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L’Inetto – dialogo interiore di un inetto - incompiuto

Spiritualità

Scrivo in prima persona, ma guardate bene non è di me che sto parlando, ma di un personaggio immaginario, che non so neppure chi sia, e come potrei saperlo visto che è immaginario?, è perchè sento il bisogno di parlarne e neppure credo che un simile personaggio possa esistere... e poi, anche se fosse di me che sto parlando, cosa importerebbe, a voi che importerebbe di come vivo, o non vivo, la mia vita?, penso nulla, come nulla forse vi importa delle migliaia di persone che forse, dico forse, affogano ogni giorno dentro il mare... che io sia inetto o non lo sia per voi che cosa cambia?
Ma forse il sapere di un’inettitudine vi riempie di gioia, vi fa sentire meglio con voi stessi “ mica sono come quello io, ecco uno a cui non vorrei assomigliare....”...è vero che quasi fingete di dolervi per la mia inettitudine e di rammaricarvi come se foste al posto mio, ma in realtà di vedermi andare in malora vi dà gioia e quanto più solida sentite la vostra roccaforte... e visto che vi penso indifferenti alla mia sorte perchè mi dovrei dar tanta pena nel dirmi per quel che sono? Di cosa mi dovrei preoccupare?...Qualsiasi cosa di me possiate pensare io resto io e voi voi e viceversa... e allora perchè mi dovrei preoccupare?...Ditemi pure inetto, anzi non serve che me lo diciate, perchè sarò io stesso a dirvelo, così vi risparmierò la fatica di scrutare, indagare, di cercare il perchè e il per come, anzi, se vi piacerà leggere, sarò io stesso a cercare questo perchè e per come... ma certo a voi piacciono i perchè e i per come sbrigativi, quelli che con due parole risolvono i problemi...” perchè è inetto? E’ inetto perchè è inetto! Cosa c’è da spiegare? E’ tutto così semplice!...
Ma lo ripeto, trovo sempre utile ripetere, anzi non si ripete mai abbastanza, bisogna girare intorno alle parole e spiegarle bene, si è sempre fraintesi, quasi sempre, e allora vado in cerca di tutti gli angoli, di tutti i picchi “ ah pensavi questo? Allora mi ripeto per farmi capire meglio”...e per questo anche adesso mi ripeto, è vero scrivo in prima persona, ma non è di me che sto parlando, poi davvero credereste che se fosse di me che sto parlando, verrei candidamente a dirvelo, direi esattamente quello che vi sto dicendo “ e che non è di me che sto parlando”, chi mai sarebbe così fesso da parlare in tal modo di se stesso?...ma così potete pensare quel che volete, che sia di me che sto parlando o che non lo sia, ma io di certo mi son messo al sicuro, se mi tornerà comodo dire che parlavo di me stesso, così diro, e se mi farà comodo il contrario dirò il contrario... ma vi stavo appunto dicendo, anzi ripetendo, che non è di me che sto parlando e mi è venuto da pensare che se fra di noi gira solo indifferenza che io vada in malora vi dà gioia e allora non c’è solo indifferenza, c’è anche una partecipazione, magari cattiva, anche se voi magari parlate solo di quella buona, molto cattiva, il vostro gusto di vedermi andare in malora, anche se non capisco che gusto ci troviate, dalla mia malora voi non ci ricavate niente, proprio niente, ma è come se il sapere che uno va in malora vi facesse sentire più ricchi, in effetti un ricco in meno rende più rara la vostra ricchezza, perchè poi non si è ricchi di per sé, ma lo si è in proporzione...
Dicevo “ ma che mi importa di dirmi quel che sono?, adesso capisco quel che mi importa, mi importa che “ non voglio darvi gioia”, non voglio farvi godere a mie spese, ma badate bene, lo ripeto ancora, non è di me che sto parlando, ma sempre del mio amico immaginario... anzi per stare a questo vostro strano gioco della gioia vi dirò di più, ma solo non mi dirò per quel che sono, ma mi dirò per tutto il contrario, vi farò credere, poi non so come lo potrei fare, tutto mi rende così trasparente che non so come potrei fare del nero bianco, vi farò credere che non sono un inetto, mi inventerò un sacco di storie e soprattutto imparerò a raccontarle bene che voi non potrete non credere il contrario e vi convincerò che non solo non sono un inetto ma anzi “ quello si che è un tipo in gamba!”...ma questo se mi importasse del vostro gioco della gioia, ma di questo non me ne importa nulla e vado oltre, a questo vado oltre... e mi piacerà “ dirmi quel che sono”, buon per voi se questo vi darà gioia, anzi molto bene “ gioite, gioite pure”, è una gioia che non mi tocca, mi è indifferente, non la soffro e non la godo, strano a dirsi ma la gioia per me è solo il “ dirmi per quel che sono”...
Ma continuo a parlare a voi, voi qua, voi là, voi pensate, voi dite, ma chi mai sono questi voi? Non c’è nessun voi, io sto parlando da solo e se pensassi di parlare con qualcuno son certo che smetterei subito di parlare, forse quel voi è solo un mio stratagemma per chiamar me stesso, in effetti parlar da soli sarebbe una cosa un po’ da matti, o per lo meno così si è sempre pensato e magari non lo è e forse è proprio il contrario, che i veri matti sono proprio quelli che parlano sempre fuori e non con sè stessi o anche con sè stessi e quelli sono matti da legare e, se ci pensate bene, quando son soli sembran proprio matti, vanno avanti e indietro come avessero il fuoco sotto i piedi, e perchè non han nessuno con cui parlare... comunque, anche se non c’è nessun voi, continuo a parlare con voi, perchè così mi piace, come mi piace parlare in prima persona ed anche se non è di me che sto parlando, ma di quel personaggio immaginario...
Ma adesso basta cianciare per nulla, sto scrivendo e scrivendo e non ho ancora detto nulla, mi sono rigirato in me stesso, dentro i miei grovigli mentali, ma di quel che volevo dire non ho detto nulla e forse, e continuo ad aggrovigliarmi, scrivo male, anzi malissimo, non mi curo di punti, di punti e virgole, vado avanti a forza di puntini, uso tutto a caso, e chissà già quanti professoroni, ma si fa per dire, tanto scrivo per un voi che è me stesso, chissà quanti professoroni mi avran segnato a dito... ma si scrivo malissimo e non me n’importa niente, in fondo sono ignorante, mi sento così sotto terra nella scala della conoscenza che di esser scrittor valente non mi curo, e infatti non scrivo per essere valente, ma scrivo perchè mi va di scrivere, perchè mi piace, e forse che per scrivere bisogna essere professori di punteggiatura, e rifinire verbi, periodi, tutto quel coacervo di regoli, come fate voi professoroni... mica per aver diritto di parole serve essere oratori e per scrivere non serve essere scrittori o quel che per voi si significa l’essere scrittori... a me basta farmi capire in quel che scrivo, non ho il complesso dell’ignobil comprensibile o del sublim incomprensibile... ho anzi lo stupido desiderio di essere capito in quel che scrivo (proprio stupido pensando a come scrivo che chi mi capisce è bravo) e poi mi piace dire e dire e dire e che le mie parole escano veloci e veloci e veloci, come un fiume in piena e che vadano dove vogliono, a destra, a sinistra, al centro, così facevano i fiumi prima che gli umani cominciassero a regolarli, con argini, sponde e dighe... che poi sappia o non sappia scrivere non m’importa, magari è proprio così che si dovrebbe scrivere...
Ma adesso basta con le ciance e cerchiamo di arrivare al dunque, certo facile a dirsi, ma a farsi? Come se questo dunque fosse così facile da prendere per la collottola... ma insomma, quel che volevo raccontarvi è la mia inettitudine, anzi per andar giù duri, volevo raccontarvi che sono un inetto... mica è stato facile capirlo, ne è passata di acqua sotto i ponti prima che mi riuscisse di capirlo o prima che arrivassi a dirmi “ bè è così e così...e sono un inetto... inutile che mi arrampichi sugli specchi per convincermi di non esserlo...”...quando l’ho scoperto ho faticato un bel po’ prima di stare nell’idea, e continuavo a dirmi “ e così e così...e non può essere... e io qua e io là...”...si per un bel po’ ho opposto resistenza e giù botte da orbi fra me e me... e uno che diceva “ ma come sei intelligente e che pensiero fine che hai? Eh si sei troppo buono, troppo perfetto” e l’altro di rimando “ macchè intelligente d’Egitto, sei un buono a nulla, non sai piantare neanche un chiodo, che al posto del chiodo ti martelli il dito!”...e anni e anni di botte da orbi, fin quando non mi è stato chiaro che col mio pensiero fine e la mia intelligenza non me ne facevo nulla, neppure mi pagavo il caffè della mattina, e se l’essere in gamba, per un uomo del suo tempo, è pagarsi il caffè della mattina, allora ero proprio un inetto... ma badate bene che è tutto metaforico, perchè il caffè della mattina alla fin fine me lo sono sempre pagato...
Ma perchè sono un inetto? E cosa significa essere un inetto? Eh si, voi siete bravi a far domande e poi lasciare a me la fatica di rispondere, e che poi non vi importa niente di sapere le mie mie risposte, perchè le vostre sono domande retoriche, per voi che non siete inetti, o che non vi pensate di esserlo, è semplicemente incomprensibile che uno possa essere un inetto, voi avete sempre la risposta pronta “ ma che inetto e inetto... ma non piangerti addosso, datti da fare... sei inetto? È solo colpa tua! Impara a non esserlo che volere è potere!”...eh cari miei, voi parlate per voi, che ne sapete voi di quel che sono io?...fate presto voi a parlare di volontà, io invidio la vostra volontà, ammetto anche di essere invidioso della vostra volontà...e anche vi ammiro, si vi ammiro... per voi è facile parlare di volontà, voi sapete quel che volete, già a dieci anni sapete quel che volete, ma che dico, dieci anni? Fin dalla culla lo sapete... non avete neanche dieci anni che dite “ voglio fare l’ufficiale di marina” e stai pur certo che diventerete ufficiale di marina, da quel momento andate avanti come caproni e niente vi può fermare perchè “ voi volete diventare ufficiale di marina”...e ancor prima di esserlo sarete già ufficiale di marina... saprete tutto di navi, tutte le riviste più moderne di marina staranno sul vostro comodino, non ci sarà particolare di una nave che voi non saprete e con quanta passione la saprete, ogni volta che parlerete di navi vi si accenderanno gli occhi... a dieci anni voi direte “ io voglio essere ingegnere” e stai pur certo che sarette tutti ingegnere, vi resterà solo il dilemma che risolverete presto se esserlo civile o aeronautico o ingegner vattelapesca, ma voi di certo sarete ingegnere... e sarete ancora ben lontani dall’essere ufficiale di marina o ingegnere che basterà guardarvi in faccia per dire “ ecco un ufficiale di marina ed ecco un ingegnere fatti e sputati”...sarà impossibile sbagliarsi, la vostra sarà una faccia da ufficiale di marina o da ingegnere... eh si, per voi è facile dire volere è potere, voi sapete bene quel che volete e non c’è verso che qualche volta vi prenda un dubbio... ma io? Io che non so cosa voglio, che non ho mai saputo cosa voglio, io, dove la trovo la volontà?...mica sono uno di quegli del “ voglio e quindi posso... punto e a capo”...mica io posso volere tanto per volere “ voglio questo o quello, la prima cosa a caso, così per volere, ufficiale di marina od ingegnere? Fa lo stesso, ma quello che voglio poi voglio e poi avanti tutta come un caprone, e chi mi ferma più?, e che mi importa del perchè, mi basta volere questo o quello, basta volere e senza dubbi...”...ma io sono uno dal “ pensiero fine”, per volere mi chiedo e perchè e per come, ma è giusto quel che voglio? Ma che senso ha? E stai pur certo che nell’interrogarmi sul senso della mia volontà, saltellando di causa in causa, troverò mille eccezioni, arriverò sempre alla conclusione che qualsiasi mio volere mancherà di senso, che di certo quel volere è ingiusto e disumano, è orribile, si orribile... stai pur certo che di quasi tutto quanto l’uomo vuole non sentirò quasi nulla di giusto e umano, ma tutto un inutile, anzi cattivo, cattivissimo, volere e che qualsiasi non volere sarà incommensurabilmente migliore di qualsiasi volere, sarà la tabula rasa di qualsiasi volere...
Volere è potere dite voi, per voi si è così, avete i nervi saldi voi, siete alberi ben piantati per terra e v’importa che le vostre radici restino sempre ben piantate, niente vi scompone fuori delle vostre radici e quando volete non pensate che a quelle... ma per me non è così, le radici le ho perse o forse non le ho mai avute ed ogni colpo di vento mi scompone, tutto se ne va per conto suo e saltellando di causa in causa retrocedo lungo i più inestricabili sentieri... ma mi è adesso chiaro, mi appare luminoso nello sviluppo di queste parole, ecco il nocciolo della questione, il mio nocciolo... voi dite volere è potere, voi volete potere, ma proprio perchè volete un potere, il potere, siete voi stessi un potere... io sento i brividi solo a sentirlo nominare il vostro potere, mi dimeno tutto, mi contorco, mi vien la tremarella... ho un’immagine forte con cui lo vedo, proprio lo vedo, un carabiniere enorme, proprio un gigante, che mi sbarra la strada... volere è potere dite voi, ma qui sta il nocciolo, il nocciolo è che saltellando di causa in causa io esausto finisco con la tabula rasa del potere, anche del mio potere, tutto si fonde, e di ogni potere restano in me solo ceneri, tutto ingiusto, tutto illegittimo... ah ma voi quando nominate questa parola pensate forse al poliziotto che vi da manganellate in testa... magari fosse quello il potere di cui parlo, quello più vistoso e brutale, magari, ovunque lo sento il potere ed ovunque tremo e mi contorco, quel potere infinitesimale, minimo, quasi invisibile, subdolo che si insinua nell’anima, e muore l’anima, si muore, ognuno per essere vuole e persegue un potere e nulla o quasi si sottrae a quest’orgia di potere... l’eroismo di essere impotente, questo il vero eroismo, non volere potere, un potere, il potere, ma non perchè impotente lo sei ma lo vuoi, che bella volontà...ogni potere infinitesimale che mi sbriciola, quello dei soldi che ricatta, quella del bisogno che sfrutta, e quella e quella... e cosa c’è in cambio del potere? Quale il suo opposto? Quale la cura di questo cancro disumano?...ma è l’amore, elementare Watson, è l’amore!...amore e potere come due vasi comunicanti, se l’uno sale l’altro scende, se l’uno è colmo l’altro è vuoto, ma sappiamo bene qual’è il colmo e quale il vuoto... e non annoiatemi con le vostre lagne, con i vostri feticci d’amore, tirate via quel velo, spogliateli un po‘, e dentro come un covo di serpenti non troverete che potere... non annoiatemi con quel vostro amore, conosco bene la vostra abilità di falsari, tutto avete corrotto e così corrotte sono anche le vostre parole, non vi basta distruggere, vorreste anche la medaglia di salvatori... ma per me è impossibile essere ingannato, purtroppo, dico purtroppo, davvero lo vorrei con tutta l’anima, è doloroso aver occhi che forano il velo, ovunque il potere si annida lo sento come fosse odore di benzina, e tremo e mi contorco, ed ovunque ed in ohni momento sento quest’odore... ecco qual’è il nocciolo, il mio nocciolo della questione, io odio il potere, ma non prendete alla lettera quest’odio, non so cosa sia l’odio, ma è la parola che mi viene più facile, e sono impotente, assolutamente impotente, impotente in tutto, e fa grande differenza fra l’essere impotente e l’essere inetto?...
Ma chi è un inetto? E perchè lo si è? Eh lo so bene che voi avete la risposta pronta, come due più due fa quattro, un inetto è e basta, lo è perchè lo è, che c’è da spiegare? Io sono in gamba, tu sei un inetto, è tutto così semplice... uno è quello che è, per quello che è e basta... ma io non ho la risposta pronta e per questo sono un inetto, non vado avanti come un caprone e non sono uno che “ so quel che voglio”...io parlo per me, solo per me, ma parlando per me penso anche parlare per tutti, almeno di questo mi illudo, dentro le mie ragioni ritrovo le vaste ragioni... non sono l’unico inetto, il mondo ne è pieno, anche se forse i più si fingono in tutti i modi di non esserlo e allora si inventano mille storie per vietarsi di esserlo e spesso si convincono anche di essere dei caproni e vanno con tutte le forze a sbattere contro il muro e quante volte si rompono il muso... bisogna pur sopravvivere, tutti si dicono, e allora si fa di tutto per sopravvivere, anche i caproni ed anche senza esserlo... ma io non ho la risposta pronta, ho il pensiero fine io e non trovo risposte che non diventino subito nuove domande, mi rispondo e mi domando e saltello come un grillo di risposta in domanda, di domanda in risposta, è il caos cari voi, altro che il vostro fiume ben arginato, io tracimo, tracimo, e chi mi ferma più...ma che ne sapete voi del perchè uno è inetto o non lo è...la vostra forza sta proprio in quello, nel vostro sapere tutto senza sapere nulla... oh certo io potrei anche scrivervi un libro sul perchè sono inetto, ma ne sto già scrivendo uno e non posso in uno farne due, potrei scrivervi per filo e per segno perchè sono inetto, scrivervi tutti i complicati meccanismi di causa ed effetto che mi han fatto così, ma che v’importerebbe di sapere questa storia? A voi che importerebbe? La leggereste, e son certo che non la leggereste, solo con noia e disprezzo e mi mandereste al diavolo con le vostre sentenze “ tutte ciarle, sei inetto e basta e non c’è niente da cianciare, volere è potere, punto e a capo...”...è vero che anche voi potreste scrivere per filo e per segno perchè siete dei caproni e vi sarebbe anche molto più facile raccontarlo, una storia breve, proprio breve breve, poche cause e pochi effetti, ma è proprio qui che nel mio essere inetto mi sento a voi superiore, quella assurda sensazione di inetto di valore, solo io che sono inetto lo posso fare, voi caproni non lo potete, e nell’attimo in cui lo voleste provare, ecco che subito comincereste a precipitare nell’abisso dell’inettitudine, oh non vorrei proprio essere nei vostri panni... si chiama presa di coscienza cari voi, cosa da pensiero fine, e qualsiasi fine coscienza che si guardi intorno non può che divenir paralisi...
ma voi pensate davvero che sia una colpa l’essere inetto? Perchè non pensate lo stesso dell’essere alto o basso? Bello o brutto? Ma secondo voi inetto si nasce o si diventa? Ma che importano a voi queste domande, mica avete tempo da perdere, ogni giorno avete mille cose da fare, dovete conquistare il mondo voi, sbaragliare tutto e tutto voi, sempre avanti come caproni a testa bassa... sono gli oziosi, vizio che odora d’inetto, che hanno tempo da perdere lungo certe domande... voi no, voi dovete correre, correre sempre... se vi fermate un attimo forse vedreste anche quel burrone non molto lontano verso cui state correndo... ma allora inetto si nasce o si diventa? Ma sono le circostanze cari voi, le circostanze... uno non nasce niente, anche se vi piace dirvi il contrario, sono le circostanze a farlo quello che è...parlate pure di genetica, di qualità originarie, di doti di famiglia... parlatene pure, ma non ne avete nessuna prova, se non le vostre false prove... d’altronde le prove false vi servono per dimostrare che siete migliori e che quello che rubate è meritato... sono le circostanze cari voi ed io ne ho le prove, ma non voglio star qui a tirarvele fuori, so che ci sono e questo mi basta... mi basta dirvi che anche quella famiglia di cui citate doti è una circostanza... inetti si diventa cari amici, son le circostanze, son gli influssi, ma non delle stelle, ma quelli umani... ma ragionate un po‘, ma certo so che non lo volete fare, se ragionaste un po’ dovreste guardarvi allo specchio e rabbrividire e non potreste non negarvi che tutte le vostre ragioni su cui vi fondate sono tutte false e che tutto quel che potete si regge solo su prepotenza ed ingiustizia... prendete un tedesco, abbiamo un’idea precisa di com’è un tedesco vero? Uno dei popoli più chiari della storia, è preciso e sa quel che vuole e non ha mezze misure in quel che vuole, è categorico, si sente il migliore, forse ha bisogno di sentirsi così, perchè porta dentro un lungo peso di essere il peggiore, un barbaro... ecco un tedesco è così e così, non si può sbagliare, certo ognuno è una cosa a sé, non si può fare di ogni erba un fascio, ma nell’essere popolo ognuno non c’è più e allora ognuno e tutti diventa una cosa sola... e allora secondo voi è un gene che fa il tedesco? O è la circostanza? Ditemi voi... toglietemi quel gene da quella circostanza e allora vedrete che quel tedesco non esiste più...buttatelo in una foresta e allora avrete solo un selvaggio, bianco giallo o nero sarà lo stesso... potrei dirvi di un italiano, potrei dirvi di un americano, e così e così, ma non cambia niente, è sempre lo stesso, sono sempre le circostanze... si sente molto intelligente quest’uomo del suo tempo eppure non fa che seguire sempre lo stesso binario e da quello non c’è modo di tirarlo fuori, è come inchiodato, prendilo e bastonalo finchè vuoi che lui come un mulo ostinato non si smuoverà di un passo... e alle circostanze bisogna adattarsie in questo consiste l’allevamento dei caproni, adattarsi è la parola d’ordine, mica cambiare le circostanze, neanche se è evidente che cambiarle sarebbe una liberazione, macchè adattarsi, e per farlo restare sempre uguali, i caproni vogliono respirare lo spirito del loro tempo, e non importa anche se puzza, mica vogliono perdere tempo per cercare una respirazione migliore... i caproni fanno di tutto, non sono inetti loro, fanno di tutto, fanno funzionare le circostanze, mica incrociano le braccia per renderle migliori, collaborano, si trovano il loro posticino nel grande meccanismo, in cambio del premio, c’è sempre un premio, sono ridenti, gaudenti, fieri d’esser figli del loro tempo, emettono condanne, eseguono sentenze, non fanno altro che mentire, non sono mai responsabili di nulla, anelli della lunga catena non vedono a un palmo del loro naso, molto meglio non vedere, loro ubbidiscono e non hanno mai nessuna colpa, ho tagliato una testa? Ho eseguito un ordine! Ai caproni non è richiesta una coscienza, anzi è proprio richiesto che non ci sia...
Quante chiacchiere per niente, ma in fondo io ho tempo da perdere, come inetto non ho niente da fare, e non perchè non abbia voglia di fare, anzi, sarei pieno di voglia di fare, non far niente mi annoia, il guaio è che nessuno mi da qualcosa da fare e non perchè non sappia fare, oh Dio ci sono tante cose che anche il più inetto degli inetti può fare, ma perchè non riesco a star nel gioco, non si può far nulla se non sai partecipare alla finzione generale, che sia tutto importante, molto importante... e così perdo il mio tempo con queste chiacchiere inutili, e che sono forse l’unica cosa che so fare, anche se dicono che di queste non si vive, perchè è una delle poche cose che si può far da soli, qui non ci sono padroni e non devi comandare, non ti serve fingere niente, a meno che tu non pensi di entrare con queste dentro il gioco, e questo con la speranza di vivere di questo, ma lo sapete bene, l’ho scritto molte volte, io non scrivo di me stesso, ma di un tizio immaginario, e se parlo di voi è solo per parlar meglio con me stesso, ripeto e ripeto, non mi stanco mai di ripetere, ma ci si può pentir di più per una parola in meno che per una in più, non si abbonda mai abbastanza, non si sa mai che qualcuno non mi rubi queste righe e pensando di aver trovato qualcosa di prezioso le diffonda al mondo e allora sarebbe chiaro che in quel voi nessuno avrebbe il diritto di ritrovar se stesso, che io non son io e voi non siete voi...
Ma adesso provo per un po’ ad uscire da questo eccesso di generalismi, chissà se mi riesce, e provo a vedere perchè sono diventato un inetto... mica c’erano tante ragioni, stavo forse seduto su ottime situazioni, chiamiamole circostanze, per essere un buon caprone e questo rende ancor più bruciante l’essere un inetto, e tutta per quella parabola dei dieci denari, dove c’è chi li moltiplica, chi li conserva e chi li perde... se la natura ti dona un capitale brucia il doppio non farlo fruttare, parti fortunato e che fai? Butti tutto all’aria? E poi stai là per mezza vita a roderti di aver buttato tutto all’aria?...ma mica le circostanze sono così quadrate, e non è come due più due fa quattro, le circostanze sono un groviglio e spesso dentro le fortune apparenti ci sono anche le più disastrose sfortune, ma mica posso star qui a districare un tal groviglio per far contenti voi?...in fondo quello che volevo dire è che un inetto è un caprone mancato, ne più ne meno... quando nell’orto interrate diecine di piantine, state pur certi, fate quel che volete, che non tutte attecchiranno, ce ne sarà sempre qualcuna di stentata che resiste, che non vuol saperne di diventar come le altre, qualcuna preferirà morire, qualche altra crescerà così bislacca che per la rabbia la farete sparire da voi stessi... la verità è che il mondo è fatto a misura di caprone, il caprone ragiona semplice “ prima di tutto io e dopo un posticino che da bravo caprone modello a mia misura”, è tutto semplice... il caprone non si fa tante domande, va dritto al suo obiettivo, non vuole ostacoli e se ci si incappa li butta all’aria...è tutto molto semplice... l’errore dell’inetto è farsi domande su tutto, sempre “ perchè e percome” e alla fine delle domande non ha risolto nulla, ma alla fine è più confuso che mai...
Ma è meglio che cerchi di restare saldamente in me, bando alle generalizzazioni, che entri nella mia inettitudine, perchè temo sia molto particolare e di non poterla troppo affiancare ad un più generico concetto di inettitudine, perchè poi di inetti ce ne son tanti, molti di più di quel che si crede, ma molti di questi il più delle volte neppure lo sanno di esserlo e anzi si credono caproni, ma non di questi voglio parlare, ma dell’inetto puro, di cui ci son forse solo rari esemplari, o forse uno solo, forse io...
L’inetto puro, che bella parola, in quel “ puro” la fierezza di esserlo... non collaboro, correte voi se avete tanta voglia di correre, io sto bene dove sono e niente mi attrae di essere come voi, proprio nulla mi attrae, vi guardo con sufficienza e mi fate anche un po’ ridere... non vi invidio, ma proprio non vi invidio, a voi sembra impossibile vero che non vi invidi?...ma siete caproni e non può essere che così, se solo comprendeste questa mia assoluta impossibilità di invidiarvi avreste già smesso di essere caproni... voi mi pensate che sia rabbioso e frustrato, che ce l’abbia con voi “ maledetti voi, pieni di tutto quel che non posso avere, ma vi spero fulminati all’istante, ma non lo dico, fingo solo disprezzo, ma chi disprezza compra, col mio pensiero fine... maledetti voi!”...
So bene che pensate questo, non potreste pensare altrimenti, è vero che vedete che alle vostre pose non do nessuna importanza, mi passate davanti trasparenti, e questo vi sembra incomprensibile, vi fa rabbia e mi trattate da scemo... ma pensateci un po’ su... anzi è meglio se non lo fate, potrebbero venirvi dei dubbi, e non dico il mal di testa, e in men che non si dica vi potreste ritrovare con tutto il vostro inutile castello al suolo... ma cos’è che dovrei invidiare di quello che siete? Tutto quel vostro vorticoso agire con cui vi allontanate sempre più irrimediabilmente da voi stessi?...dovrei invidiarvi tutto quel cumulo di cose di cui continuate a nutrirvi come se senza non poteste vivere?...forse che potrei invidiare i vostri faticosi giochi di società dove la più grande vostra occupazione è quella di vedere chi finge meglio?...O la vostra immensa casa che vi serve più come biglietto da visita che luogo di vita?...faccio anche uno sforzo per provare ad invidiarvi qualcosa, ma per quanto mi impegni non trovo nulla di desiderabile in quel che avete e siete... dietro tutto ciò che tenete in così alta considerazione trovo soltanto un enorme ed inutile affanno... no, non provo nessuna invidia, e non sono un “ chi disprezza compra”...e non è forse in questo che mi posso dire “ inetto puro”...
è così bello oziare, distendersi, pensare, osservare, cercare di capire, saperlo fare è così bello e quando questo ti ispira senti anche che di tutte le ricchezze del mondo non ti manca nulla... proprio non vi invidio in nulla, e ve lo dico con l’animo più sereno del mondo, io mi accontento di poco, di molto poco, e tralasciando il fatto che per me quel poco è tuttaltro che poco, è tutto... e non solo mi accontento di poco, ma sento come un faticosissimo peso tutto quanto mi par superfluo...
voi vi divertite ad aver problemi, quante volte vi ho sentito dire che la vita non è bella se non ci sono sempre nuovi problemi, che il bello della vita è aver sempre nuove occasioni per mettersi alla prova e sempre nuovi problemi da superare... bè sono contento per voi, se questo vi da gioia... per me il bello sta invece nell’eleiminare quanti più problemi possibile e soprattutto quelli inutili e che credo siano proprio questi la maggior parte di quelli che amate... e se non ci sono li inventate, sempre ne inventate di nuovi... nei problemi avete le vostre occasioni di lotta, il vostro piacere di farvi male l’un l’altro... io invece faccio lo slalom fra i problemi, sono il miglior slalomista nell’evitare i problemi... no, non vi invidio in niente, per come siete ho solo il piacere di starvi alla larga, ovunque vi incontro son certo che mi farete qualche sgambetto, così solo per il gusto di farlo, vi fa sempre ridere veder qualcuno cadere per terra... ma ridete pure, come non vi invidio, così non sento umiliazione nelle vostre irrisioni... anche se sono in terra e molto in basso, è come se stessi in alto, a mille piedi sopra di voi, calpestatemi pure, di fatto calpestate voi stessi, la vostra umanità che avete venduto... ecco, anche qui sono inetto puro...
Non ho nessun senso di possesso, quanto per questo mi son arrabbiato con me stesso... venite pure a rapinarmi, a parte che non me ne accorgo, ma, anche se fosse, vi lascio fare...” fate pure, io non dirò niente, solo vi guardo attonito, ma perchè lo fate?...come instancabili tarli vi sento sempre scavare i vostri buchi, mi basta girar lo sguardo, ma quando mai vi guardo?, che voi siete là a rodere... se io solo per sbaglio sfioro la vostra aria subito digrignate i denti come cani rabbiosi... sembra che non abbiate altro a cui pensare, sempre là immobili ed attenti, a guardarvi attorno in attesa delle prede e pronti a cogliere il momento per fare il vostro balzo... sono nato comunista, ma tutti lo siamo nati, il mio solo difetto è esserlo restato... ma proprio comunista, non c’è niente che sento mio, proprio mio, devo fare uno sforzo innaturale per stringere un po’ le mani, perchè tutto non mi sfugga via, è una violenza che mi devo fare, ma quanta fatica mi costa... tutti borghesi, non vedo che borghesi intorno, una parola che sento mostruosa, contro cui mi sembra impossibile ogni lotta..ma una lotta che poi non mi riguarda perchè di lottare non ne ho nessuna voglia... non voglio che restare come sono e malgrado tutto, malgrado i borghesi... non capisco dove stia il piacere del possesso, non altro che corruzione borghese, quanto tempo ed energie sprecate a difendere, attaccare, incrementare, solo per poter dire “è mio e guai a chi lo tocca”...il metro dei borghesi “ guardare con compiacimento quel che si ha e confonderlo con quello che si è”...che per il borghese completo è proprio così “ io quel che ho è quel che sono”...ve lo dico apertamente cari miei “ non sopporto i borghesi” e allora è per questo che non sopporto quasi nessuno, forse nessuno, neppure me stesso, perchè per quanto mi sia lavato trovo sempre in qualche mio angolo qualche nascosta e incancellabile macchia di borghesia... e forse in questo non sono ancora quell’inetto puro che vorrei...
Si... da qualsiasi angolo mi osservi mi sento comunista, ed esserlo col pensiero non significa quasi nulla, è l’esserlo con l’istinto che conta veramente, ed è così che sono stato e di questo non mi faccio ne merito ne colpa...è capitato, come poteva capitarmi di essere basso o alto... bè certo, non era lo stesso, senza le circostanze non sarebbe stato... comunista, e cosa vuol dire comunista? Basterebbe dire “ il contrario di borghese”...ma restano sempre definizioni, e non esiste definizione che non chieda spiegazione... ma sento il desiderio di una spiegazione svelta, che colga tutto il senso con pochi tratti... allora direi “ un istinto disinteressato che si affaccia su un vasto panorama, molto più vasto di quello personale” e direi ancora “ una rielaborazione della storia, che la liberi da tutte le zavorre, e che armonizzi la legge naturale con la ragione più fine e umanitaria e di cui l’uguaglianza e l’umanesimo ne siano il fondamento”...
Avete capito allora perchè sono inetto? Ma non un inetto qualsiasi ma un inetto puro?...ragionate un po’ e non pensate voi che nell’essere inetto puro e comunista vero non corra alcuna differenza?...in un dato mondo come può qualcuno credere di poter vivere da comunista e poter agire qualcosa?...non pensate voi che in ogni sua azione si sentirebbe compromesso e violentato nella sua natura?...per voi caproni compromettersi è normale, lo fate con una facilità che non finisce mai di sgomentarmi, “ eppure dovrei averci fatto l’abitudine”, per voi compromettervi è pane quotidiano, saltate di palo in frasca così “ come se niente fosse”...ma non è neanche che non lo voglia, quante volte l’avrei voluto, “ maledetta coerenza è impossibile vivere in questo modo”...ma l’istinto cari miei, contro cui non posso farci niente, contro il mio istinto non posso farci niente, che poi cosa sarebbe questo istinto se non la mia più pura e originaria emozionalità? Che invece di andarsene è rimasta là, ferma immobile, come Dio l’ha fatta...
si,,,sono comunista, questo è il mio guaio, e contro questo mio essere non c’è volontà che tenga... che poi essere comunista non è altro che rimanere originario, non alterare nulla di quelle primarie emozioni con cui ci si affaccia alla vita... magari mi direte, e vi do ragione, che le emozioni primarie sono tuttaltro che comuniste, ma di un egoismo assoluto, e in questo vi do ragione, ma mica ho mai detto che il comunismo non possa essere egoistico, anzi per me è la forma di egoismo massimo e pulito, solo che è quello che io chiamo egoismo intelligente, quell’egoismo che attraverso l’uguaglianza e la giustizia rende la vita più semplice e felice... perchè forse voi pensate che quei grossi e tronfi campioni di egoismo borghese che ammirate tanto siano felici?...certo vi potranno sembrare, per voi che solo nel possesso concepite la felicità...ma con questo di certo non avete idea di cosa possa essere la vera felicità...ma quelli non sono felici e lungo quella china mai lo saranno, per quanto potere avranno no avranno mai il potere di colmare il loro vuoto umano... e per colmare questo non c’è che l’amore, quell’espansione umana che come per miracolo ti fa perdere ogni sensazione di miseria e piccolezza, ti fa sentire infinito, e infatti lo diventi, e svanisce in te ogni senso di morte e finitezza... ma l’amore non ha nulla a che vedere col possesso e, finchè sentirai questo tarlo dentro, quell’amore non potrai mai viverlo e neppure immaginarlo... ma basta, non ho voglia di fare un trattato sul comunismo, ma voglio scrivere di me, dire in tutti i modi quanto inetto sono...
Oh Dio mi vengono quasi i brividi a vedermi, anche se sto scrivendo fra me e me e di un tipo immaginario, sento scrupolo anche a confidarmi con me stesso... in fondo certe cose si dimenticano, come dicono gli psicologi si rimuovono, la mente per riuscire a sopportarsi si finge quasi non siano mai esistite... che cose folli, che omino ridicolo, cose a cui voi comuni mortali non potreste mai credere, voi che siete abituati ad andare avanti a testa bassa e buttar tutto per aria come potreste credere a certe cose?...sono così tante le cose che dovrei ricordare che già immagino non ne ricorderò nessuna, ma ci voglio provare e di certo qualcosa tirerò fuori dal mio cilindro...
Già lo sapete, io non sopportavo il potere, e a dirla tutta non lo sopporto neppure adesso, ma il potere anche in tutte quelle sue forme più ambigue e sottili, che voi neppure vi sognereste di chiamare potere, anzi vi farebbe ridere sentirle chiamare potere... bè comunque io non lo sopportavo, tranquillamente posso dire che ero un ribelle, qualsiasi ordine o imposizione mi faceva soffrire...è vero però che ero un ribelle silenzioso, mica prendevo un bastone e mi ribellavo veramente, no, magari, quante volte l’avrei voluto e ribellarmi veramente e spaccare la testa a tutti quei briganti e prepotenti... macchè io ero un ribelle silenzioso, che subiva soltanto... ma che razza di ribelle potevo essere direte voi... ero così e basta e forse era proprio questo il modo giusto di essere ribelli, che ne sapete voi?...
Io abbassavo la testa e stavo zitto, ma digrignavo i denti e sentivo che quella violenza non l’avrei mai accettata, ma non agivo, non facevo niente, restavo impalato come uno stoccafisso... ecco lo vedo adesso, era già tutta là la scintilla dell’inetto... non potevo agire, non potevo far niente, per agire avrei dovuto prendere il bastone e rompere la testa a tutti quanti, erano troppe le teste che avrei dovuto rompere, e neppure se mi fossi sentito dentro la forza di Ercole mi sarei sentito forte abbastanza... ero ribelle ma anche impotente, e come sarebbe potuto essere altrimenti, nella mia piccolezza evidente rispetto ad un potere onnipresente?...di certo sarebbe molto complicato capire e spiegare come sia esploso in me questo immenso rigetto per il potere, ma magari, forse, scrivendo e scrivendo, si spiegherà, si capirà, chissà chi lo sa...
E’ fantastica quell’immagine che mi resta dentro, remota, ma talmente fissata da sentirla viva... sento quasi commozione per quel bambino che corre, ero io, ma lo vedo come un altro me, rimasto dentro di me, come se fosse ancor fermo in quel momento lontano e come se solo adesso lo potessi davvero raccogliere in me e confondermi insieme...
Corre impaurito lungo la strada, ha certo il batticuore, non ci sono anime vive per strada, sembra l’atmosfera di “ mezzogiorno di fuoco”...corre con l’agilità di un bambino, sembra un gatto, piccolo e magro... in mezzo alla strada c’è un carabiniere, sembra un gigante, e per lui era un gigante ed anche se non lo fosse stato... mai altre memorie così gigantesche sono poi entrate nella sua mente... corre corre, il gigante vuol sbarrargli la strada... chissà perchè, non ne ho la minima idea, ma il potere non sempre ha il bisogno di perchè per sbarrare la strada e lo fa a suo piacimento... perchè mai quell’orribile gigante lo vorrebbe fermare?...cosa mai può aver fatto di male questo bambino perhè questo gigante dallo sguardo truce e cattivo lo voglia fermare?...il bambino corre, con tutte le sue forze e il suo terrore, il gigante allarga le braccia per prenderlo, ha le gambe divaricate, ma il bambino è proprio come un gatto, agile e scattante, e come un gatto fa un ultimo guizzo e sfugge via a quelle grinfie rapaci e in un attimo si insinua nel varco delle sue gambe, come un provvidenziale tunnel, che idiota quel gigante, e fugge via, e continua a fuggire, chissà dove e chissà per quanto, forse anche adesso la sua fuga non è ancora finita... che fantastiche immagini, vive, anche se di terrore, ma vive e per questo fantastiche... immagini senza nesso, senza spiegazioni, ma così espressive di quella natura ribelle...
Era così emotivo quel mio ribrezzo per il potere che era incontrollabile, ogni sua minima percezione era come un fuoco caldo che mi entrava nelle vene e tutto il mio essere ne usciva scoordinato, frammentario e nessuna identità unitaria mi era possibile, se non quell’inerte fissità con cui esprimevo tutta la mia impotenza, i tratti dell’inetto perfetto erano già ben delineati... ma dentro l’animo non stavo fermo, anzi volavo, ero uno dei più grandi eroi che la storia delle fantasie potesse ricordare... vivevo in castelli inespugnabili, sgominavo eserciti, vendicavo ingiustizie... gradualmente si era andata in me identificandosi soprattutto nello stato questa insopportabilità del potere, lo stato in tutte le sue propaggini, anche le più insignificanti, che diventava in me una insopportabile, kafkiana, percezione, ed ogni sua più piccola emanazione entrava come un doloroso spillo dentro la mia sensibilità...ma sempre e ancora la mia ribellione era solo inerte fissità e fuga... fuggire, fuggire, nascondersi, non avevo fatto niente, ero inetto e niente avrei potuto fare, ma ero lo stesso colpevole, il mio non far niente, la mia inettitudine, era già di per sé stesso colpevolezza, perchè lo stato ti voleva suo, voleva inglobarti, inghiottirti, integrarti, come si dice, il tuo sangue doveva scorrere nel suo..allo stato l’inerte fissità non piace, la odia e la schiaccia e come se fosse un corpo estraneo la espelle da sé...io senza colpa ero colpevole... e ancora quella inerte fissità diventava eroica fantasia... ero solo contro lo stato e contro di esso avrei intrapreso la mia solitaria lotta...
E che bella guerra mi inventavo, mi ero armato ben bene e sotto la mia casa stato avevo venti testate nucleari pronte per il lancio contro altrettante popolose città e quindi avevo dichiarato la mia casa stato indipendente... e allo stato avevo inviato il mio ultimatum... ed avevo fatto le cose per bene, un bel testo scritto dove stavano ordinate tutte le mie ragioni e in carta ufficiale e dove in alto a destra avevo ben dipinta la mia bandiera...” io non voglio niente, solo vivere libero e indipendente, senza nessuna delle tue autorità sopra di me, voglio solo vivere in pace, è chiaro?”...era un bellissimo sogno e grazie alle mie testate lo stato non osava aggredirmi e doveva anche guardarsi bene dall’attentare alla mia vita, perchè, se lo avesse fatto, tutte le mie testate sarebbero partite in automatico contro i bersagli destinati... ero diventato libero e nessuno avrebbe osato insidiare la mia libertà...peccato che era solo fantasia...
Ma era stato quando mi ero trasformato in uomo invisibile che avevo raggiunto il culmine della mia fantastica ribellione... oltre che invisibile mi ero anche fatto volante e mi spostavo nello spazio con la velocità del pensiero... me lo ricordo come fosse adesso quando, da invisibile, mi intrufolavo nelle stanze dei bottoni, e mi ritrovavo magari a tu per tu col presidente del consiglio (ma non pensate che mi limitassi a questa misera provincia, ho il vago ricordo di essere anche entrato spesso alla casa bianca) e allora con le mie mani che non vedeva gli stringevo il collo e gli dicevo chiaro e tondo, e allora si senza timidezze e senza abbassar la testa, gli dicevo che “ se non cambiava marcia e non rimediava a tutte le ingiustizie e non faceva abbassar la testa a tutti i ricchi ed i potenti”, così gli dicevo “ se non lo avesse fatto alla svelta la prossima volta l’avrei strozzato”...poi volavo di qua e di là ed ovunque vedevo cose storte seminavo il panico fra i violenti e i prepotenti... ricordo quanto mi divertissi falciando carabinieri come fossero birilli, e di certo pensavo che era sempre per quella vecchia storia mai digerita del bambino ottenne..era proprio uno spasso e in questo spesso mi perdevo, ci passavo così ore ed ore volando da una parte all’altra dell’intero globo... tutto il mondo dei potenti era terrorizzato dalla mia invincibile invisibilità e, per una volta tanto, era sua l’impotenza a reagire... e dopo qualche vana resistenza si era rassegnato ad accettare tutte le mie condizioni ed aveva cominciato a comportarsi bene, a eliminare i suoi privilegi, a cessare dalle sue ingiustizie, a mettere al bando le guerre, a fare insomma tutte quelle cose giuste che avrebbe potuto far da solo, ed anche per il suo bene, e senza bisogno del mio invisibile intervento... mi faceva un po’ ridere che io di fatto fossi diventato l’uomo più potente... io ordinavo e loro eseguivano, avevo le idee chiare su tutto e sapevo benissimo distinguere il giusto dall’ingiusto... mi faceva proprio ridere questo ritrovarmi come il massimo autore di potenza, proprio io che la potenza non la potevo sopportare... ma dovevo sempre stare in quardia dall’apparente condiscendenza di quei potenti, perchè fingevano, mentre mi assecondavano non smettevano mai di cercare il modo per catturarmi e farmi fuori... ma io risolvevo tutto, anche le contraddizioni... se le mie mani potevano strozzare il presidente del consiglio, per tutte le leggi fisiche anche loro avrebbero potuto catturare le mie e insieme ad esse anche tutto me stesso... ma non era così, sarebbe stato troppo facile per loro, anche da invisibile dentro una stanza prima o poi sarebbero riusciti a prendermi al laccio... ma non era così, per uno straordinario miracolo io per loro restavo sempre non solo invisibile ma anche intangibile, mentre loro non lo erano mai per me... ero più o meno come un moderno Achille, ma a sua differenza non avevo nessun tallone...
Ma quell’eroico fantastico mondo durava quel che durava e quando mi ritrovavo coi piedi per terra era tutta un’altra musica... camminavo come un cane bastonato ed ero sempre furioso, stravolgevo anche le facce, non so se avevo dei poteri particolari, io ne sono convinto, e specie col senno di poi, quando questo mio presunto potere mi era apparso blando ed annacquato... era come se mi bastasse guardare una faccia per leggervi tutte le qualità morali che vi stavano dietro... a quanto pare mi ero fatto lombrosiano senza saperlo... e vi assicuro che non era un bello spettacolo, mi apparivano tutte facce stravolte e quasi mostruose che sentivo trasudare di tutte le peggiori qualità, ma a farla da padrone era quella che chiamerei meschinità, o perchè no borghesia, una miscela puzzolente di egoismo ambiguo, ipocrita, maligno... era proprio insopportabile quel puzzo di borghesia che sentivo... si cari miei non era proprio un bello spettacolo e vi assicuro che di questi poteri ne avrei fatto volentieri a meno, tutto mi faceva sentire come se fossi sprofondato in un girone infernale e ritrovarmi dentro le più orribili bolge senza riuscire ad accreditarmi una colpa che mi potesse far capire per quale ragione ero finito laggiù...
Anche se può sembrare incredibile a rendermi sempre nero e furioso era uno strano compagno che mi portavo sempre dietro... in effetti non ero una persona normale, quelle tutte di un pezzo, quelle che se hanno un’idea è quella e non c’è niente da discutere, una di quelle che se pensa a una cosa da fare è subito “ detto e fatto” e senza ambascie parte a testa bassa... no, ero diverso (badate bene non è che in questo “ diverso” voglia metterci delle vanterie, lungi da me, si sa bene infatti che a tutti, pur temendo la diversità e pur essendo tutti copie spiaccicate l’uno dell’altro, a tutti, dicevo, piace in qualche modo, e se ne vantano, di essere diversi l’uno dall’altro, ma non avendo di fatto vere diversità sostanziali da offrire, quasi sempre per provare questo brio si servono di diversità apparenti e formali) e non ero tutto di un pezzo, ma proprio mi sentivo come se fossi stato nettamente diviso in due parti... forse le parti erano anche di più, e sicuramente lo erano, e non saprei dir quante, contarle mi era impossibile, ma questo sparpagliamento nei momenti migliori, o anche peggiori, finiva per fondersi in due parti decise... dicevo di sentirmi diviso in due, ma la sensazione che provavo era molto di più, proprio la sensazione di essere due persone separate, che si muovevano però sempre insieme, quasi l’una fosse l’ombra dell’altra... e vi assicuro che non era una bella compagnia... proprio una coppia male assortita, in cui l’una, che pareva l’interprete principale, era come se fosse sempre sotto osservazione dell’altra, che pareva aver assunto il ruolo di suo giudice accusatore...
Mi pareva davvero di aver qualcuno dietro di me e a volte mi giravo di scatto per prenderlo alla sprovvista, ma niente da fare non c’era verso che riuscissi a vederlo, eppure sempre ne sentivo la cupa presenza, come se un altro me mi girasse sempre intorno per stuzzicarmi senza fine... a volte ne sentivo anche la voce, come se un altro mi parlasse ed anche questa voce la sentivo come fosse stata estranea a me stesso... quella voce era per me un tormento, non c’era verso che mi dicesse qualcosa di buono, di tutto quello che facevo non le andava mai bene niente “ che idiota che sei! Sei proprio un buono a nulla! Senza i miei consigli farai certo una brutta fine!”...non taceva un attimo, in tutto quello che facevo aveva sempre da dir la sua “ ma non vedi che hai sbagliato? Sei sempre il solito fesso!”...sembrava si divertisse a criticare tutto quello che facevo, va da sé che andando in giro con quel doppione malefico mi diventava sempre più doloroso qualsiasi agire e piano piano mi abituavo a districarmi per non agire affatto... non si potrebbe anche questa dire la “ genesi dell’inetto”?...non riuscivo però a capire come mai, se ero fatto in due, come mai uno dei due, che più fortemente sentivo come me stesso, sembrasse implacabilmente destinato a soffrire, mentre l’altro sembrasse invece del tutto indifferente, anzi direi di più, disinvolto e gioioso, uno che sapeva il fatto suo e che non aveva mai dubbi, tutto l’opposto dell’altra mia metà...proprio non ci capivo nulla, perchè mai se eravamo in due, solo la parte che più mi sentivo era quella del cane bastonato? Chissà da dove era saltata fuori questa mia critica metà e come avesse fatto a quasi incarnarsi in me, ma così era e in quel tempo sembrava proprio che fosse il mio padrone...
E allora immagino che non vi stupiate per nulla se in compagnia di quel diabolico doppione me la passavo tuttaltro che bene... non facevo a tempo di aprire gli occhi... ma non posso non aprire anche una parentesi su questo “ aprire gli occhi”...perchè a volte gli occhi neppure riuscivo ad aprirli, c’erano mattine quando provavo a farlo che le palpebre mi parevano incollate e trascorrevo lunghissimi minuti prima di veder la luce ed altre volte mi sentivo come se tutto il mio corpo fosse paralizzato, ero come bloccato là sotto le coperte, ogni tentativo di smuovere un braccio, una gamba, di uscir fuori da quella tana, mi sembrava vano, e allora mi prendeva l’angoscia e quasi con disperazione concentravo tutte le mie energie per sfondare quella corazza e non so come prima o poi sempre ci riuscivo, non fosse stato sarei ancora immobile in quel luogo... credo proprio che se i miei occhi non si aprivano e il mio corpo non si muoveva era solo perchè là sotterrato stavo bene e mi angosciava l’idea di un nuovo giorno e di provare ancora l’agonia di quel doppione che mi girava intorno... ma torno dal principio “ che non facevo a tempo di aprire gli occhi” e quasi sempre il mio sgradevole compagno iniziava subito il suo lavoro... come un roditore si infilava fra le mie pieghe e rosicchiando di qua e di là mi toglieva la terra sotto i piedi...
Aprivo gli occhi e sentivo subito quei denti affilati iniziare il loro lavoro... avevo impiegato parecchi anni prima di arrivare a concepire la teoria dell’interruttore... e capirla era stata come un’illuminazione, era stato lo scoprire la causa di un effetto... la causa era il rosichio e l’effetto l’emicrania... questa iniziava come se fosse stata un lieve ticchettio, una fitta lieve che d’improvviso mi colpiva l’occhio destro... piano piano quel ticchettio si trasformava in colpi di martello, colpi sempre più intensi e dolorosi e proprio sull’occhio destro... vorrei vedere voi quanto sareste felici con qualcuno vicino che vi martella l’occhio destro... in capo a qualche ora l’emicrania era completamente padrona del campo e dilagava per tutta la mia testa... ma lo stesso io avevo il mio da fare, inetto o non inetto ognuno ha il suo da fare, e se il mio da fare non me lo facevo da solo, mica venivate voi a farlo al poso mio, è giusto o non è giusto quel che dico?...e con la testa in subbuglio, che quasi mi pareva una palla gonfia pronta per scoppiare, mi trascinavo più per forza d’inerzia che cosciente volontà, mi trascinavo lungo il mio inevitabile tran tran... e non c’era rimedio, quando il martello aveva preso a battere non c’era rimedio, più niente lo poteva fermare, mi dilagava dappertutto e mi sbatteva con mazzate sempre più potenti, per il dolore quasi non ci vedevo più, pensare e ragionare era come voler vedere l’orizzonte nella notte più buia e con la candela in mano, ma ero ostinato e col senso del dovere... maledetto senso del dovere... e resistevo fin dove il mio dovere lo voleva... non c’era aspirina che mi potesse servire a qualcosa, sarebbe stato come voler affrontare l’oceano dentro una canoa... non conoscevo che un rimedio a questo mio subbuglio della testa, dormire, era l’unico rimedio che mi funzionava per annullare quel dolore... ma neppure quello mi era facile, il martellio, e seppure fossi esausto, mi impediva anche quello, e mi dovevo dimenare per ore dentro il letto, stringendomi la testa e gli occhi, fino a perdere conoscenza nel sonno quando mi ero completamente esaurito... e con la speranza di risvegliarmi il giorno dopo con più forza per resistere al mio doppione che appena mi vedeva sveglio ripartiva subito col suo tormento...
Immagino che voi mi direte, e col sorrisetto di compatimento di quelli che sanno come si vive, mi direte “ ma non ci sono i medici per questo?”, “ non sarebbe bastato un buon medico per risolvere quel dolore?”...non ho voglia di parlare di medicina, posso solo dire che alla vostra medicina non credo e soprattutto ai vostri medici, in quanto a ciarlatani non li batte nessuno, ma nel risolvere i mali brancolano nel buio, guardano agli effetti come fossero cause, e per ogni effetto che credono di aver risolto ne provocano dieci di nuovi... e di questo non c’è da stupirsi, sulla proliferazione del male loro ci campano ed anche bene... non c’erano medici che avrebbero potuto risolvermi il dolore, il mio dolore era psicologico, solo psicologico e se lo sentivo nel fisico era perchè niente del fisico accade che la psiche non voglia... e solo nel mio pensiero stava il quid della mia armonia psico fisica e non mente sana in corpo sano stava la ragione del sé, ma proprio nel suo contrario...
Ma avevo detto della mia teoria dell’interruttore... era proprio così, ero stato un bel po’ a capirla, ma finalmente c’ero arrivato, era come se ci fosse un interruttore che accendeva la mia emicrania, naturalmente era il mio doppione che nel suo continuo muoversi e gesticolare premeva il suo odioso dito sul pulsante... a forza di dai il mio intuito si era così raffinato che avevo imparato a distinguere perfettamente il momento fatale quando lui premeva il dito e sentivo proprio un TIC, come si fosse trattato di un interruttore vero... e allora mi ero detto “ ma se c’è questo interruttore e lui lo sa accendere, ci sarà pure anche un modo di spegnerlo e perchè non dovrei sapelo usare?”...e infatti era così e sempre grazie al mio intuito avevo scoperto che come si poteva accendere così si poteva anche spegnere... oh Dio non pensate che spegnerlo fosse così facile, come due più due fa quattro, per riuscirci avevo dovuto studiare parecchio onde svelare i meccanismi del circuito malefico, ma alla fine c’ero riuscito e diventando come spegnitore quasi più abile dell’accenditore... e allora fra di me e il doppione era iniziata una comica lotta, lui accendeva ed io spegnevo, lui accendeva ed io spegnevo, proprio come fanno i bambini con l’interruttore della luce, e alla fine, e voi non ci crederete, quella lotta l’ho vinta io, e in questo infinito accendere e spegnere era stato proprio il doppione quello che aveva finito per stancarsi... ed anche l’emicrania che cominciava con un TIC piano piano se n’era andata...
Così cari miei mi trascinavo per il mondo, inebetito fra emicranie e un doppione che sempre col ghigno divertito mi saltellava al fianco... all’inizio era proprio dura, ero come un topo nella tana che appena metteva il naso fuori c’era il gatto pronto a saltargli addosso... e per tanti anni il doppione aveva fatto il bello e il cattivo tempo e bastava un suo sguardo, sentirne la schifosa voce per diventare un pantano... ogni tanto cercavo di alzar la testa, di rispondere a tono, ma erano solo guizzi rabbiosi, perchè non mi veniva, avrei voluto gridare e invece non mi usciva che un fil di voce... non potevo più star dentro di me, ero troppo un pantano, non avevo nessuna identità, mi ritrovavo completamente sgretolato in mille pezzi, che anche se avevo un pensiero sano mille pressioni ostili in un attimo me lo facevano in frantumi... quel doppione maledetto mi aveva reso così antipatico a me stesso che in qualche modo da me stesso dovevo uscirne... mi sentivo come una casa dopo un terremoto e mi dovevo guardar da fuori e provare a sgombrare le macerie e vedere se me la potevo ricostruire, più stabile e sicura... magari fosse stata una casa vera, e non mentale, dove tutto è più quadrato e basta sostituire i pezzi e fra i pezzi non intercorrono relazioni... ma non ero una casa, però mi è comodo parlare di me stesso, del doppione e adesso anche del triplo, come se lo fossi... ma mica questo panorama si presenta in modo tanto netto e chiaro... ma non c’era altro modo per far chiarezza se non forzare un po’ in questa direzione, altrimenti sarei solo annegato nel pantano o rimasto sepolto sotto le macerie...
Ed era stato per legittima difesa che da doppione mi ero fatto triplo, non avevo altro modo per reagire a quel doppione maledetto... ma voi magari potreste pensare che tutto questo lo avessi pensato, che magari mi fossi detto “ ecco, per dare una calmata a quel doppione mi faccio triplo!”, macchè, tutto capitava da sé e se mi chiedeste come non vi saprei dir perchè, è quello che chiamerei solo “ inconscia legittima difesa”, o “ istinto di sopravvivenza”, o chiamatelo come vi pare, era stato così e basta e in alternativa in che diversi modi avrebbe potuto essere non ve lo saprei proprio dire... così è andata, se sia stato un bene non lo so, forse sarebbe potuta andare in tanti modi diversi, tanti migliori e tanti peggiori, d’altronde la vita è un tale guazzabuglio che comunque vada in qualche modo è andata e che alla fine di tutto “ va tutto alla malora”...e almeno in questo caso, e la cosa mi garba, questo andazzo mi ha lasciato per lo meno il pretesto di lasciar scritte tutte queste pagine più o meno inutili, ma che valgono di me forse molto di più di qualsiasi altra azione, anche colossale, che avessi potuto compiere da caprone...
E così per tenere un po’ a bada quel doppione malefico mi ero dovuto fare triplo... ecco era stato forse in quel momento che ero diventato un ribelle... da quel momento fra doppio e triplo era iniziata la più cruenta delle guerre... certo gli inizi non erano stati facili per il triplo, era solo un apprendista e doveva ancora farsi le ossa, mentre il doppione nella sua carriera di denigratore malefico era solido e sperimentato... ma il triplo aveva dalla sua che lavorava estraneo a sé stesso, prendeva fra le mani tutti gli incartamenti del suo povero sé stesso sepolto sotto le macerie, e le esaminava una per una, per cercare di capirne qualcosa e vedere di risolvere il caso... all’inizio non era molto pratico della materia, ma via via che si faceva un po’ di esperienza tutto ciò che di prima impressione gli era apparso ingarbugliato e incomprensibile gli diventava adesso sempre più trasparente, fino a riuscire a maneggiare quelle scartoffie con una disinvoltura che solo poco tempo prima gli sarebbe parsa impossibile...
Aveva preso il vizio di chiamare logica questo che sempre più gli sembrava come un processo di evoluzione... c’è da dire che di tutte le carte che girava non ce n’era nessuna che passasse

Michele Serri 25/03/2024 17:11 243

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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Libro di poesieTibet
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«E’ con grande gioia che leggo questo bellissimo libro, che contiene parole che illustrano le caratteristiche e la bellezza della cultura e della religione Tibetana, dello splendido paesaggio del “tetto del mondo”. Le poesie contenute in questo libro dimostrano sintonia con il puro, amorevole e semplice cuore del popolo Tibetano. Apprezzo moltissimo l’amore e l’affetto degli autori di queste poesie verso le tradizioni del Tibet e verso la sua eredità spirituale.
Agli autori di queste poesie va il mio ringraziamento e le mie preghiere, ma anche a tutti coloro che le leggeranno!»
Lama Geshe Gedun Tharchin
Il ricavato della vendita di questo libro sarà dedicato al beneficio dei monaci e dei rifugiati tibetani


Pagine: 59 - € 10.99
Anno: 2008


Libri di poesia

Ritratto di Michele Serri:
Michele Serri
 I suoi 54 racconti

Il primo racconto pubblicato:
 
L'arrivista (10/10/2010)

L'ultimo racconto pubblicato:
 
L’Inetto – dialogo interiore di un inetto - incompiuto (25/03/2024)

Una proposta:
 
L’Inetto – dialogo interiore di un inetto - incompiuto (25/03/2024)

Il racconto più letto:
 
Lo stupro (30/09/2012, 65535 letture)


 Le poesie di Michele Serri

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