Oggi è il penultimo giorno dell'anno.
Brilla un sole pallido e malato sulla città che soffoca, e la luce che sbiadita riesce ad entrare, illumina il cesto della frutta sul quale brillano i mandarini come preziosi frutti di una terra lontana.
Il loro profumo mi ricorda colline, e macchia mediterranea, e un mare che luccicava anche quando ero troppo indaffarata a vivere per accorgermi di quella bellezza-
Oggi tutto vive: le persone camminano sui marciapiedi perse nei loro pensieri, o col capo chino sui telefoni che rimandano ad un mondo che non esiste.
Il telefono squilla anche se la festività imminente lo ha messo a tacere-
I fiorai sono illuminati ancora per la Befana che presto concluderà il tripudio delle feste che ormai non mi appartengono più. Qualche stella di Natale invenduta spicca nel rosso in vetrina, mentre le poche automobili scorrono dalla vetrina e lasciano polveri in aria, nei volti della gente, nei raffreddori dei bambini, e da qualche parte persone importanti decidono cosa fare per bloccare questo inquinamento che ci soffoca, e questa nera coltre che sembra ingoiare tutti in un mondo che perde i colori.
Oggi tutti sembrano felici: festeggiamenti per il nuovo anno, e nonostante la crisi e le poche speranze di lavoro e la corruzione che dilaga vergognosamente, anche i più umili camminano veloci per le strade con i sacchetti del supermercato per festeggiare il nuovo anno.
Un nuovo anno, mentre cerco con le dita di contare il tempo, e prendo in mano tre delle mie dita-
Tre anni, tre anni da quando sei andato via rubato alla vita, ed io non riesco a perdonarla questa vita per averti portato via. Non riesco nemmeno a ricordare i momenti che ho attraversato in questi tre anni e le fasi del mio vivere così contrastanti tra loro: rabbia, assenza, dolore, e questo abituarmi a una nuova vita che non è più la stessa perchè una parte mia viva, giovane, sferzante, felice, ignara di quanto dolore potesse contenere, è morta insieme a te.
Ho parlato così a lungo alla tua memoria che mi sembra tu non mi abbia mai lasciato, e sono ricorsa ancora io a te, seppur da dietro una lapide, e mi sono appoggiata a quella lastra fredda come se fosse il tuo costato e quelle ossa e quel profumo che io ho vissuto e riconosciuto come la mia casa, sempre.-
Solo dopo la tua morte ho appreso tutto quello che occorre sapere della vita, mi guardo allo specchio e mi dico che il mio solo rimpianto è non aver capito prima che ero felice, che ero padrona dell'universo, che ero protetta dal dolore, perchè il dolore dopo mi ha squartata senza pietà e fatto di me un'altra persona che coglie ogni giorno come una fortuna, ogni sorriso come un dono.
Sapessi come è stato difficile sopravviverti.
In certi momenti mi sono chiesta come avrei potuto andare avanti, e ti ho rivisto nei passanti anonimi: all'improvviso comparivi tu e mi venivi incontro con il tuo cappotto nero, e mi sorridevi circondando le mie spalle e facendomi sentire come una persona che riacquista se stessa.
Mi hai strappato tutto, la carne è rimasta ed io sono vissuta, ho vissuto.
Gli occhi non sono più quelli di un tempo, il dolore acceca e non è vero che si ricompone e si va avanti.
Rimane un danno incalcolabile che nessuno può capire perchè a nessuno importa realmente di noi.
Si ha fretta di continuare e dimenticare, mentre io non volevo tu morissi in me, e ti ho fatto vivere nella memoria. Sempre.
Volevo dirti che questo è un giorno maledetto ma la tua assenza è diventata per me, per noi, una consueta abitudine.
Il tuo mancare si è fatto presenza, e stiamo, sto, andando avanti.
Volevo dirti grazie, perchè tutto quello che ho e che sono, quella che sono diventata, sei tu, grazie grazie
a mio marito Nunzio Carcione