Capita che a volte ti senti stanca, così stanca che vorresti solo dormire, riposare su di un letto, possibilmente senza spine, e sognare, magari allietata da coccole e carezze, certezze, amorevoli cure, doni e blandizie.
Perché, magari, tu te ne sei andata, oh madre anelata, senza lasciarmi una sciarpa, una coperta che scaldasse i miei polsi la sera, quando venti malvagi avvolgono la mia dimora, fatta di carta pesta.
Perché, quando te ne sei andata, non è mica finita. Un’altra tempesta s’é qui abbattuta... e poi è finita. Ma, ha lasciato porte aperte, da dove entra il vento della colpa... che mi soffoca.
Perché, da quando te ne sei andata, non c’è più nessuno che mi comprenda, non ho più casa, sono sola e desolata, il tuo calore perduto, sta congelando ogni lacrima appesa a quello sguardo assente, quando ti penso e non posso lasciare i miei fiumi fluire.
E allora, vorrei dormire, senza pensare o, chissà, magari, anche morire, tanto del mondo ne ho già le tasche piene.
E, invece, si marcia, e sotto una pioggia bastarda, che ristagna in pozzanghere di melma, c’è chi comanda, con una frusta di paglia e ferisce... condanna.
E, mentre ti allontani da me che mai potei averti (rimpianto eterno), slaccio le mie scarpe e, scalza, mi osservo arrancare, mentre la strada sempre più lunga e impervia mi appare.
A volte sprofondo in quei baratri senza fondo, più paurosi di mille galere e mi sorprendo a pensare che il male sia solo questo mare che batte e ribatte, senza mai arretrare. |
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