Guardo fuori dalla finestra della sala da pranzo arredata con mobili in stile vittoriano e rifinita con tappezzeria damascata, ai vetri semplici tendine bianche finemente ricamate e sul davanzale interno, tra due vasetti di viole del pensiero, un foglio sul quale una poesia d'amore dà voce ad un passato ormai remoto, i cui contenuti parlano di intensi quanto travolgenti sentimenti.
"Trabocca la coppa del mio Cuore
il cui calice è ricolmo di nettare divino.
Dissetati dell'ambrosia dal fragolino riverbero
che scorre a fiumi dal centro del mio Sole.
Inebriati dell'aroma speziato
del vitigno che l'ha fruttificato.
Raccogli i raspi da cui è maturato
questo succo sanguigno
e intrecciali nella ghirlanda
che ti incoronerà sovrano della mia ebbrezza.
Stordisci la lucidità della memoria
tradendo la sobrietà con la follia
e dimentico della tua nobile dignità
ubriacati del vizio disorientato
che ti condurrà ad abbracciare in sogno
la sregolatezza della realtà amorosa."
E' una giornata tipicamente inglese: piove a dirotto di una pioggia battente che non lascia scampo alla malinconia ed ai ricordi. Dal tavolino imbandito con un servizio in fine porcellana ed un piattino di biscotti al burro, mi servo una tazza di tè bollente per scaldare le ossa dal pianto del cuore, mentre in sottofondo scorrono le note della sonata al chiaro di luna di Beethoven.
Questa casa londinese è diventata ormai la mia prigione: ci vivo dal 1915 in seguito al mio matrimonio con Dean Stafford un Lord inglese il cui prestigio ed il cui denaro risollevarono le sorti del mio nome e della mia reputazione.
Quando conobbi Dean avevo alle spalle quella che la gente “per bene” definisce una vita dissoluta, ma in realtà ciò che gli altri considerano un peccato mortale, per me altro non era che l'amore della mia vita. E' strano come la mente debba complicare con assurdi pregiudizi ciò che per il cuore è così semplice e privo di malizia: il fatto che un'unione non sia legalizzata con un atto ufficiale, viene inderogabilmente giudicata come illecita ed immorale dal tribunale della ragione.
Ma amerei forse di meno la vita per avermi concesso di venire al mondo, se non ci fosse un atto scritto che sancisce la mia nascita? L'esperienza vissuta con Josh Goldman rappresenta quel sogno per cui ogni donna diventa dissoluta agli occhi della società, ma la trasforma in principessa di una realtà meravigliosa agli occhi del cuore, e sebbene si sia trattata di una breve parentesi all'interno di un esistenza segnata da rinunce e privazioni, per nulla al mondo rimpiango d'averla vissuta.
Josh ha saputo risvegliare il lato più passionale del mio essere femminile, mettendo a tacere quel senso di colpa tipico di chi cresce vittima di un educazione bigotta e costellata di invalicabili tabù. La nostra relazione vide il suo apice con il concepimento di Joey, evento che regalò ad entrambe una incontenibile felicità che purtroppo però ebbe vita breve, poiché Josh venne chiamato a difendere la patria nel primo conflitto mondiale e fu costretto a partire per il fronte a combattere una guerra nella quale non credeva.
Dalle sue missive traspariva tutta la sua perplessità sull'utilità di risolvere con la morte ciò che avrebbe potuto essere pacificato con il dialogo. Trascorsi pochi mesi dalla sua partenza ricevetti un asettico quanto impersonale telegramma che mi informava della sua morte.
Essendo incinta ma non essendo sposata il titolo con il quale mi si additava non era certo quello di vedova inconsolabile bensì quello di spudorata prostituta.
Venni dunque condotta al banco degli imputati, conquistandomi la reputazione di criminale (da una giuria i cui membri erano nondimeno colpevoli del mio stesso reato), per aver avuto il coraggio di realizzare con i fatti quello che la massa vorrebbe, ma che non osa fare, chiamando questo suo squilibrato controsenso: trasgressione.
Fu in questo contesto che conobbi Dean il quale decise di dare asilo a me e Joey per mettere a tacere le voci che circolavano sul suo conto a proposito della sua ambiguità.
Quel che è certo è che Dean non mi ha mai amata e mai mi amerà, ed il mio unico scopo all'interno della sua vita è quello di brillare come un trofeo da terzo posto, da mostrare a coloro che ancora osano dubitare della sua virilità.
Avrei voluto far crescere Joey all'interno di un nucleo famigliare i cui valori principali non fossero rappresentati dal denaro e dalle apparenze ma dalle emozioni e dai sentimenti, purtroppo però gli ideali non hanno mai nutrito lo stomaco di chi ha fame.
Ma quando un giorno Joey mi chiederà per quale motivo ho sacrificato la mia vita accanto ad un uomo incapace di rendermi felice, le risponderò che tradendo me stessa, acconsentendo ad un simile compromesso, sono rimasta fedele al solo, unico e Vero Amore della mia vita: suo padre.