Quando viaggiavo, avrei voluto che il viaggio non fosse mai terminato.
Avevo già l'esperienza, da bambino (quando talvolta mi recavo, con i miei genitori, dai parenti a Pisa, a Pesaro o in provincia di Salerno), che ciò che trovavo all'arrivo era, sì, un po' diverso dalla mia cittadina e dalla mia casa, ma che tutto sommato era un'altra terraferma, un altro luogo statico dove le abitudini si ripetevano, sia pure in forme lievemente differenti.
Invece il viaggio era totalmente diverso: una modificazione dello spazio (che diventava mobile) e del tempo (che diventava sospeso) . Nello spazio mobile era possibile vedere scorrere, dai finestrini del treno, in continuazione paesaggi spesso dissimili, e condividere quelle visioni (o illudersi di condividerle) con persone anch'esse ogni volta differenti e che, nella sospensione del tempo, perdevano i contorni netti (il ruolo sociale, il mestiere, l'indole) con i quali nella vita di tutti i giorni si caratterizzavano. Anche durante i viaggi che feci da giovane e in età più matura (soprattutto se in treno) continuai ad avere queste impressioni.
Ma ci sono pure altri viaggi, forse ancora più interessanti.
Quando si legge un buon libro o si vede un bel film, ci si immerge completamente in esso, si perde la cognizione dello spazio e del tempo che sono davanti a noi e sul nostro orologio, ci si immedesima quasi nei personaggi di quelle storie. All'arrivo (alla fine del libro o del film) il nostro io si è lievemente modificato, è pervenuto a una meta diversa, che però da quel momento resterà stabile e non più piacevolmente fluida come durante la lettura o la visione.
Lo stesso si può dire a proposito della scrittura, per chi si diletta a scrivere, e - perché no? - riguardo a certi lavori. Ogni tanto, ad esempio, i presidi chiedono agli insegnanti se hanno "raggiunto gli obiettivi", perché questo vogliono i (secondo me) poco oculati "programmi ministeriali" . Raggiungere l'obiettivo è come arrivare alla stazione e scendere dal treno: tutto è stato detto (tutto il paesaggio intermedio dovrebbe essere stato osservato), e la poesia della scoperta e l'avventura mentale dell'approfondimento finiscono, regalando agli studenti solo l'illusione (il docente era già illuso da tempo immemorabile!) di essere definitivamente preparati (di andare a risiedere con sicurezza nella nuova città) .
Si potrebbe paragonare a un viaggio ogni esperienza umana edificante, ma voglio concludere accennando soltanto all'innamoramento. L'innamoramento è il viaggio in cui, guardando intensamente negli occhi (anziché dal finestrino) l'altro essere, si perde (ancora una volta!) la cognizione dello spazio e del tempo e si vedono, o si immaginano, continuamente nuovi paesaggi incantati. Quando, prima o poi, quel treno fatato giunge inevitabilmente a destinazione e bisogna scendere, se c'è stata corrispondenza di affetti si va a vivere insieme nella città chiamata "amore", che comunque è una città simile a quelle dalle quali si era partiti, con i suoi problemi, i suoi malfunzionamenti, le sue noie, ben diversa da quella sorta di eden attraversato quando il treno era in movimento!