un gentile fiordo
gli Elementi vagavano furenti
in un misterioso e folle vortice
che dall'onde salìa ai palagi d'Iddio,
sparver la procella e i venti graziosi
ché oramai l'Amore giacea compiuto
sotto il Ciglio del saggio padre Wotan.
Allorquando fuggirono celeri
anche gli Elementi e gli Spirti ameni,
dormìa, infatti, con sonno assai leggero
la più bella e splendida tra le Dive.
Ella giacea pudicamente ignuda
sur d'un marmoreo scoglio del bel fiordo
che tanto grazioso e già devoto
iva offrendole una secura cuna
tant'era all'istante indifesa e sola
senza un riparo, senza una pia veste,
senza la preoccupazione del Male.
Maraviglia! Indubitabile splendor!...
Incredibile sembianza divina!...
Socchiusi eran appena gli occhi ameni
sicché dalle palpebre belle e giovin
l'azzurra tinta si mirasse lieta
nella profondità che già ispirava.
Mossi e ordinatamente agitati
palesavansi i biondi bei capelli
che, dolcemente bagnati dall'acque,
scendean colla coda all'ascosta ischiena
e colle naturali e picciol trecce
alle femminine, giovini spalle
e al perfetto, tondo, grazioso seno
che tanto già sedurre potea i sensi
e le brame del ciglio incauto e insano
che mirato l'avrebbe mòversi ivi
seguendo il delicato spiro vital
che assai seducenti rendea anche il ventre
e gli stupendi e deliziosi fianchi.
Maravigliose e già giuoche di baci
parean le dormienti giovini guance
ch'allietate eran da un fine e bel naso,
dalle labbra che ispiravano Amore,
e dal femminile grazioso mento.
Nel colmo d'una sì santa innocenza
ch'Amor casto predicava e non sesso,
la Diva mostrava al Cielo creatore
il divino e intoccabile bel pube
dolcemente decorato e protetto
da fine e ammirevole biondo pelo
sicché ascosta a chiunque, Uomo o Celeste,
potesse giacer la femminilità
che giammai dovea essere profanata,
e giammai insozzata dal suo sangue,
ché troppo l'Amor predica col ciglio
piuttosto che col frale e folle corpo.
Tranquillamente distese e tranquille
posavan le lunghe gambe sue e i bei piè
sulla freschezza della cara roccia
che morbida e dolce era assai, non dura.
Passò qualche istante... Ella poi si destò.
Sollevando lievemente il bel busto,
e celandosi con il braccio destro
la pomposità graziosa del seno,
che l'occhio suo si perdesse nel mare
e né placidi orizzonti festosi
immantinente volle senza aspettar;
e a mirar la beltà della Natura
iniziò con spirto saggio e curioso.
La sua vita era appena principiata;
e un'Era novella pur s'appressava
con lei pel vasto Universo intiero.
Sì! Era dessa l'Era dell'Amore,
nella quale gli uomini s'amavano
nel rispetto devoto della Diva.
Ahi lasso! Quest'Era decadde presto,
poiché quella fanciulla fu tradita...
sì, tradita per sesso e per danaro
e per infame e insanabile invidia.
Ed io... io poeta ch'ho narrato la fola
della veritiera e pia tua nascita,
divina Freija, che fuggita sei da qui,
avrò forse l'onore sì agognato
di cantar il tuo trionfo astrifiammante,
e la tua Resurrezione imminente? |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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