I primi tempi andavamo sole, dovevamo stabilire un legame, un modo per entrare in simbiosi, un conto era in casa al sicuro, un conto fuori fra altri cani e persone; aeva paura delle sedie e del vento, piangeva e guaiva, ma non era aggressiva. Curiosa e sprezzante anche se parecchio diffendente. Non mi fidavo di lasciarla libera fuori delle aree di sgambatura, anche se la moda di tenerli sciolti era molto sentita qua, quasi un must. Se fosse stata aggredita o peggio mi sarei portata pure questo rimorso, no, grazie ne ho già una valanga.
Nel recinto spariva fra l’ erba alta, mi faceva l’ agguati, correva, scavava e cacciava lucertole, inciampava e ripartiva. Merito suo se tornai a sorridere, cresceva ed era in salute.
Gli altri padroni, oltre a chiederemi che razza fosse, mi facevano le domande più disparate, in certi casi anche balorde, al sentir dire " meticcio " cominciavano ad analizzare e fare illazioni sulla presunta genia tirando ad indovinare, come se fosse importante, come se dovessero risolvere un puzzle. Rispondevo sempre: ” basta che sia sana e cresca bene, fosse stata mezzo lupo, 3/4 lepre e 2/3 tapiro mannaro non mi interessava “.
Avevo già adocchiato una manciata di padroni insopportabili, eccessivi e fin troppo boriosi.
Due donne more, credevo fossero sorelle, avevano il tono della voce molto alto, quasi disturbante, quasi a voler farsi vedere. Amavano il caldo, 35°, cammelli, palmizi e poi stavano sotto gli alberi all’ ombra, non mi piacquero per nulla, il linguaggio del corpo parlava chiaro. Non so, forse ero prevenuta io, ma non mi sembravano sincere, ci stetti alla larga come se fossero portatrici di Ebola. Sì davano troppe arie e mi davano il senso di viscido, anche Raya sembrava non gradire.
Visti poi gli argomenti di discussione... isola dei famosi, uomini e donne, grande fratello et similis, erano da tenere alla larga.
C’ era persona anziana mi pare si chiamasse Gianni, elargiva biscotti ai cani come una vecchia nonna fa con il nipote, li dava a tutti tranne che alla sua, nonsense. Non sembrava malvagio, ma non ci legai più di tanto, mi limitavo al “ buon pomeriggio e stop”. Ero diffidente, non cercavo il dialogo o amicizie, andavo solo per Raya, se non mi tolleravano, pazienza era un problema loro.
Arrivai a comprare un binocolo per vedere dal terrazzo, se i recinti fossero vuoti, partivo a razzo, un comportamento difensivo e guardingo, ma non volevo altri problemi, ne avevo già parecchi.
Arrivò il 4 maggio, il processo si avvicinava come un treno ed i nervi erano tesi come balestre, per scaricare la tensione o almeno provarci, decisi di fare due passi a tarda notte. Era fresco ed un maglioncino non ci stava male, il parco di notte sembrava quasi un quadro... luci dei lampioni, chiari scuri e sagome indefinite. Tutto dilatato e celato, nessun cane o rumore troppo forte. Camminavo piano cercando di buttare fuori il nervoso, ma nelle gambe sentivo smania. Presi un mezzo infarto quando arrivato vicino al recinto, un cane nero nemmen tanto grosso mi fece un mezzo abbaio, l’ istinto mi portò a urlare.
"Eolo zitto, vieni via ". Un fascio di luce tipo lampada alogena squarciò il buio, persi mezza diottria, c’ era una persona seduta per terra, il padrone credo, "ma chi viene al recinto all’ una di notte e si mette per terra nonostante le due panchine ? " mi domandai stropicciandomi l’ occhio.
Ripresi il mio giro cercando di svuotare la mente, dovevo dormire almeno qualche ora, alle 8: 30 avrei dovuto affrontare il mio passato.
Fine III parte