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Nei primi anni Ottanta feci due incontri, a distanza di pochi mesi l'uno dall'altro.
Il primo (o il secondo) avvenne quando, trovandomi all'interno di un grande supermercato, nel settore degli elettrodomestici, un ragazzo mi chiese se per caso ero Antonio Terracciano. Alla mia risposta affermativa, mi pregò di avvicinarmi ad un commesso che mi voleva salutare: era (me lo disse lui, altrimenti io non l'avrei riconosciuto) M. , un compagno della scuola media superiore. Erano quindici anni che non ci vedevamo, e la sua curiosità più grande fu quella di sapere se scrivevo ancora delle poesie, come quelle che, all'età di diciotto anni, leggevo a lui ed ai compagni di classe. Alla mia risposta assolutamente negativa (in quel periodo non scrivevo niente) , rimase parecchio deluso.
Qualche mese dopo (o prima) mi trovavo al Provveditorato agli studi, per controllare l'avvenuto passaggio di sede scolastica. Fui avvicinato da una giovane signora che io, come al solito, non riconobbi. Era C. , compagna di studi all'Università, occasionalmente frequentata più di dieci anni prima (m'ero completamente dimenticato di lei, anche del paio di cartoline che mi aveva mandato dopo la laurea, e che ritrovai poi a casa, conservate insieme alle altre) . "Che fai qui? " , mi disse. "Controllo l'avvenuto passaggio da una scuola media a un'altra" . "Ma perché, non stai all'Università? " , replicò, sono sicuro con convinzione e senza adulazione. Non ricordo ora cosa io opposi alla sua osservazione, ma so certamente che mi sentii molto a disagio (continuo a sentirmici ogni volta che penso a quell'episodio) , ben più che per le mancate poesie di M. Può darsi (le cartoline lo dimostrerebbero) che la ragazza avesse provato della simpatia per me, sopravvalutando le mie doti, ma mi accorsi che un fondo di verità emergeva comunque dalle sue parole...
Ecco due esempi di bene che fa male, col riconoscimento di qualità e l'aspettativa di azioni che non si sono poi verificate; ci si accorge che è stata sostanzialmente colpa nostra l'aver demolito l'immagine di noi che avevamo suscitato negli altri (e in noi stessi in primo luogo) . |
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Volevo scrivere qualcosa, ma mi spariscono le paro (crissi)
scusami, quando sarò più pratica tornerò, credo (crissi)
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