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Faccio sempre i conti con la coscienza, a volte rotolo per le scale! E’ difficile fronteggiare la scimmia, il cane e affidarsi all’ angelo custode. In particolare è la scimmia l’ animale meno docile da tenere a bada, esce dal suo rifugio senza nessun avvertimento in cerca di banane, senza darmi tregua, grida, strilla, mostra i denti atavici del primitivo uomo, salta da ramo a ramo, vuole, pretende, si affida ai denti. Il cane invece è docile, scodinzola sempre la coda, chiede carezze, andiamo d’ accordo di solito, ci facciamo compagnia anche se a volte scappa dal guinzaglio con strapponi, lo devo rincorrere e questo mi da un fastidio enorme, se lo chiamo continua nella sua corsa sfretata; Ci gioco, mi diverto, mi fa compagnia senza parlare, facciamo lunghe passeggiate nei boschi, in riva al mare, per le strade del quartiere, ma quando abbaia è tremendo, gira per le viscere e mi sconforta, poi, in un angolino di me zittisce, mai si addormenta, si lecca il dolore, fa capriole poi piano, ritorna nella sua cuccia senza avvertirmi. Mi vesto con foglie di nulla a volte, mi faccio male, mi tiro le orecchie da solo, dimentico di volermi bene, dimentico chi sono, mi sperdo dentro e non trovo la strada della quieta fino a quando non arriva lui, l’ angelo con le sue ali bianche vestito di luce, mi rassicura, mi consiglia mi aiuta a scacciare i brutti sogni, mi fa ridere, a volte si veste da Chaplin, bastone e bombetta, cammina strano, con smorfie mi fa ridere, mi aiuta nelle doglie dell’ esistere, mi conforta, mi invoglia a scrivere poesie e racconti, a leggere e a rileggere le storie del mio esistere ad avere stima di me, di trovare, di cercare l’ accordo con scimmia e cane, farli convivere nella stessa metaforica tana o cuccia. L’ angelo è un sole nelle viscere, una luna nel buio della notte, il custode di me stesso, veglia sulla mia persona, mi porta luce, ha il dono di far scomparire ogni ferita, appare e scompare, si diverte, quando sto di male umore mi solletica; Non mi dice mai il suo nome quando glielo chiedo, lo chiamo me, indossa sempre una lunga tunica bianca, ha lunghi capelli con riccioli di colore oro che poggiano sulle spalle, due grandi ali bianche come il colore delle nuvole in primavera quando il cielo celeste copre la terra. Scarto dentro ai miei pensieri le pietruzze lunari che impediscono il percorso degli stessi nell’ oceano del tutto mare tra anfratti di buio e alghe ballerine. Scarto, setaccio l’ acqua sporca che rende i miei pensieri appannati, senza luce e senza fiamma; Li libero dalle scorie del sentire primitivo, li pulisco dalla loro falsità, poi analizzo la composizione della loro nascita il momento e il tempo, le immagine che producono i ritmi e le cadenze, le pause e la sostanza, in’ ultimo comprendo bene il letto del fiume e i depositi dell’ acqua che creano la sabbia. Me ne rammarico di questo... Poi, rido, paragono spesso questi depositi di sabbia al motore della mia macchina che ogni mattina sbuffa, non gira a dovere, così mi perdo nell’ elica del motorino di avviamento, perdo spesso il perché del tutto, domanda, che poi ritorna sull’ asfalto autostradale quando ascolto Pino Daniele che mi conduce piano al di là della porta d’ ingresso del mio cuore dove tra vallate colorate scorrono chiari fiumi.
Macchio di me fogli bianchi ruvidi.
Lo faccio da sempre.
Lascio l’ impronta dei miei pensieri
con il nero colore dell’ inchiostro di china.
Metto insieme fuoco e parole.
Studio le orme dei miei passi
e il peso della loro profondità.
Insomma,
mi guardo nelle orme
come un qualsiasi altro uomo
si guarda allo specchio,
a volte mi rinnego,
non comprendo chi sono,
altre mi abbraccio,
mi coccolo,
bacio lo specchio lasciando
le impronte delle mie labbra sullo stesso
per breve tempo,
fino a quando l’ aria fredda
che entra dalla finestra
non le fa evaporare,
scomparire definitivamente
nel riflesso del niente.
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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