UN VIAGGIO DENTRO IL SAPERE
Una libellula di nome “ Cià”
C’ era una volta una libellula che voleva viaggiare … viaggiare, conoscere … conoscere e sapere. Non si stancava mai di apprendere cose nuove, aveva proprio sete si sapere per cui decise un giorno di lasciare il suo solito habitat e di intraprendere un viaggio avventuroso nonché carico di pericoli in altri luoghi a lei sconosciuti ma che le avrebbero chetato a sua sete di sapere!
Era Cià, una bella libellula di colore blu cangiante, un tantino più grande delle sue sorelle ed era nata così, pervasa da una insaziabile sete di sapere. Per qualche tempo era stata tranquilla ma poi un giorno stanca di sentirsi poco capita quando faceva domande e le sue sorelle la zittivano perché -dicevano- non erano cose destinate a loro il conoscere e il sapere, iniziò a ribellarsi.
Anche mamma e papà cercavano di farla desistere. Vedi Cià – le dicevano -il nostro compito è quello di svolazzare qua e là tra alberi, boschi e fiori, volare velocemente, nutrirci d’ insetti e prolificare per la continuazione della nostra specie.
Cià però non voleva sentire ragioni e desiderando più che mai assecondare questa sua passione di conoscere che sentiva emergere dentro di sé prepotente ed insistente farsi avanti sempre più forte nei suoi pensieri, decise che doveva prendere una decisa posizione.
Fu così che iniziò il suo lungo viaggio fatto d’ incontri strani e domande nelle sua piccola mente che voleva risposte soddisfacenti.
Girando e girando si trovò faccia a faccia con un campo di granoturco che s’ agitava al passaggio del vento tanto da sembrare tutto un unico chiacchierio. Avvicinandosi ad una di queste pannocchie chiacchierone, Cià domandò che cosa erano e a che cosa servissero. Fortunatamente era incappata in una pannocchia chiacchierona e saputella perché, questa, iniziò a raccontarle che dall’ inizio dei tempi …. Bla … bla … bla … e così gli uomini avevano scoperto che le pannocchie del granoturco erano un cibo nutriente, eccellente da mangiare lessandole così com’ erano oppure facendo saltare i loro chicchi in padella che si aprivano e diventavano pop- corn da gustare nelle fredde sere d’ inverno.
Se invece macinavano i loro chicchi dorati diventavano farina gialla per fare polenta sempre da gustare nelle sere invernali con il latte o con i formaggi o con carni.
E poi … bla … bla … bla … la pannocchia chiacchierona non la smetteva più di parlare. Stanca Cià di starla ad ascoltare si congedò gentilmente dicendo che aveva ancora da visitare e conoscere altri posti.
Svolazzando velocemente si tolse da quell’ imbarazzo educatamente, come le aveva insegnato la sua mamma, poi in men che non si dica giunse vicino alla riva di un lago dove l’ aria era più fresca e umida, ma adesso era ormai tardi e andò a cercare un posticino per passare il buio della notte.
Girovagò qualche giorno qua e là in cerca di qualcuno che potesse rispondere alle sue domande, poi ritornò sulle riva del lago e mentre volava lungo la sponda Cià vide sul bordo un lombrico uscire dalla terra sottostante.
Incuriosita gli chiese:
“ buongiorno, io sono Cià una libellula in cerca di conoscere e sapere le cose del mondo:
cosa stai facendo di bello?”
Evidentemente anche quello era un giorno degli incontri con personaggi chiacchieroni perché anche col lombrico era incappata di nuovo in un elemento dalla parlantina facile e loquace.
“ io sono un lombrico e faccio gallerie, ingoio la terra restituendola trasformata attraverso le mie deiezioni, aiuto la terra perché tutto questo mio lavorio migliora la struttura e il drenaggio del suolo” rispose orgoglioso il lombrico.
“ il mio lavoro è anche molto importante perché le mie gallerie permettono all’ acqua e all’ aria di penetrare negli strati più profondi del suolo e nello stesso tempo dono la giusta umidità alla terra, generando un ottimo humus.” Aggiunse aspettandosi dei complimenti che naturalmente arrivarono abbondanti.
“ ma quante belle cose sai fare con poco!” lo complimentò Cià
“ certo, e poi io mi nutro di qualsiasi tipo di materiale e trascinandolo nel sottosuolo con me libero la terra di foglie morte e rametti vari e inoltre – continuò- nelle mie gallerie le radici delle piante possono crescere meglio e più facilmente.”
“ sei proprio un animaletto molto utile, deve essere anche pesante e affaticante lavorare tanto!” aggiunse la libellula svolazzandogli sopra.
“ ma no, devi sapere che io posseggo anche (secondo gli esperti etologi) 5 pseudo/cuori (anche se dicono che siano dei falsi cuori) organizzati intorno al mio esofago che mi servono a sostenere il mio scheletro idraulico e mi aiutano nella raccolta delle mie sostanze di rifiuto prodotte dal mio metabolismo.” rispose il lombrico.
“ che meraviglia!” esclamò Cià
Adesso Cià era molto soddisfatta di aggiungere queste belle nozioni alle sue conoscenze, ma ora era stanca di sbattere le sue belle ali per stare sospesa nell’ aria come le libellule sanno fare.
Il fatto è che non aveva più molti giorni a disposizione perché la sua condizione finale di libellula le consentiva di vivere solamente per quindici giorni circa, ma essendone passati già alcuni nelle sue ricerche, non le rimaneva più molto tempo prima di terminare il suo ciclo evolutivo.
Salutò il gentile lombrico e si ripromise di fare un altro giro nel giorno successivo per acquisire, se riusciva, altre nozioni per assecondare il suo desiderio di conoscenza anche perché prima del termine del suo ciclo vitale doveva ancora cercare un compagno per l’ inseminazione delle sue uova ed avere il tempo di spargerle nell’ acqua prima che il suo tempo terminasse.
© Maria Luisa Bandiera