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♦ Marina Demelas |
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Erano da poco passate le 23: 2o e la voglia di andare via era praticamente dietro l’ angolo. Fra noia e sbadigli, risse e musica distorta sparata a spacca timpani, mi feci largo fra la folla cercando di evitare gomitate e pestoni. Avevo sete e speravo almeno ci fosse un buffet o un angolo bar. Fra piatti sporchi, bicchieri lasciati a metà, tartine e zuppiere inondate di coriandoli e altre schifezze, c’ era rimasta una sola bottiglia di Cocacola tutta sola. Povera stella. Doveva essere mia. La infilai nello zaino per bermela da solo, possibilmente altrove. Mi sarebbe piaciuto avere il dono del teletrasporto, dire tre volte “ divano” e ritrovarmi nel mio soggiorno. Mi allontanai diversi passi, presi il telefono e chiamai un taxi. Gli dovetti dire più di una volta l’ indirizzo, garantendo che non fosse uno scherzo. Volle pure sapere il codice fiscale.
Ennesimo parapiglia, ennesimo petardo, ennesima rissa. Stop, alt, fermi tutti, andate a fan culo. Calai il cappuccio e presi il vialetto che portava fuori. Pochi gradi allo zero. Cominciava a fare freschino. Speravo di riuscire ad arrivare a casa prima della mezzanotte. Fortuna avere il lettore mp3. Presi il cellulare e mandai gli auguri alla sorella. Nel controluce dei lampioni una quantità di umidità scendeva come rivoli di acqua fra le pietre del greto. Una macchina si avvicinava, il mio mezzo di salvezza era arrivato. Allungai il braccio per farmi vedere. Mi sedetti davanti mentre la tassista mi guardava in modo strano. " Buonasera, auguri " dissi. " Perchè si è messo davanti? " mi chiese. " Vuole che mi metta nel portabagagli? " mi venne quasi spontaneo risponderle. " No, ma che ha capito, mi scusi, ma la maggior parte delle persone siedono dietro". replicò. “ Immagino, ma non faccio parte della maggior parte della gente” sentenziai. “ Dove la porto? ” “ Collesalvetti, via Rada” grazie. Guardai il tassamentro, segnava già venticinque euro. Sarebbe arrivato a oltre cinquanta, ma almeno avrei chiuso questa serata assurdamente surreale ed infinitamente triste. "Il giorno che faranno le macchine a misura mia, mi darò al satanismo" sbottai ironicamente. Scoppiò a ridere. “ Ha ragione è piuttosto lungo. Le dispiace se metto un po’ di musica? ” Prego faccia pure. Restai sorpeso quando dai primi accordi riconobbi Mirage. "Fico, IChill music factory, di meglio non potevo chiedere". Fermò il taxi. Conosce questa musica!? chiese sorpresa. Diamine, è la mia preferita, risposi lapidario. Dopo un paio di chilometri, mi disse: "Che ci fa un ragazzo la notte del 31 sul ciglio della strada? ". Risi in modo beffardo. "Ragazzo lo ero venti anni fa. Una festa a cui non sarei dovuto andare. Una compagnia da evitare in futuro. Una serata come le altre, da archiviare quanto prima. Fossi stato nella quiete di casa mia sarei stato meglio. Non mi prostituisco se alludeva a questo ". Diventò rossa e rimase in silenzio. Si creò un silenzio scomodo, quasi doloroso. Non avevo voglia di puntualizzare o cercare una conversazione forzata. Poteva pensare quello che voleva. Aveva un carattere istintivo. Saltava alle conclusioni e metteva le mani avanti. Con il lavoro che faceva, con la quantità di gente con cui interagiva si era fatta uno scudo e poteva anche essere giusto, però la cosa non mi piacque per nulla. |
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.
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