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Un giovine sovrano così avido,
che un tempo diè offesa ai Divi marini,
un'Ondina uccidendo impavido
per porre mano ai ricchi ori divini,
quel meriggio sulle sponde del Reno
camminava sperando altre ricchezze,
quando dall'acque fredde e terribili
parve una dama, ispirante dolcezze,
e gioie, che in lei eran sì leggibili,
pur ascondendo progetti orribili.
Seducente poi parea sul rio Reno,
ché col biondo crine di lauro cinto,
e coll'ignudo delicato seno,
si mostrava all'empio rege già vinto.
Infatti a costui l'avido pensiero
di ricchezze, e di carne così bella
subito giunse, e quel suo core intiero,
al cospetto di quella damigella,
udì in sè un amore assai menzognero,
pronto a render la sua vita rubella.
Ignorando dunque l'ascosto fello,
alla provocante e spoglia parvenza
chiese, facendosi portente e bello-
Posso aver l'onor di tua conoscenza,
oh bellissima marina creatura,
resa più ricca e bella dell'Ondine
dalla portentosa arcana Natura
che ti creò con sembianze sì divine-.
-Delle Sirene sono la regina,
ché son la figlia di quel possente re
ch'impera sull'acqua dolce e marina,
mertandosi dai sudditi eterna fè-
rispose la dama che poi continuò-
Tu pure, oh giovine, parmi regale.
Errare forse il mio saggio core può-.
Ignorando ancora l'ora fatale,
l'avido sire rispose- Lo sono!...
Regno infatti sur d'una grande terra
ch'ognor s'arricca col divino tòno,
forriero d'avventure e d'ogni guerra.
Dei sapere che mille eroi caddero
sotto la giustizia della mia lama.
Mille e mille empi banditi giacquero
sotto questo acciar, sotto la mia fama-.
-E non hai, oh giovine eroe, chi t'ama-.
-La Diva Freja meco fu crudele:
non mi fè mai conoscere l'Amore-.
-Per te invece ella donò dolce miele,
dicendomi di donarti il bel core-.
-Ah, quanto adesso ti rendi ischerzosa!...
Io teco... nel regno delle Sirene-.
-Tal vita per me sarebbe graziosa,
nel fondo di quest'acque assai serene-
ribattè felice quella gran beltà,
pur ascondendo terribile pena
a quella terrena e sovrana viltà,
piena sempre d'ogni empia e oscura lena.
Dopo tali detti, dunque mendaci,
tra i due giovini vennero sorrisi,
e parea che baci tanto fugaci
uscir volessero da que'bei visi.
Perciò esclamò la Sirena funesta-
Ah, non più!...Vien qua, su queste fredde acque:
presto ci sposeremo con gran festa-.
Immantinente misteriosa tacque.
Dunque il re si gettò in quelle cupe onde,
e perduto in eterno ivi giacque,
ché troppo lontane eran già le sponde,
mentre muta quella Sirena sparve.
Si narra che un rivale quella salma
trovò,e fuor dell'acque la diè alle larve,
lasciando insepolta la sua cruda alma.
Era quegli un principe virtuoso
che da quel folle sovrano sì immondo
mirò strutto il suo paese popoloso,
derubato pure da cima a fondo.
Allora il Divo Thor per quel guerriero
pregò alla sorella Freja un bel dono,
alla prova d'un coraggio sì fiero.
Dunque, dopo che fu scagliato un tòno,
si narra che il principe portentoso
sulla landa trovò una dama amena,
dall'albo vestito maraviglioso,
che gli disse- Fui regina e Sirena-.
Ah, quanto il danaro parla di morte,
di vanità e di crudele apparenza,
quando il perfido l'ottiene per sorte,
mediante la sua tremenda demenza!
Servo dell'oro, mentre il ben diniega,
nella profondità dell'oro annega,
sedotto pur da qualche fantasima,
ch'al fine giustamente lo spasima...
Ah, quanto la virtù dice d'Amore,
di gioia, di beltà e d'alta dolcezza,
quando prende un giusto e galante core,
aspirante sempre alla sola ebbrezza!...
Che siano eterni codesti alti accenti,
che conducono a sentieri lucenti. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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