Camminando per via Mameli ci siamo trovati al nostro lato sinistro una scalinata.
Guardiamo su, leggiamo: Rampa Monte Aureo. Vediamo dove porta - ci diciamo- e così cominciamo a salire.
Ci sono alberi, intorno il verde, ma sul verde anche cartacce e altro materiale di scarto. Che peccato!
Ovunque vedo un fazzoletto di verde io mi perdo. Mi piace. Ed in superficie tutto appare bello, ogni ramo popolato di foglie, ogni siepe, ogni pianta. Ma poi t’ accorgi che tutto potrebbe essere più bello se fosse tenuto in ordine, pulito. La solita incuria e maleducazione degli umani… penso
Però quel tratto d’ ombra, quella sosta di muretto scomodo e polveroso ci andava bene.
Eravamo arrivati un po’ presto per il chech- in in hotel. Lo sapevamo. E allora abbiamo lasciato i nostri bagagli all’ entrata e siamo usciti a fare due passi.
Ma siamo andati ben oltre due passi.
Quando stai fuori non t’ accorgi del tempo che passa. Tutto ti appare bello e nello stesso tempo accettabile, anche una o più mattonelle sconnesse nella pavimentazione delle vie.
Penso meno male che non porto i tacchi a spillo, dovrei guardare sempre a terra, e rischierei di rimanere incastrata nello spazio tra una mattonella e l’ altra.
Penso, meno male che sento, cammino e soprattutto vedo perfettamente.
Come potrebbe sentirsi sicuro un disabile e soprattutto un non vedente per simili vie?
Siamo a Roma, ma certi quartieri e quelle vie strette, tortuose, mi parlano di paesi di provincia come tanti.
Camminiamo, camminiamo, a lungo. Non mi preoccupo più di tanto. Te la ricorderai la strada… dico con mio fratello.
Lui risponde, non so dove porta la strada, potrebbe anche essere chiusa, ma io seguo la direzione. Dobbiamo andare verso lì… e mi indica col dito un punto lontano dinanzi al nostro sguardo.
A un certo punto dice ecco il Tevere. La giornata è tranquilla, la temperatura sta salendo, il sole si fa più deciso. Guardiamo dinanzi a noi l’ acqua di un colore verde bottiglia chiaro.
Ovunque vedo un corso d’ acqua, che sia un ruscello, un lago o un fiume, io mi fermo.
Solo i miei pensieri vanno, la fantasia si accende. Fioriscono immagini ridenti dinanzi ai miei occhi.
Ecco, è questa la Primavera per me, quella vita che si rinnova, quel brulichio sottile, quel fermento nel profondo. Il mio cuore ha un battito più forte, è sintonizzato col tuo.
Amore… mentalmente, ti chiamo e poi ascolto il silenzio intorno a me. Amore, questo battito è per te. Non è solo il pensiero che ci unisce Lo so che il tuo pensiero sempre mi segue, o forse mi precede, lo so che il tuo pensiero ha braccia e gambe, ha occhi ed orecchie, ha una bocca che incanta, socchiusa, senza dire parole.
Lo sai che il mio pensiero non ti abbandona mai, ti ossessiona, ti cattura, ti tiene al guinzaglio.
Ma tu sai che io sono così… così maledettamente innamorata di te.
Le foto che mi faccio scattare sono per te, per te sono i selfie.
E’ un modo per dirti che sono con te, un modo per stringerti a me.
Un modo per dire che non esiste solitudine se non nella nostra mente.
Resto a guardare il fiume di lontano. C’è una catena per impedire il transito alle autovetture.
Passiamo oltre, scendiamo e siamo lì sul lungotevere. Mi pare quasi di poter poggiare il piede su quella verde liquida superficie. Ma so che così precipiterei sul fondo.
Tutto questo mi basta. Stare lontano dal mio paese, ed osservare i passanti, i turisti. Ognuno pensa i fatti propri. Io ho bisogno di questa pace.
Sono qui a Roma, per qualcosa di preciso, di speciale, una gioia intima mi pervade, tutta mia che mi fa brillare gli occhi.
Il viaggio di andata è stato un lampo. Io con la mia ansia moderata, con la curiosità, con la voglia di nuovo.
E’ stato un attimo. Poi lì, la musica, i versi, l’ atmosfera ed io mi sono sentita un essere speciale.
Ho vissuto ogni momento, vivo, senza sentire l’ esigenza di rivivere tutto in differita. Poi ho cominciato a pensare al percorso al contrario. Il taxi, la metro da Trastevere a Tiburtina. Poi l’ attesa, un po’ lunga. Ma mi piace stare a guardare la gente che passa, come è vestita, come si muove e poi valigie, bagagli. E il tempo che passa, ugualmente. Poi quattro ore di pulman. Il viaggio di ritorno, non so perché… ma è sempre più lungo