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Questo racconto è inserito in:
 Parte 5 della raccolta "Le mie fiabe " di Vivì (11 racconti)
 Fantasiosamente

Tsa Tsa La mosca bianca

Ragazzi

Oh, che spettacolo il mondo visto attraverso una miriade d’occhi a centoottanta gradi. Tutte le meraviglie create dalla natura, moltiplicate per mille volte.

Il mio nome è Tsa Tsa e sono considerata, tra la mia specie, una creatura straordinaria, perché molto rara, anzi, quasi unica al mondo essendo il mio corpo completamente bianco. Io sono una mosca bianca!

Purtroppo, benché io sia molto orgogliosa del mio aspetto fisico, è proprio il colore inusuale del mio corpo la causa di tutti i miei guai, perché da quando sono nata, ha suscitato non solo ammirazione, ma anche tanta invidia. A causa della gelosia parecchie volte sono stata presa di mira e bersagliata di insulti e canzonature varie che mi hanno portato tanta sofferenza e costretta a isolarmi dagli altri.

Racconto la mia storia nella speranza che serva da lezione e che nessun altro al mondo debba sopportare le angherie e le tribolazioni da me patite, soltanto per il colore della mia pelle.

Tutto cominciò un bel giorno di primavera, quando mi resi finalmente conto che tra la miriade di fratellini e sorelline, gli altri mi guardavano come fossi un fenomeno raro. Allora mi resi conto che mamma e papà andavano fieri di me, poiché mi mostravano con grande orgoglio a tutti quelli che avendo saputo della mia esistenza, venivano anche solo per vedermi.

Però, quel giorno, dovetti anche prendere atto che i miei genitori nulla avrebbero potuto per difendermi dalla gelosia dei miei fratelli.

Mi trovavo in una strana situazione. Gli adulti mostravano un’ enorme ammirazione per me mentre, i più piccoli, sembravano indispettiti nei miei confronti e divorati dal tarlo della gelosia.

Quando presi coscienza di questo, iniziai a farmi tante domande e a soffrirci molto. Oltre a deridermi, a scartarmi e a maltrattarmi, qualcuno tra i più crudeli tra i miei fratelli, tentò anche di uccidermi e solo per pura fortuna mi salvai. Per me era difficile accettare il fatto che il sangue del mio sangue mi odiasse al punto da desiderare la mia scomparsa.

Per questo decisi con sommo dispiacere di lasciare il nido che mi aveva visto nascere, e salutai con le lacrime infinite dei miei innumerevoli occhi, i miei genitori.

Tra mille raccomandazioni, mamma mi disse addio, carezzandomi il viso con le sue zampette tenerissime.

Dovetti rendermi conto ben presto che, se la vita fino allora nel nido era stata difficile, da quel momento e senza la benché minima protezione degli adulti, sarebbe diventata ancora più difficoltosa.

Anche lontano dal nido notai subito che, qualsiasi essere vivente incontrassi, dopo i primi attimi di comprensibile sorpresa, venivo scrutata con diffidenza. “ Perché?” mi domandavo, torturandomi. “ Possibile che sia soltanto per il colore della mia pelle? O forse c’è qualcosa d’ altro che non riesco a percepire?

Perché sembrano odiarmi tutti?”

Non riuscivo a capacitarmi e a dare un senso alla mia vita.

La verità mi saltò al naso: Ovunque fossi andata, non avrei mai trovato amici e davanti a me c’ era soltanto una vita fatta di completa solitudine.

Piansi molto quel giorno e tutti quelli successivi finché non incontrai lui. Il più splendido, il più forte e il più buono di tutte le creature conosciute.

C’ incontrammo per caso, anzi ci scontrammo, poiché io svolazzavo guardandomi curiosamente intorno e lui volava trafelato come avesse il diavolo alle ali. Sbattemmo l’uno contro l’altra e per poco non finimmo a terra.

Lui rimase sospeso per aria con un’aria imbambolata, poi dopo qualche attimo ritrovò la parola, ma farfugliava talmente tanto, che pensai fosse balbuziente:

« Zzss… sszzz.. Sssei bellissima!»

Lo disse in un modo così schietto, e guardandomi con un’aria talmente trasognata, che non potei fare a meno di sorridergli. Pensai che forse avremmo potuto diventare amici e con aria indifferente cominciai a fargli semplici domande:

« Ma dove volavi così di… corsa?»

« Sono una mosca guerriero! Per l’esattezza un moschettiere della regina! Sono in esplorazione e di sentinella contro eventuali attacchi dei nemici. E tu? Dove stai volando di bello?»

Gli raccontai tutta la mia storia, e quando ebbi finito, mi accorsi che mi guardava con pena:

« Ti capisco sai?! Quello che non arriverò mai a comprendere invece, è la perfidia degli esseri viventi!» disse con aria pensierosa, poi sorridendomi timidamente aggiunse:

« Se vuoi… se… credi possiamo diventare amici! Ti offro la mia protezione, insieme a tutta la mia esperienza di guerriero.»

Devo confessarlo, quel moscone mi era piaciuto sin dal primo momento in cui l’avevo visto, per cui accettai con entusiasmo la sua proposta.

« Io mi chiamo Amos e tu?»

Sbattei le ciglia, intimidita dallo sguardo di fuoco emesso dalla miriade dei suoi occhi: « Mi chiamo Tsa Tsa!» risposi e da quel momento diventammo inseparabili. Lui conosceva il territorio alla perfezione, e facevamo continue passeggiate, svolazzando felicemente qua e là.

Con lui, fui catapultata dall’inferno della mia vita precedente, a un mondo meraviglioso. Farfalle dalle ali multicolori svolazzavano gioiosamente attorno a noi, su fiori dai colori meravigliosi e dal profumo intenso, mentre leggiadre libellule dall’ aspetto etereo, si libravano sospese in aria come per magia, riempiendo i dintorni di delicate vibrazioni.

Per la prima volta in vita mia, mi sentivo felice; finalmente non ero più sola, finalmente anche io avevo qualcuno da amare ed ero riamata.

Ma la nostra spensieratezza non durò per molto tempo, perché il destino aveva deciso diversamente e, purtroppo, arrivò anche il triste giorno che…

Mi stava elencando i nomi dei fiori profumati, quando completamente immersi nella natura che ci circondava, venimmo aggrediti. Amos reagì d’ istinto, come solo un vero guerriero è in grado di fare ma, nonostante combattesse con coraggio e con grinta, gli aggressori erano non solo molto numerosi, ma in possesso di armi letali. Si trattava di enormi mantidi religiose dalle terribili zampe e dalle micidiali mascelle.

Preso tra due fuochi, Amos non riuscì a impedire che quei bruti mi rapissero, portandomi via da lui.

Venni imprigionata nella tana di un ragno, e i fili della vischiosa ragnatela mi tenevano prigioniera.

Tremai dal terrore quando mi accorsi di essere osservata con brama.

“ Slurp slurp gnam… come sei appetitosa!” mi dicevano gli occhi di quella temibile creatura, tanto che per un po’ temetti di finire divorata.

Per fortuna, si trattava soltanto di un guardiano e non ero certo il bocconcino destinato a lui.

Ma questo non poteva certo consolarmi. Le mandibole delle mantidi religiose non erano più rassicuranti di quelle del ragno.

Quello che accadde dopo il mio rapimento mi fu raccontato in seguito dal mio ardimentoso moschettiere.

Amos vide mentre venivo trascinata via da quattro energumeni verdi. Stava combattendo con tutta la forza della disperazione, ma per evitare di soccombere dovette rinunciare. I nemici erano troppi, non vi era speranza di prevalere e decise per una ritirata strategica.

Per un po’ le mantidi assalitrici lo rincorsero poi, accorgendosi di essere nel territorio del nemico, rinunciarono all’inseguimento e se ne andarono.

Amos chiese udienza alla regina, che gliela concesse. Allora il moschettiere le raccontò dell’ attacco subito e del mio rapimento.

La regina, che aveva un cuore d’ oro, ascoltò con attenzione la nostra storia e, siccome la questione diventava seria, decise di inviare messaggeri alati in tutto il regno per radunare il gran consiglio degli insetti.

Dopo poche ore, alla riunione erano presenti i rappresentanti di tutti i popoli alati pacifici; il consiglio era presieduto dal coleottero gigante che nel brusio generale prese la parola:

« Fate silenzio amici, ve ne prego! Conoscete tutti l’esistenza della creatura chiamata mosca bianca. Ebbene, Tsa Tsa è stata rapita dai nostri acerrimi nemici per scopi che a noi sono ancora ignoti. Siamo qui riuniti per decidere un nostro eventuale intervento per la sua liberazione, oppure per continuare per la nostra strada, pensando ai nostri problemi e permettendo però così che un simile sopruso rimanga impunito.»

Il brusio salì di tono, arrivando a essere assordante. Ognuno dei presenti avrebbe voluto intervenire, qualcuno favorevole qualcun altro contrario e le discussioni si protrassero a lungo. Alla fine, prevalse il buon senso e la solidarietà e furono tutti d’ accordo di preparare un piccolo esercito di volontari, per liberarmi.

Naturalmente, Amos fu molto felice della decisione presa e si offrì come capitano del plotone di salvataggio.

In poco tempo radunò un centinaio tra i guerrieri più ardimentosi e meglio armati tra cui le temibili formiche rosse, i coleotteri giganti, i bombi, e i cervi volanti, oltre a parecchi rappresentanti del popolo di mosche. Si unirono anche i mosconi giganti, che avendo saputo in ritardo della riunione, non vollero rinunciare a unirsi alla compagnia.

Nel momento in cui il variegato stormo si levò in volo, l’ aria si colmò di una cacofonia di versi e di rumori minacciosi.

Quando sentii arrivare l’ esercito, per un attimo temetti che fossero i rinforzi richiesti dalle mantidi ma, subito dopo, percepii le grida di allarme dei miei carcerieri. Quello che più sembrava sconcertarli era lo spiegamento di forze impiegato per la mia liberazione ma, dopo l’ iniziale e comprensibile tentennamento, le mantidi iniziarono a combattere.

Per la foga con la quale cercavano di difendere il loro bottino, intuii che per loro dovevo avere un valore inestimabile ma, per quanto lottassero, le forze erano impari e i moschettieri oltremodo determinati. Alla fine, le mantidi dovettero arrendersi e battere in ritirata.

Purtroppo, non era ancora finita. Mi ero dimenticata del mio aguzzino.

Ero ancora prigioniera del ragno che, approfittando della totale confusione, mi si era avvicinato alle spalle e si ergeva su di me con le mandibole spalancate e pronto a divorarmi in un sol boccone.

Fu il mio eroe che intervenne e, aggirandolo alle spalle, mi salvò ancora una volta.

Appena fui salva, gli finii felicemente tra le… zampette.

Ci abbracciammo e lui mi carezzò con dolcezza.

« Ho temuto di perderti.» mi sussurrò stringendomi e io posai la testa sulla sua spalla. Piangevo ma, questa volta, erano lacrime di felicità.

Dopo di allora mettemmo su nido insieme e avemmo parecchi piccoli. Alcuni, dall’ aspetto veramente singolare con delle strane, buffe chiazze bianche e nere, simili a tanti piccoli maggiolini ma, per noi erano tutti belli, erano tutti unici. Per noi ognuno di loro era una creatura straordinaria e cercammo d’ inculcare il rispetto e la solidarietà ai nostri figli.

Vivemmo felici per tanti anni e nessuno parve fare più caso al colore insolito della mia pelle.


Vivì 08/07/2011 18:14 3 1354

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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Commenti sul racconto Commenti sul racconto:

«Hai un'immaginazione da oscar, stupisci per le idee, la stesura e per quel pizzico di genialità, brava!»
Darius

«Sei fantastica, hai una fervente immaginazione e credimi, ne sono affascinata. baravissima»
Jeannine Gérard

«Un ingegno stupendo. Una mosca bianca e un coraggioso... mosche... ttiere: Favolosa Abbasso il razzismo. .(il moschettiere mi fa morire ahahahahahahaaaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhh)»
Maria Rosy

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