Tra le memorie del tempo si tramanda la leggenda di un'amicizia indissolubile. La storia ha per protagonista un vecchio salice prospiciente un lago incantato dai colori iridati. Si dice avesse lunghe e fluenti fronde che carezzavano la superficie dell'acqua come dita affusolate e flessuose, mosse dalla fresca brezza del vento.
Il sole all'imbrunire regalava alla chioma riflessi dorati simili a lucente brillantina. Sullo sfondo, in lontananza, si scorgevano le luci del villaggio che, incastonate sul tappeto di velluto nero della notte incombente e adagiate sulla sommità della pianta, parevano gioielli poggiati sulla corona di una regina. Il vecchio salice era un albero la cui saggezza senza pari gli fu conferita da tutte quelle persone che si sdraiavano ai suoi piedi a riposare ed a dissetare il proprio cuore abbracciando i loro pensieri al fiabesco paesaggio.
La sua ospite preferita era Layra, una giovinetta che, in virtù della sua tenera età, era dotata di una fervida immaginazione oltre che di uno spropositato amore per la natura. La fanciulla sapeva che, quale creatura di Dio, la pianta possedeva una sensibilità ed una bellezza mistica che risuonava tutto intorno come la dolce melodia di un'arpa.
Le sue letture a voce alta erano leccornie delle quali il vecchio salice andava ghiotto, erano dolci prelibatezze che lo ingolosivano al punto da desiderare che la bambina non smettesse mai di leggere. Talvolta lei però si interrompeva per godere dello spettacolare scenario che s'apriva a ventaglio sotto il suo indulgente sguardo che molto spesso si soffermava su quelle vedute in una assorta ed estatica contemplazione.
Le storie che prediligeva erano quelle che parlavano del popolo dei boschi e prima di apprestarsi a leggere, invitava elfi, fate, gnomi e folletti a partecipare all'ascolto. Layra era particolarmente apprezzata per il suo modo di narrare, poiché enfatizzava i racconti colorandoli con improvvisazioni e contributi del tutto personali.
Era come se le storie prendessero letteralmente vita nel momento in cui le parole trovavano posto sul palcoscenico del cuore degli astanti. Il salice amava quella creatura al punto da considerarla radice delle sue radici, sentimento che trovava corrispondenza nell'animo della giovane la quale era solita avvolgere il tronco del suo millenario amico con un affettuoso e caloroso abbraccio. Una notte si scatenò un violento quanto improvviso temporale.
Layra allora, temendo che i fulmini potessero danneggiare il suo prezioso amico, si precipitò nel bosco per verificare che non gli accadesse nulla. Giunta in prossimità del salice si narra che la bambina inciampò, scivolando nel lago. A quella vista il popolo dei boschi cercò invano di mettere in salvo Layra e poiché il loro aiuto risultò inefficace, si attivò il lago, che tentò di portarla a riva per mezzo delle sue onde, ma non essendo sufficientemente forti, anche i suoi sforzi si rivelarono infruttuosi. Il salice allora parlò con il vento accordandosi affinché ordinasse alle nuvole di scontrarsi, generando una scarica elettrica tale che abbattendosi su di lui ne avrebbe reciso il tronco con un taglio netto. Il vecchio salice sacrificò così la sua vita per salvare la fanciulla: il suo tronco, scivolando nel lago, divenne l'appiglio al quale Layra si aggrappò riuscendo quindi a raggiungere la riva.
Per il tempo in cui Layra rimase incosciente, le era parso di volare sopra le nubi: il paesaggio immacolato dava l'impressione di attraversare l'Antartide con una nave rompighiaccio, dove iceberg di nuvole si elevavano su una distesa uniforme.
Tra la bianca e soffice banchisa squarci di cielo azzurro sembravano fiumi gelati in attesa d'esser ricoperti di morbidezza. Sulla candida coltre, cotonate fattezze si alternavano a cirri stratiformi carezzati da riflessi dorati che conferivano alla lucente superficie l'idea di un lago ghiacciato. Quando il temporale finì, Layra riprese i sensi, svegliandosi accanto a ciò che restava dell'albero millenario che coraggiosamente l'aveva soccorsa.
Fu allora che realizzò ciò che era accaduto: ed a quel punto cedette, insieme alla pioggia, ad un pianto fatto di lacrime di cristallo dalla fragilità del vetro. Ad ogni goccia frammenti d'acqua, come schegge di luce, si piantavano nei suoi occhi dando splendore ad un viso oscurato da inconsolabile tristezza. Mossa da compassione la fata del bosco si rivelò a Layra dicendole: "Posso leggere nel tuo cuore il dolore che ti affligge, in virtù dei miei poteri posso fare in modo di esaudire un tuo desiderio ma non mi é concesso restituire la vita laddove sia stata volutamente sacrificata."
Dopo aver riflettuto Layra rispose: "Il mio amico mi ha donato una nuova vita sacrificando la sua. L'unica cosa che mi renderebbe davvero felice sarebbe poterlo ricompensare con un gesto altrettanto nobile e generoso ... Ti prego, trasformami in un salice affinché a tutti coloro che si siederanno ai miei piedi io possa raccontare la nostra storia.
Pare che, nel giorno della ricorrenza dell'evento, dalle fronde del salice scendano copiose lacrime ed é per questo motivo che da allora alla pianta venne aggiunto l'appellativo di "piangente". Fu così che Layra divenne la memoria parlante del bosco nonché il simbolo vivente dell'Amicizia senza limiti.