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Mentre tutto tace nel momento del tempo solo la speranza nel domani che ancora non è annaffia il pensiero con le verdi foglie del futuro. Una primavera si aspetta... Tace persino silenzio in questo tempo, nessuna smorfia, niente maschera del pulcinella,: povero, malinconico e tristemente deluso, ma beffardo, giocherellone nei sentimenti, nu verace Napulitane.
Eppure, nisciune ‘ o Vvò capì, ‘ e nun se capisce ‘ o rammarico, ‘ a perdita, l’ affogo, l’ aborto, la palla che non viene imbucata per essere riciclata o rigiocato nuovamente sul tappeto verde che è la vita, la quale, è scena momentanea su questo grande teatro con infiniti attori sconosciuti e soprattutto di comparse che passano sulla pellicola proiettata, senza nome e senza storia, senza traccia di vissuto reale, io, li chiamo ombre. Prodotti di una società dedita solo agli interessi, ai capitali, fregandosene dell’ anima delle persone, dei sentimenti che provano, delle loro idee, dei loro desideri e della loro vita che scarna si svolge in un tempo limitato senza conoscere la gioia dell’ amore, il partecipare universale, in poche parole, essere. Ci hanno addomesticati tutti con cibo, sesso e smartphone, se guardate bene, i giovani sembrano scimmie, con quelle dite sempre sul telefonino, se lo portano persino a letto e ci fanno l’amore, e la mattina al risveglio il primo loro pensiero non è il saluto al sole, ma lo smartphone, le chatt. Toglieteci tutto non il nostro appendice... questo dicono, non si innamorano mai veramente, e ogni perdita alla dipendenza acquisita, anche quella del pseudoamore è una tragedia, si mettono a letto e cercano nuovamente il capezzole, questo a una certa età, oltre, va peggio per gli pseudo uomini, sfregiano le loro compagne, le ammazzate, le stuprano, il loro grido è: Tu sei mia propietà, mi appartieni... in che cazzo di mondo viviamo, mi sembra che siamo invasi da una follia collettiva, ritornati indietro nel tempo, di molto, diciamo al primitivo uomo con la clava. Scarseggia, anzi no, la cultura è assente, e quella dei sentimenti è un opzionale per pochi, ammesso, che questi hanno il coraggio di provarci. Scappano dal dolore, scappano alle responsabilità, scappano dalla vita, i loro sentimenti sono interessati, un egoismo becero e inutile si annida nella loro non cultura primordiale. Eppure, a pensare che sono uomini di un domani prossimo mi angoscia, cosa insegneranno ai loro figli, di sicuro scapperanno di casa dopo aver consumato il tutto: Matrimonio, prole etc. Nei lontani anni novanti, scrissi una poesia, titolo: Siamo oggi " in essa c’ era un urlo di disperazione, un campanello d’ allarme, stiamo la ancora, negli anni bui, nessuno ha avuto il coraggio di ribellarsi, di incidere su nuovi movimenti, su nuove idee, su nuove forme di proteste, siamo ancora la, mentre i politici giocano all’ assalto alle poltrone, ai pomposi vitalizie per loro e la loro progenia: certo che si sta comodi a Monteitorio! Ed ecco ancora dove siamo, millenovecentonovantadue:" 1992" Eppure sono passati anni, nulla è cambiato, anzi il tutto è peggiorato. Poesia, anno 1992.
Ore buie, secchi vuoti, sfuocate immagini... non c’è palpito nei cuori, aule vuote, sedie a terra, quanta polvere di gesso, quanta polvere di morte, non vi è urla nella classe, solo ombre, vaghe ombre.
Alberi dentro nudi e sfogli, cercano riparo dal vento...! Sono soli, senza nidi, senza uccelli, senza fiori. Sobbalza morte dove amore piange, dove non vi è riso, dove incuria e ignoranza lacera la possibilità di stringere forte al petto un caldo raggio di sole di vita reale "Aule vuote senza grida, aule vuote senza, senza magma nei cuori. Ci siamo tutti smarriti, tutti avviati nel falso pozzo dei desideri, ora tristi, tristi gridiamo... Spesse volte, noi piangiamo, sepolti ci muoviamo. Aule vuote ci hanno insegnato, aule ora senza bambini... E’ difficile portarsi un solo raggio di caldo sole nel petto nudo e freddo.
Queste sono le rime tristi che scrissi in quell’ epoca che è ancora è nell’ adesso, nell’ ora del tempo attuale. Strano, come il tempo si fosse fermato, eppure sono passati anni, il tutto e il tutto è peggiorato.
C’è rimasto sul ‘ o sole, nà luna bianca ‘ e mille stelle. Pure ‘ o sugnà è privilegio ‘ e pochi ...Ce trù vamme rinta na’ guerra‘ e nimmanco ‘ o sapimme. Nu’ cunflitto, tra chi vo tenè sempe ‘ e chiù,‘ e chi nun arriva ‘ a fine ‘ e mese. Nu’ spartiacque è diventato ‘ o munno. Chi tiene, tè ne sempre ‘ e chiù,‘ e chi nun tene niente s’ arrangia comme po‘. Si cerca caccosa perfino rinta ‘ a munnezza pe mangià. ‘ A Napule, nun cè stà chiù nimmanco Pulicenella; Na’ vota, voce ‘ e popolo, ca canzona soja: “ Palumella zompa ‘ e vola ... “ Se cantava chesta canzone, contro l’ oppressore, o Borbone. Tutto è oscurato, pure ‘ e canzone, non so chiù chella ‘ e na vota. E governanti stanne facenne chella ch’ vonno, ‘o popolo è femmene, cu tante ‘e rispette all’altro sesso. Pensate, ca’ ppè piglià nu poco ‘ e pensione, sa da aspetta quanne se more, ‘ e niente è garantito, nemmeno a cascia ‘ e morte,‘ e si, si, furtunato o Comune a Regione a stiente te pagano ‘ e spese do’ funerale. Che munno strano è divintate chiste. Ci so rimaste sul ‘ e stelle, na’ luna bianca,’ e nu poche ‘ e sole ca ‘ a stiente ce scarfa...
Je ‘ e vvò te nun capisco, qual’è ‘ o mare ‘ e qual’è ‘ o cielo. Stongo sempe sotto ‘ e ncoppo. Piglie ‘ e nuvolo ppe’ l’ onde,’ e barche ppe’ apparecchie. Stò stunato, mmbriacata, mieza ‘ a cupola do cielo, mieza all’ acqua ‘ e chistu mare. Si mme’ chiamma coccuruno, faccio finta ‘ e nun sentì: ” Vache ‘ e presso, nun tengo tiempo ...So nu’ zincaro, nu’ gitano. Nu’ gabbiano miezo ‘ o mare, n’ acquilone dinto ‘ o cielo. Mme piace ‘ a libertà, nun mmè piace ‘ e me fermà.Cerco l’ isola cò scoglio dinto ‘ o cielo, bramo ‘ e nuvole dinto mare. Sotto ‘ e ncoppa veco ‘ e cose ppè furtuna. So stunato, nnà mmurato da natura, mmesco sempe cielo ‘ e mare’ e addivento nu’ tutt’ uno, cù stù mare accussì futo, cù stù cielo ca se stennè all’ orizzonte chine d’ acqua, chine ‘ e vite.
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