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La fuga

Sociale e Cronaca

Aveva il viso disfatto in una maschera appiccicosa, un misto di sangue e fango. Erano ore che fuggiva fra la vegetazione così fitta, da impedirle di camminare; a tratti inciampava in qualche ramo spezzato ed i rovi le ferivano le gambe nude e le braccia. Ma lei pareva non accorgersene e non provava alcun dolore fisico, al contrario, aveva un dolore grande nell’ anima e sentiva tanto male dentro.

Doveva cercare di allontanarsi il più in fretta possibile, solo così poteva sentirsi al sicuro da quel padre- padrone, che le aveva rovinato la vita, costringendola ad una vita segregata e senza alcun futuro. O meglio, il progetto che aveva il padre su di lei, non era lo stesso che sognava Francesca. Lei avrebbe voluto studiare, continuare il suo percorso universitario ma Fernando non gliela aveva permesso.

Fra mille paure e continue litigate, aveva conseguito il Diploma di segretaria aziendale. Il padre non perdeva occasione per castigarla, guai ad indossare una gonna troppo corta o una maglietta aderente e se poi rientrava a casa in ritardo, anche di pochissimi minuti, per lei era una tragedia. Per non parlare poi di uscire per andare a studiare a casa di qualche amica, questo non gli era consentito assolutamente.

Tutto ciò era iniziato da quando la mamma era fuggita di casa con un altro, poco dopo la sua nascita. Almeno questo era quello che il padre aveva raccontato a Francesca. Per lui da quel giorno, tutte le donne erano delle poco di buono, pronte a peccare e a tradire. Le sue frustrazioni per essere stato abbandonato, le faceva ricadere su di lei. In poche parole, Francesca era diventata il suo bersaglio preferito. La persona su cui scaricare la sua rabbia ed a volte non le risparmiava nemmeno le botte.

Accettava tutto, come se fosse stata lei la causa dell’ allontanamento della madre. Si sentiva in colpa e la cosa peggiore, era che più passava il tempo, e più se ne convinceva. Fino a quella terribile sera, c’ era stato un scontro furibondo, lei di solito, terrorizzata dalle reazioni incontrollabili di Fernando, non gli rispondeva, ma quella sera scattò in lei qualcosa che la fece reagire, una rabbia irrefrenabile. Era stata tutto il giorno nei campi, con la schiena piegata a raccogliere le olive ed era a pezzi sia fisicamente che moralmente.

Si era sbrigata tardi e non aveva fatto in tempo a preparare la cena, per l’ ora in cui il padre aveva stabilito. Lui, il padre padrone, come al solito era seduto al tavolo della cucina, con la sua immancabile bottiglia di vino. Francesca notò subito che era a metà, segno che aveva iniziato a bere già da un bel po’. Questo la spaventava ancora di più, infatti, quando beveva diventava più cattivo. Iniziò ad insultarla dicendole di essere una scansafatiche, una pappamolla che se si fosse sbrigata prima, avrebbe fatto in tempo a finire la raccolta delle olive ed anche a cucinare.

Lei dapprima, per scongiurare l’ ennesima aggressione, evitò di rispondergli, ma sfinita per quella ingiustizia, finalmente decise di ribellarsi, tirò fuori tutto il suo orgoglio ferito e gli urlò: ” Ma che padre sei? Ha fatto bene mia madre a scappare da te! Se fosse rimasta al tuo fianco, sarebbe morta come lo sono io!”

A quelle parole seguì la furia dell’ uomo che s’ alzò dal tavolo, buttando per aria tutto quello che gli capitava, piatti, bicchieri, sedie. La sua rabbia divenne follia pura, afferrò un coltello da cucina, con una lunga lama seghettata e la puntò alla gola di Francesca.

Lei, con gli occhi sbarrati dal terrore lo fissava impietrita, ma poi riuscì a urlargli: ” Papà…”

Due lacrime si fissarono sul viso come incollate per tanta crudeltà, da non avere nemmeno il coraggio di scivolare giù. Lei sentendo la stretta che si faceva più forte, gridò di nuovo.

A questo punto Fernando, mollò la presa, buttò giù il coltello e corse fuori in preda ai suoi fantasmi. Francesca si toccò il collo dolorante e tossì ripetutamente per la tensione ed in quel preciso istante, decise che mai più avrebbe permesso a nessuno di farle del male.

Approfittò della momentanea assenza del padre, raggruppò in fretta ed alla rinfusa poche cose e corse veloce fuori, lontano da quella casa infelice e soprattutto da quella persona che invece di amarla e proteggerla era diventata il suo aguzzino. Nel buio spesso della notte, continuò a correre quasi alla cieca, facendosi largo con le braccia fra le sterpaglie, giunse fino al punto in cui la strada sterrata terminava e proseguiva con una scoscesa di massi appuntiti, un posto pericoloso, infatti, per via dei numerosi dirupi, veniva chiamato: ” gli artigli del diavolo”.

Si arrampicò fino in cima, e giunse così, sulla provinciale. Pensò che sarebbe stato difficile trovare un passaggio. La strada, trovandosi lontana dalle arterie principali, non era molto trafficata. Disorientata e non sapendo dove andare cercò di guardarsi intorno.

Ripensò al padre Fernando, l’ aveva allontanata anche dagli affetti più cari e soprattutto dai nonni che erano ancora in vita e lei sempre più emarginata, era diventata un’ isola. Quando ormai aveva perso le speranze che qualcuno passasse da lì e soprattutto a quell’ ora di notte, improvvisamente le apparvero in fondo alla strada due grandi luci, erano i fari di un automezzo e vista l’ altezza in cui si trovavano, capii subito che doveva trattarsi di un mezzo pesante.

Francesca, accecata dalla luce, man mano che i due fari si facevano più vicino, per farsi vedere si accostò verso il centro della strada, mentre una paura sorda si impadroniva del suo corpo provocandole un tremore incontrollabile. Tuttavia nonostante ciò, si fece coraggio intimando al camionista di fermarsi. Il camion con una brusca frenata si arrestò, scese un omone barbuto e dall’ aspetto poco rassicurante.

Francesca gli chiese un passaggio fino al paese, l’ uomo acconsentì dicendole: ” Sali, ma ti posso portare solo vicino al paese perché poi devo prendere l’ autostrada.”

Francesca prese posto accanto a lui ringraziandolo e poi si chiuse in un assoluto mutismo, l’ autista, di nome Aldo, non le fece alcuna domanda, nonostante avesse intuito che quella ragazza, sicuramente, doveva aver subito qualcosa di terribile. Le diede dei fazzoletti per pulirsi il viso, poi arrivati alla prima stazione di servizio si fermò per comprarsi delle sigarette ed una bevanda calda per lei.

Francesca lo guardò con riconoscenza, pensando tra sè che a volte l’ aspetto inganna, a primo acchito, quell’ uomo poteva sembrare un rude ed invece, aveva dimostrato di avere un cuore grande e tenero come un agnellino. Una volta arrivati nei pressi del paese, lui gli chiese se sapesse dove andare, lei scosse la testa in senso di diniego. Osservandola meglio, si accorse che quella ragazza gli ricordava qualcuno ma non sapeva chi, poi improvvisamente rammentò una giovane donna che aveva incontrato causalmente tempo fa.

Era arrivato in paese con un carico speciale e doveva consegnare la merce prima di mezzanotte e non un minuto più tardi. Aveva chiesto spiegazioni ad Umberto, il capo magazzino, ma questi si limitò a rispondergli in malo modo: ” Il tuo lavoro è fare l’ autista e non quello di fare domande”.

Continuò dicendogli: ” Sbrigati ad imballare gli scatoloni e fai attenzione a non farli cadere, è roba fragile.”

Aldo non fece più altre domande ed una volta finito di caricare il camion era partito per consegnare la merce. Così anche quella notte, quasi vicino al luogo dove aveva incontrato Francesca, notò qualcuno che faceva dei gesti con le braccia e si era arrestato borbottando: ” Ma chi diavolo è che se ne va in giro con questo tempaccio.”

Quella notte si era scatenato l’ inferno ed il cielo mitragliava la terra con tuoni, fulmini e dei grossi chicchi di grandine. Rimase ancora più sorpreso nel vedere che era una giovane donna, gli sembrò un cucciolo bagnato e bastonato. Dal posto di guida, attraverso il finestrino le urlò: “ Dai, salta su!”

Quella donna, poco più che una ragazza, scappava da qualcuno che la soffocava, che le stava facendo del male distruggendola. Fuggiva da quel mostro che era suo marito, le aveva tarpato le ali, lei così bella, dalla risata contagiosa e dalla parlantina sciolta, era diventata l’ ombra di se stessa, taciturna e triste, subendo angherie e torture sia fisiche che psicologiche.

Una volta rimasta incinta aveva sperato che lui cambiasse atteggiamento ma al contrario, le botte erano diventate quotidiane. Alla fine aveva trovato il coraggio di scappare, ma purtroppo non aveva fatto in tempo a prendere quella bimba dalle guance rosee e dalla pelle vellutata. L’ aveva stretta forte a sé, promettendole che sarebbe ritornata a prenderla.

Aldo ricordando quell’ episodio, pensò che forse quella ragazza, così somigliante alla giovane donna del passato, poteva essere una sua parente o addirittura sua figlia. Tuttavia questi dubbi li tenne per sé e non disse nulla alla ragazza che aveva accanto. Arrivati nelle vicinanze del paese, il camionista chiese a Francesca se era sicura di voler scendere lì o proseguire nel viaggio con lui.

Lei esitò solo per un attimo e rispose: ” Non ho nulla da perdere se vado via, lei dove è diretto?”

Aldo rispose: ” Prima di tutto dammi del tu, non sono abituato a queste formalità, poi per quanto riguarda il mio viaggio diciamo che devo andare molto lontano precisamente in Belgio.”

Francesca gli disse: ” Si, portami via, portami il più lontano possibile.”

Ma mentre si allontanavano e le luci delle case si facevano sempre più piccole, si sentì un’ incapace per non aver avuto il coraggio di affrontare con determinazione quella situazione dolorosa. Non era da lei scappare come una vigliacca; non era certo una stupida… né priva di cultura.

Ripensò a sua madre, di solito non lo faceva mai, ma in quel momento così simile al suo, la sentiva vicina. Anche lei era scappata da quell’ uomo malvagio e violento.

All’ improvviso si voltò verso Aldo e gli disse: “ Scusa, ma ho cambiato idea, ritorniamo in paese, devo fare una cosa importante. No… non sarebbe fuggita nella notte come una ladra, doveva riprendersi la sua vita, ma l’ avrebbe fatto lì, in quei luoghi che amava tanto, avrebbe ritrovato gli affetti, che per colpa del padre era stata costretta ad allontanare dal proprio cuore. Doveva ricominciare a sorridere e pensare al domani, al suo domani, che doveva essere pieno d’ amore e non di terrore.

Aldo non riuscì a dirle di no ed anche se sarebbe arrivato in ritardo non importava, voleva aiutare Francesca, non avrebbe commesso lo stesso errore di anni fa, quando quella donna sotto la pioggia le aveva chiesto se poteva accompagnarla in stazione e lui non aveva accettato, perché non poteva arrivare in ritardo a consegnare il carico. Quello che avvenne dopo non lo dimenticò mai più. La donna scese di corsa dal mezzo e non si accorse dell’ auto che stava sopraggiungendo dall’ altra corsia, fu investita in pieno.

Ancora oggi sentiva l’ urlo e poi il tonfo brutale, come se le avessero stritolato le ossa. Scese atterrito ed incredulo, la donna era riversa per terra in un mare di sangue e seppur con un filo di voce, agonizzante gli sussurrò: ” Mia figlia… la mia bambina… non può vivere con lui…”

Poi si irrigidì in un ultimo spasmo ed i suoi occhi fissarono il vuoto per l’ ultima volta. Aldo non scordò più quegli occhi azzurri come il cielo. Iniziarono ad arrivare altre auto e poi la polizia stradale e lui ne approfittò per andarsene, doveva arrivare prima mezzanotte, se no rischiava il licenziamento. Risalì quindi sul camion e velocemente sparì nel buio.

Questa volta decise che non avrebbe abbandonato Francesca in mezzo alla strada… le chiese doveva voleva essere portata, lei gli rispose con dignità: ” Portami alla prima stazione dei carabinieri”.

Era giunta l’ ora che qualcuno la facesse pagare a quell’ uomo che non era nemmeno degno di essere chiamato tale.

Anna Rossi 27/05/2017 06:58 996

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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