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Il romanzo incompiuto

Dramma

Da troppo tempo ormai, si girava e rigirava nel letto, senza riuscire a chiudere occhio, decise che l’ indomani avrebbe fracassato quel grande orologio a pendolo che lo infastidiva così tanto, con il suo ticchettio rumoroso e insistente. Quasi beffardo e irridente alla sua incapacità di dormire. Stanco della sua insonnia, pensò di alzarsi tanto non sarebbe riuscito a riposare. Il caldo era opprimente, la pelle sudata e appiccicosa, pensò di farsi una doccia per rinfrescarsi ma con suo grande rammarico dal rubinetto non usciva nemmeno una goccia d’ acqua. Imprecò contro l’ acqua, contro se stesso: “ Maledizione!” urlò “ Non è possibile ci mancava anche questa”. Così uscì sul balcone per trovare un po’ di sollievo. La strada era deserta e silenziosa, solo alcuni cani randagi rovistavano fra i sacchi ammucchiati dell’ immondizia, che mandavano un odore nauseabondo. I palazzi erano quasi tutti vuoti, la maggior parte delle persone erano in vacanza, lui, era uno dei pochi, rimasti in città credendo che avrebbe potuto finire il romanzo, ma si era fermato a metà del terzo capitolo, senza riuscire a completarlo. Sembrava aver perso la capacità di creare i vari pensieri e rilegarli insieme in una storia logica. Guardò in giro, accendendosi una sigaretta e aspirando il fumo come una liberazione. Ad un tratto la sua attenzione fu catturata da una donna che era apparsa all’ improvviso e stava per attraversare la strada. Accadde tutto in un attimo, sbucò dall’ incrocio un grosso camion ad una andatura veloce, la donna non fece in tempo ad evitare che la travolgesse. Fu investita in pieno sotto le ruote, che stridettero nel tentativo di frenare. Brian sconvolto si precipitò in strada con il cuore che batteva all’ impazzata. Ma arrivato giù restò sbalordito, com’ era possibile? Si passò nervosamente una mano fra i capelli com’ era sua consuetudine, accorgendosi che dell’ accaduto non c’ era traccia. Aveva la gola secca e le mani sudate per le forti emozioni subite, non sapeva darsi una spiegazione, confuso ispezionò in giro, ma non trovando nulla, aumentò in lui il disorientamento. Credette di avere avuto un’ allucinazione per il troppo caldo e per la stanchezza. Rientrò in casa e si sdraiò sul letto fissando il soffitto, su cui riflettevano le luci ad intermittenza dell’ insegna del bar sotto casa. Sul soffitto producevano uno strano effetto, ombre, sfumati di luci e colori. Fu preso da un torpore e lentamente sprofondò in un sonno senza sogni. Si ritrovò così, l’ indomani e con un cerchio doloroso alla testa. Si ricordò che non c’ era acqua, quindi telefonò all’ amministratore del palazzo affinché si adoperasse a ripristinarla. Poi assunse un antidolorifico per l’ emicrania e si preparò un caffè. La mattina era decisamente più fresca, quindi pensò che fosse ideale per poter provare a scrivere. Si accese la solita, immancabile sigaretta e riprese a scrivere dall’ ultimo episodio. La protagonista del suo romanzo era una ballerina, che in seguito ad una malattia, aveva perso l’ uso delle gambe ed ora si trovava a vivere su una sedia a rotelle, questa situazione l’ aveva fatta piombare in una forte depressione. Brian mentre cercava di riordinare le idee per continuare la storia, gli venne in mente ciò che era avvenuto quella notte. Gli era sembrato tutto così reale, si spaventò al sol pensiero che avesse avuto delle visioni. Si diede del cretino e riprese a scrivere. Man mano che il racconto procedeva si accorse che la trama prendeva una piega diversa, da come l’ aveva ipotizzato. Alisa il suo personaggio non riusciva a venir fuori dal suo malessere e Brian si convinse che non sarebbe mai riuscito a completare l’ opera. Frustato e insoddisfatto di se stesso decise di uscire e fare una corsetta lungo il naviglio. Era arrivato nel punto dove l’ acqua era più profonda quando vide qualcosa galleggiare, incuriosito si fermò per osservare meglio. Per poco non svenne, era un corpo e dai lunghi capelli si capiva che era una donna. Si voltò per cercare qualcuno ma quando riguardò nell’ acqua il corpo era sparito. Solo allora notò la presenza di un uomo con il suo cane. Agitato chiese a costui se avesse visto qualcosa ma questi rispose che si trovava lì già da un bel pezzo e non aveva visto assolutamente nulla. Pensò che forse aveva avuto un’ altra apparizione, che forse stava perdendo la testa, che forse… Doveva parlare con qualcuno e al più presto. Si ricordò di Christopher, l’ amico di Davie, il quale era laureato in psicologia. Sicuramente lo avrebbe aiutato. Arrivato a casa si fece una doccia, compiaciuto che il problema idrico si fosse risolto. Nonostante che l’ acqua scivolasse sulla pelle dandogli una sensazione di benessere e frescura, la sua preoccupazione non si placava anzi ripensando agli ultimi avvenimenti, convenne che la donna dell’ incidente aveva le stesse fattezze del corpo nel naviglio, e questo rendeva il tutto ancora più sconvolgente. Si rivestì e poi si specchiò per vedere se era in ordine. Ma nell’ immagine riflessa, accanto a lui, apparve una figura, la donna misteriosa, la quale aveva un cappio intorno al collo. Brian urlò così tanto da non riuscire più a smettere. La fronte gli martellava dolorante, il corpo era percorso da tremori. Credette di impazzire dalla paura. Intanto la figura sparì, così come era apparsa. Il portiere sentendo quelle grida disumane bussò insistentemente alla porta:” Signor Brian, signor Brian cosa è successo? Mi apri…” Brian aprì bianco come un cencio, Alfred lo fissò spaventato:” Signor Brian per l’ amor del cielo, cosa le è accaduto? E’ pallido da far paura.” Brian si riprese e rispose:” Alfred, tutto a posto, ho solo visto una salamandra e ho il terrore di questi maledetti animali”. Scesero le scale assieme e mentre il portiere gli parlava del condominio e della signora del primo piano che era stata colta da un malore e così via, Brian non vedeva l’ ora di parlare con Cristopher. Questi aveva lo studio dall’ altra parte della città, in via Michelangelo e Brian dovette prendere due linee della metrò per poter arrivare a destinazione. Stava aspettando il secondo treno quando vide una donna dai lunghi capelli neri somigliante al suo fantasma che improvvisamente si lanciò sotto il treno che stava sopraggiungendo. Brian sconvolto, si appoggiò alla parete della stazione e vedendo tutte le altre persone tranquille, capì di essere stato vittima ancora una volta dell’ ennesimo miraggio. Appena arrivato nello studio di Cristopher iniziò nervosamente a camminare avanti e indietro aspettando il momento per entrare. Dopo un periodo che a lui sembrò interminabile si precipitò dentro. Cristopher vedendo lo stato in cui si trovava Brian lo invitò a sedersi e gli offrì una bibita fresca. “ Allora Brian, cosa ti succede?” Questi lo guardò atterrito rispondendo .” Sto male, anzi malissimo, ho le visioni, vedo una donna che si uccide in tanti modi diversi… e così cominciò a raccontare i vari episodi… poi concluse che si trattava sempre della stessa figura. Infine chiese al medico:” Sto impazzendo vero? E’ così dimmelo…?” La sua voce disperata era quasi un urlo. “ Calmati Brian lo esortò l’ amico, allora andiamo per ordine hai avuto altre volte episodi del genere?” No, no no mai, è la prima volta, rispose, sono forse un po’ sotto pressione, sto scrivendo un romanzo e mi sono arenato, non riesco più a continuare la storia. L’ amico chiese ancora:” Parlami di questo libro, chi è il personaggio della storia, è per caso una donna?”. Brain raccontò per grosse linee la trama… l’ amico ascoltava con interesse, poi alla fine, concluse che non poteva esprimersi in una diagnosi con un solo incontro e gli fissò un’ altra seduta. Poi gli prescrisse dei sedativi per dormire. Comunque aggiunse che tutto era sicuramente riconducibile allo stress e secondo la sua prima impressione non aveva niente di patologico. Leggermente sollevato, Brian uscì dallo studio ma non aveva voglia di ritornare a casa, quindi pensò di andare a trovare il suo amico Dylan. Camminava veloce come se qualcuno lo stesse pedinando, mentre stava percorrendo via Leonardo Da Vinci, quasi senza nemmeno rendersene conto cambiò direzione e s’ infilò in una piazzetta adiacente ad un cortile di un complesso di case popolari, che al contrario di molte altre non aveva l’ aria trascurata. Si guardava attorno per capacitarsi dove si trovasse, quando qualcuno gli chiese: ” Cerca qualcuno?” Si voltò e per poco non svenne, davanti a sé c’ era la donna dei suoi incubi. Bella, con lunghi capelli corvini e gli occhi grandi e luminosi. Indossava dei pantaloncini corti e una shirt bianca che metteva in risalto l’ abbronzatura . Lei continuò:” Ma che cosa ha visto? Un fantasma? E’ diventato bianco da far paura”: Brian pensò, adesso sento anche la sua voce, sono veramente impazzito. Ma quando la donna più spaventata di lui, gli offrì dell’ acqua che stava attingendo dalla fontana del cortile e lo sfiorò, si accorse che non era una visione ma una persona in carne e ossa. Lei parlava, parlava più per uscire dall’ imbarazzo, molto strano quel ragazzo dall’ aria stranita, pensava. Finalmente Brian riuscì a biascicare qualche parola: ” Grazie, lei è molto gentile” Replicò “ Con questo caldo e poi ho camminato un bel po’ avevo bisogno di bere”. Poi salutò impacciato e stava per avviarsi quando la donna lo sorprese invitandolo a casa sua per bere un the freddo, aggiungendo di chiamarsi Carola e di abitare proprio lì all’ ultimo piano. Come in trance la seguì su per le scale che sembrano interminabili. Erano arrivati sul terrazzo del palazzo, lui osservava la donna con aria interrogativa, si domandava sul perché fossero lì, lei disse:” Non ti preoccupare, adesso è tutto posto. Così dicendo lo portò sul cornicione, lei rideva scostandosi di tanto intanto i bellissimi capelli che le incorniciavano il viso. Brian ancora non capiva, non comprendeva il perché la donna non gli lasciava la mano. All’ improvviso il salto nel buio, nonostante il caldo, tutto diventò raggelato, e un freddo intenso gli attraversò l’ anima.

Si erano raggruppate molte persone, sotto casa, erano stati avvisati i vigili del fuoco, che prontamente erano accorsi, poi le forze dell’ ordine e anche gli amici. Brian era sul cornicione del suo palazzo, lo sguardo perso nel vuoto, la mente priva di qualsiasi connessione con la realtà. Quella mattina si era svegliato urlando, per il solito incubo che lo perseguitava oramai da troppo tempo e terminava sempre con un salto nel vuoto. Con la solita angoscia che lo soffocava, gli attacchi di panico ormai erano sempre più frequenti e non lo abbandonavano nemmeno nel sonno. La mente iniziava a vacillare e poi delirante costruiva immagini e situazioni inesistenti. Poi quell’ unica soluzione che sembrava essere la più giusta, farla finita per sempre… così niente più incubi, né angoscia, né notti insonni interminabili e soprattutto niente più visioni. I piedi scalzi sembravano inchiodati al cemento bollente, il dorso nudo ricoperto di sudore, scolava per terra gocce maleodoranti. La vista iniziava ad appannarsi per il sole cocente che infuocava le pupille, il cuore martellava incessantemente in una tachicardia parossistica continua. Poi sentì qualcuno vicino che lo esortava a non fare pazzie, ebbe la forza di girarsi e riconobbe la protagonista del suo romanzo, ma non era più sulla sedia a rotelle ma era stupendamente vestita di scena, indossava il costume come nel balletto “ La morte del cigno”. Brain sorrise sarcasticamente e parlò a quella figura eterea con una voce metallica: ” Allora tu ci sei riuscita a venir fuori da quel buco nero che ti inghiotte inesorabilmente, e ti succhia la vita a poco a poco, togliendoti anche il più piccolo respiro che ti è rimasto, come vedi a me non resta che questo e guardò giù … Si distrasse per una frazione di secondo, quando prontamente qualcuno lo afferrò e lo tirò dentro, lui cercò di liberarsi dando strattoni e calci, ma fu immobilizzato. Qualcuno diceva:” Poverino, è da parecchio che non lo si vedeva, si dice che sia uscito fuori di senno perché non riusciva a completare il suo romanzo.” Il suo amico Dylan pure lui accorso, aggiunse: ” Ho provato molte volte a contattarlo in questi giorni, ma senza successo o non rispondeva al telefono o mi diceva che era troppo impegnato…”. L’ ambulanza lo portò via, dopo che i medici gli avevano somministrato un calmante. Ora si sentiva bene, non era più solo, accanto a sé c’ era Alisa, guarita e più bella che mai… gli stringeva la mano dicendole:” Hai visto che alla fine sono riuscito a completare la mia opera… adesso puoi continuare il tuo sogno e volare sulle tue scarpette da ballo… sul suo viso comparve un sorriso delirante… Brain si era perso e per sempre, ora viveva in un mondo tutto suo, fatto di luce e ombre e nessuno riuscì mai più a farlo tornare indietro…

Anna Rossi 19/05/2017 05:08 1621

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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