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Il treno dell’amore

Amore

Sulla banchina della stazione di Roma Giada attendeva il treno che andava a Varese, era una giornata tiepida di primavera, un leggero venticello sfiorava il suo viso e alzava i suoi capelli biondi nell’ aria che odorava di fiori e catrame. Lei aveva deciso di prendersi un poco di riposo dal suo lavoro di estetista, era stanca, triste, si era lasciata con il suo ragazzo il dolore bruciava ancora nel suo petto, rassegnarsi

per lei era difficile, troppo grande l’ amore che provava per Luca, si erano conosciuti al liceo e ora era tutto finito, Giada non si dava pace, per questo motivo voleva andare lontano dalla sua città, troppi i ricordi, baci dati e ricevuti mentre camminava abbracciata al suo amore.

Il fischio del treno spezzò i suoi tristi pensieri, entrò nel primo scompartimento era vuoto, si mise seduta vicino al finestrino continuando a pensare alla sua vita ormai senza di lui.

Il treno iniziò a muoversi Giada guardava fuori dal finestrino la stazione si allontanava sempre più, ora il freccia rossa sfrecciava rapidissimo sulle rotaie non si distingueva più nulla, lei chiuse gli occhi cercò di rilassare il suo corpo e anche il suo cuore, la sua vita doveva continuare anche se Luca non l’ amava più, si era invaghito di un’ altra ragazza. Basta! Disse a se stessa, non voglio più pensare, lui mi ha tradito non merita le mie lacrime, voglio un uomo che mi ami con tutto il suo cuore.

Era così assorta nei suoi pensieri che non si accorse che nello scompartimento era entrato un ragazzo si era seduto proprio di fronte a lei, un forte scossone del treno le fece alzare il viso, Giada vide quel ragazzo moro bello come il sole con gli occhi azzurri, i loro sguardi si incrociarono lui restò a guardarla, Giada si senti imbarazzata non sapeva dove guardare fissò il finestrino era sera tutto era scuro, rivolse nuovamente il viso verso di lui, i suoi occhi lo cercarono ma il ragazzo non c’ era più.

Che dispiacere provò, si domandò dove fosse, forse passeggiava nel corridoio, si alzò andò a vedere se c’ era. Si ricordò che la prossima fermata era Varese, di scatto prese la sua valigia e corse verso la porta di uscita del treno correndo andò a sbattere a un ragazzo, Giada chiese scusa, il ragazzo si girò, lei vide che era lui quello che l’ aveva guardata insistentemente e messa in soggezione.

Lui le sorrise dicendole...” Non si preoccupi non è successo nulla, anche lei scende a Varese?

“ Si “

“ bene”

Il treno si fermò con uno stridore di freni, le porte si aprirono lui scese, Giada stava scendendo le scale dietro di lui, il ragazzo le prese la mano aiutandola a scendere, lei mise male un piede il tacco si ruppe lei si slogò la caviglia, il dolore fù lancinante lui la prese in braccio la fece sedere su una panchina della stazione, “ "Mi dispiace, volevo aiutarla e guardi quello che è successo,”

“ Non è colpa sua, anzi la ringrazio di avermi aiutato a sedermi, anche questa mi doveva capitare? Adesso che faccio?"

“ Non posso lasciarla così”

“ Lei avrà da fare vada, in qualche modo mi arrangerò”

“ Non ci penso nemmeno, dove và con questo dolore e senza una scarpa venga prendiamo un taxi l’ accompagno al pronto soccorso così la cureranno."

“ Va bene andiamo”

“ Però prima vorrei portare nella mia camera di albergo le valige, scendo solo un attimo mi attenda torno subito.

Dopo poco era di ritorno.

“ Senta ho riflettuto penso che verrò anch’ io in albergo, mi riposerò e forse la caviglia non mi farà più male."

” Come vuole andiamo all’ hotel Bellavista.”

Il taxi procedette verso la strada indicata, il ragazzo aiutò Giada a camminare fino alla camera dell’ albergo

“ Grazie di tutto se non ci fosse stato lei non so come avrei fatto.”

“ Non so ancora il suo nome”

“ Ha ragione io mi chiamo Giada”

“ io Mauro.”

Si strinsero la mano

“ Buona notte, se ha bisogno di qualcosa bussi, la mia camera è quì vicino alla sua.”

“ Mi auguro di dormire e di non darle più fastidio.”

Giada entrò in camera saltellando su un piede si stese sul letto, il dolore era sempre più forte la caviglia si era gonfiata moltissimo, soffriva non poteva dormire non voleva dare ulteriore fastidio a Mauro, ma dopo alcune ore non ce la fece più, con fatica andò a bussare alla sua porta.

Lui aprì, era avvolto in una vestaglia di seta turchese, anche se assonnato e spettinato era bellissimo.

“ Scusami se ti ho svegliato, non resisto più, il dolore mi sta arrivando al cervello.”

“ Vieni non stare sulla porta stenditi sul letto, posso provare a farti qualche impacco con l’ acqua fredda.”

Mauro andò a prendere degli asciugamani, li bagnò nell’ acqua li strizzò,

Li mise sulla caviglia, lei stava sdraiata con gli occhi chiusi e il viso in su, provò un gran benessere il dolore iniziò a placarsi, lui chinò la sua testa sul suo viso e la baciò dolcemente sulle labbra, Giada si addormentò fra le sue forti braccia.


Gabriella Giusti 28/05/2019 08:50 796

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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