Su quel treno, accalcati come bestie al macello,viaggiavano per una destinazione ignota. “Dove ci staranno portando?” si chiedeva Giuseppe, che abbracciato a sua moglie la proteggeva con il corpo dagli scossoni delle rotaie. Lucia poggiata sul suo petto tremava come una foglia, la paura la stava divorando nel corpo e nell’anima. Non era certo quello il viaggio che aveva sognato di intraprendere con il suo Giuseppe. Sposati da pochi mesi si trovavano su quel treno per una destinazione sconosciuta e niente di buono si prospettava per il loro futuro. I tedeschi odiavano gli ebrei, questo era ormai noto, quindi non era un viaggio di piacere quello che avevano progettato per loro. Tanti amici e conoscenti arrestati non avevano più fatto ritorno a casa. Giuseppe assorto in questi pensieri era preoccupato, ma non voleva darlo a vedere a Lucia per non agitarla di più. Ad un tratto il convoglio si fermò e con voce autoritaria un militare tedesco intimò di scendere tutti dal vagone. Appena a terra si videro puntare i fucili contro e tra scossoni e spinte allontanarono gli uomini dalle donne. Era arrivato il momento che Giuseppe temeva, volevano dividerli e forse non avrebbe più rivisto la sua amata Lucia. Lo terrorizzava il pensiero di quello che avrebbero fatto, ma sperava con tutte le sue forze di sbagliarsi. “Lucia, amore, vedrai che ci ritroveremo, non piangere, il nostro amore è grande e non morirà con noi. Devi essere coraggiosa e crederci” disse Giuseppe mentre la baciava tra le lacrime aspre che si mescolavano alla saliva.
“Si, sarò forte amore e attenderò fiduciosa il momento che ci ritroverà insieme per sempre” rispose Lucia, mentre la staccavano da lui con violenza.
Quell’amore a cui avevano riposto ogni desiderio ora si stava sgretolando come sabbia nel deserto portata via dalla bufera e tutto perché una sporca guerra aveva decretato così. Qualcuno aveva deciso che erano da annientare come parassiti, che non avevano diritto di vivere perché diversi. Ma diversi da chi poi? Giuseppe non riusciva a comprendere questo odio profondo che provavano per una razza, quella ebrea, che non aveva mai fatto del male a nessuno.
Sbattuti in un capannone, divisi dalle loro donne e bambini, gli uomini si stringevano tra loro per riscaldarsi con i corpi, mentre la fame si faceva sentire sempre di più. Stanchi dal viaggio e dalla disperazione si addormentarono. Giuseppe rannicchiato nel suo cantuccio pensava a Lucia, chissà dove era stata portata e che le stavano facendo, una stretta al cuore lo attanagliava, avrebbe dato la vita per lei tanto l’amava.
L’alba li ritrovò distesi uno accanto all’altro, un fievole sole penetrava tra le sbarre di una piccola finestra. Sembrava assurdo quello che stava succedendo, trovarsi prigionieri senza avere fatto niente di male, solo perché erano di una etnia differente con un credo diverso, eppure stava accadendo.
Un urlo squarciò il silenzio del mattino mentre si spalancava la porta d’ingresso e militari tedeschi entravano con fucili spianati. “Forza, tutti fuori” gridarono con rabbia spingendoli senza pietà.
In un attimo erano fuori all’aria aperta, il freddo pungente penetrava le ossa facendo comprendere che non era un sogno quello che stavano vivendo, ma la cruda realtà.
Giuseppe capì che era arrivato il momento, che quel risveglio era l’ultimo e che di lì a poco avrebbe lasciato per sempre la vita terrena. Provava dentro se un pace indescrivibile, come di beatitudine, forse andava davvero dove era la vita vera e dove avrebbe potuto stare per sempre con la sua Lucia senza quella continua paura di tutto, o forse era solo una sua disperata voglia di crederci per stare meglio, ma era bello sentirsi così.
In fila per due si avviavano verso la morte, a Giuseppe era finalmente chiaro la fine che avevano fatto tutti i suoi amici che non erano più ritornati. Quelle camere chiuse dove si entrava per non uscire più. Giuseppe si avviò con l’animo leggero, non aveva paura, ora era sereno, sarebbe stata la storia a rendergli onore.