Quando la sera tardi, all’ incirca mezzanotte, varco la soglia della camera da letto sento sul viso e sul collo l’ alito freddo dell’ aria intorno. In un secondo tolgo il pull sulla maglia del pigiama, che indosso da prima, stando ancora in piedi, a fare zapping sul pc. Già … perché io la televisione non la guardo più, ma per giunta spesso sfoglio il web senza leggere neppure un rigo. Forse ho bisogno di immagini. Forse ho bisogno di vedere che intorno a me c’è un mondo di persone, cose, eventi, storie, che non tocco, è vero, ma ci sono.
Si arriva ad un punto della nostra vita in cui si consolida la convinzione che non abbiamo bisogno di parole che dicono di verità approssimative, sottomesse a condizioni, a regole, comprese quelle del bon ton. Il pensiero, nella sua potenza invisibile, riesce a fare tutto.
Non vi è mai capitato di rispondere al pensiero, di sentirvi chiamare dal pensiero anziché da una voce? A me sì.
Spesso me ne sto sul divano alternandomi tra cellulare e tablet. Non so se i pensieri si acquietano ad una certa ora della sera, o se nella mente avviene una sorta di caos. Non so se restano puri o si lasciano contaminare dai ricordi o si vestono di fantasia perdendosi dentro labirinti senza fine.
Mi ostino con un gioco sul tablet, da sola, senza condividere i miei insuccessi collegandomi alla rete e chiedendo aiuto agli amici, senza acquistare crediti, esaurite le vite a mia disposizione. Pazienza, attendo che il tempo passi, perché si sa che poi tornano a fiorire nuove possibilità di vincere il gioco. Vincere cosa? Nulla
Intanto questo gioco ha un effetto soporifero, forse perché gli occhi si stancano a fissare lo schermo. E prima che possa cadermi il prezioso strumento dalle mani, cedendo a quella specie di torpore, cambio posizione sul divano, chiudo gli occhi e mi stendo. Un attimo mi basta… dico a me stessa, ma sono istanti che si sommano e si susseguono fino ad oltrepassare abbondantemente la mezzora. Tanto che alla fine mi addormento. Un sonno leggero ma pur sempre sonno. In questo stato, d’ un tratto la paura stessa di sprofondare nel sonno vero, mi fa alzare di scatto. In quel preciso istante arriva il suono della notifica sul pc. Parlo di messaggi importanti che sapevo prima o poi sarebbero arrivati, non delle solite catene che giungono attraverso tutti i canali.
Insomma una sintonia perfetta. Rispondere al pensiero di qualcuno che in quel momento comunica con la tua mente. Sarà una coincidenza, non so, però accade e mi sta bene così.
Forse è allora che il tempo si ferma, la notte va in stand- by. Aurora, alba, sole, tutti insieme in un solo scenario C’ è abbastanza luce da contrapporre al buio che torna di colpo mentre salgo di fretta, all’ incirca a mezzanotte, la rampa di scale che porta alla camera, dove vinto l’ impatto col freddo della stanza cerco l’ approdo tra le coperte.
Quel tepore è ineguagliabile. Un traguardo raggiunto, una meta agognata, uno stato di quiete, di isolamento, di appartenenza solo a se stessi. Non ai problemi del giorno, al lavoro, al bisogno di placare la fame e la sete, ai piatti in cucina, alla spesa, al tempo che è freddo e s’ agita in burrasche di venti contrastanti ed opposti, s’ incupisce e promette poco di buono.
Penso persino alla possibilità, forse futura, di cadere in letargo come i ghiri e le marmotte d’ inverno; scordarci delle nostre esistenze e dei nostri bisogni, sfiorire e rinascere a primavera, rinfrancati e leggeri, allegri e vitali.
Quel tepore è tutto ciò che vorrei fermare e con esso il tempo. Sprofondare nel tunnel, nel buio, in assenza di suoni e rumori, in assenza di luna o di nubi, di orologi sul comodino o dei rintocchi del campanile nella piazza poco lontana, ad interrompere la quiete.
Penso all’ effetto benefico sull’ anima e sul corpo. E a come, per un po’, sarebbe proprio bello non doversi svegliare al mattino…