“ Sono stanco”. Da un po’ di tempo questo era il ritornello che si ostinava a ripetere a tutti, malgrado avesse capito che la frase trita e ritrita ormai scivolava addosso a chi gli stava intorno come acqua su una pietra levigata. Il problema era che non se ne rendeva conto e ad intervalli precisi tornava a ripeterla.
“ Faber est suae quisque fortunae”, avrebbe dovuto dire a sé stesso, perché anche quella perenne stanchezza era il frutto scomodo e amaro di tante scelte sbagliate. Ma la maturità e con essa la consapevolezza delle proprie responsabilità, anche queste facevano fatica a far sentire la loro voce. Quante volte sua madre gli aveva detto che stava sciupando gli anni migliori della sua vita?
E adesso c’ era la piccolina, quel fiore seminato inconsapevolmente, nel pieno di una crisi esistenziale, una delle tante, e poi sbocciato in primavera, a portare una gioia mai provata e nuova speranza. A lei doveva pensare e occuparsi del suo futuro, non più solo del proprio effimero presente, infarcito di ansie e timori, di desideri incontrollabili e deleteri, di rimpianti e sensi di colpa tanto dolorosi quanto vani.
L’ abbandono del lavoro per l’ impossibilità di reggere la fatica e lo stress, pochi giorni di necessario riposo e di relativa tranquillità e poi l’ insorgere, come sempre, del pentimento, del senso di frustrazione, di sottaciuta vergogna per la consapevolezza che scegliere di mettere al mondo una figlia e di sposare la propria compagna avrebbe richiesto una maturità comportamentale ben diversa.
Ma la sua malattia gli aveva impedito di crescere negli anni, di sviluppare un senso del dovere che prescindesse dall’ egocentrismo, come accade in ogni persona normale, durante il periodo dell’ adolescenza e della giovinezza.
La sua età evolutiva era ferma all’ adolescenza, pur avendo bruciato, attraverso scelte e azioni più grandi di lui, tutte le tappe che avrebbero dovuto esere toccate gradualmente, in un lasso di tempo molto più lungo.
Paradossalmente aveva accumulato precocemente le esperienze di un uomo di cinquant’ anni, bruciandosi le ali a partire dalla prima giovinezza. E oggi si sentiva e appariva agli altri come un bambino invecchiato anzitempo.