“ Questo filo sottile tra di noi lo vedranno Pro? “
“ Non so Poe. “
“ Neppure io. Eppure noi due siamo dalla stessa parte…”
“ In qualsiasi momento della giornata all’ improvviso sorge in me un pensiero che domina gli altri oppure un ricordo mi sospinge nel mare delle emozioni ed io navigo navigo, mi allontano in quella vasta immensità.
Mi dicono che non sto con i piedi per terra, lanciano occhiate, sogghignano. Sono forse una dea minore? Forse poesia vuol dire assenza dalla realtà?”
“ E’ amore, Poe, è amore per la realtà che spinge a guardarla da altre angolazioni, sotto altra luce. Usiamo un termine moderno e chiamiamolo filtro. E chi ha uno sguardo sprezzante verso di te, credendo che tu stia sulle nuvole, mentre la realtà è diversa, non sa quanto tu possa essergli di aiuto a vivere, facendogli apprezzare quello che c’è intorno, quello che è costantemente sotto i suoi occhi e che non vede.
Crede che tutto sia bianco o nero. E i colori Poe? Dove sono i colori? Che tutto sia chiaro o scuro. E le sfumature? Dunque c’è il sole ardente ed il temporale. Ma gli arcobaleni Poe, esistono anche gli arcobaleni… Devo forse ricordartelo io?
Forse sei un po’ amareggiata. Ma è un momento. Tu sei così, io ti conosco. Tu ami le emozioni forti, tu vivi di sensazioni, vivi intensamente, passi da un estremo all’ altro. E ti si legge tutto in viso. Sei spontanea, sei vera, sei unica.
Non so se assomiglio più io a te o tu a me. Non te ne accorgi, ma spesso prendo a prestito da te metafore, espressioni eleganti, entro nel tuo ritmo, nella tua musica e la trasporto nel mio percorso.
Pensi sia facile per me parlare della crudeltà della vita, del male, delle illusioni, dell’ accaduto, di viaggi, di nascita e morte, di quotidianeità con una certa crudezza, in maniera netta? Però lo devo fare e spesso attingo da te una parola che dica le stesse cose ma che abbia un suono nuovo. Insomma mitigo lo schiaffo con una carezza.”
Questo aveva detto Pro a Poe, senza fermarsi, senza sputare e poi d’ improvviso s’ era zittita.
Poe era rimasta in silenzio tutto il tempo ad ascoltare. Nella sua sofferenza inquieta, inspiegabile. Lei anche in una situazione allegra non gioiva mai del tutto così come mai del tutto provava dolore in situazioni opposte.
Pro aveva fatto un discorso ampio, si era spinta ben oltre quelle che erano le paure e le titubanze di Poe, insomma aveva tenuto una specie di monologo e lei aveva perso il filo, avrebbe voluto dirle cose diverse, condurre il discorso altrove.
Cosa che si poteva rimandare ad altra giornata, altro momento, altra occasione.
Poe sapeva di essere. Era ritmo, musicalità, sentimento, emozione, sensazione, stato dell’ anima, immaginazione, sensibilità. Con tutto ciò si calava nella realtà, a modo suo, con i suoi mezzi e le sue forme.
Era cambiata nel tempo, ora libera, svincolata da tutto, non amante delle regole. In altri tempi imprigionata nelle rime e alle prese con sonetti, endecasillabi, e con schemi rimici diversi.
Imprigionata però non è la parola giusta. Allora non si sentiva così. Erano tempi diversi, realtà diverse. E si sentiva adeguata.
Abbandonò i suoi pensieri e tirando un sospiro disse: Forse il lettore si sta annoiando …
“ Ok Poe, io mi siedo sul muretto ad osservare il tramonto. Lo faccio spesso. E’ lì che attingo i colori per le mie storie.”
“ Pro, io invece vedo di raggiungere lo scoglio e di restarmene appollaiata ad ascoltare il mare”.
“ Ma è lontano lo scoglio, non puoi arrivarci, Poe! “
“ Lo so Pro, ma se chiudo gli occhi sono già lì “