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Rammento ancora quanta tenerezza
si dischiuse ai miei dolci sentimenti,
allorché un dì ricolmo d'amarezza
mirai i tuoi occhi funestati e gementi.
Recordo ancora quanto dolce ardore
mi volle invadere il core e la mente,
allorché quel giorno di primo Amore
vidi il tuo ciglio commosso e dolente.
Rimembro che in quel feroce momento
intravidi nel tuo profondo duolo
quella folle mancanza di contento
che mi tormenta su quest'empio suolo.
Ah, le tue lagrime! Picciole e belle,
e silenti nell'impeto del pianto.
Pareano impaurite e dolenti stelle
nel bel mezzo dell'universo infranto.
Ah, il tuo pianto! Tragico e silenzioso,
e perduto nella tua delusione.
Pareami un temporale turbinoso
le cui folgori erano di passione.
Stetti muto il tuo dolore a contemplar.
Ma nel petto gemea quel miser core
ch'or per te sempre continua a spasimar
colpito da questo impetuoso Amore.
Stetti silente. Non pronunzia nulla.
Ma nello spirto sognavo rapito
di consolarti, docile fanciulla,
con parole soavi, con fare ardito.
Sognavo di far poggiar il tuo viso
all'amica spalla a te più vicina;
e di farti risorgere il sorriso
accarezzandoti, oh mia fanciullina.
Sognavo di accarezzar il tuo ciglio
dal quale scendea molta pioggia amara;
e di sfiorare quel pianto vermiglio
che ti rendea assai tenera, assai cara.
Volevo abbracciarti e dirti tranquillo-
" Francesca, io t'amo... t'amo dassenno! "-.
Volevo cavarti il dolente spillo
e mostrarti di quest'Amore il cenno.
Ma stetti silente. Ora n'ho rimorso.
E senza il tuo pianto amaro e impetuoso
al Fato non posso dar nuovo corso
ché troppo sen sta cieco e tenebroso. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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