Era un po' che aspettava nel buio, le palpebre infastidite si chiudevano al fumo della sigaretta incollata all'angolo della bocca. Un sorriso forzato occupava la guancia sinistra, mentre le mani si riposavano nelle tasche del trench; non era il loro momento ora, si trattava di pensare, riflettere, capire e un borsalino scuro abbracciava la sua fronte, scaldandogli dolcemente le meningi.
Erano troppe le cose che non lo convincevano in questa storia, erano troppe le cose che non capiva della sua cliente, di quella donna di cui era, possiamo dirlo, perdutamente innamorato. Ma che importava, ormai? La decisione giusta era stata presa e non si poteva più tornare indietro. Per una volta nella vita si sarebbe dovuto fidare.
Lei era lì, impressa nella sua mente, la immaginava arrivare con i suoi passi lenti e insicuri su tacchi troppo alti che calpestavano un passato da non raccontare, vivo e ingombrante e un futuro di cui, probabilmente, non avrebbe potuto far parte.
La sera che si conobbero, fin dalla prima nota di quella canzone baciata dalle labbra di lei, mentre le sue si bagnavano nell'aspro calore di un whisky torbato, quel profilo biondo aveva acceso la sua immaginazione grazie agli studiati giochi d'ombra delle luci del night e ai boccoli che morbidi lo incorniciavano. Ma quella sera non era il solo a sognare.
Ogni uomo presente sperava che le labbra di lei, dopo aver smesso di cantare, andassero a solleticare il proprio orecchio con parole allusive e dolci. Nessuno fu accontentato, tranne lui.
Quando si avvicinò, il profumo della sua pelle completò la magia ed un sorriso timido gli fece capire che quella donna aveva bisogno di essere protetta, anche da sé stessa.
Passarono sette whisky e forse trenta sigarette e lei gli raccontó la sua storia, e tutto il mondo era racchiuso nei loro due sgabelli sempre più vicini. L'aria era accarezzata dalle sue mani leggere che aiutavano le labbra a descrivere particolari; le pause per bere o fumare concedevano ai pensieri di lui e agli occhi, lo spazio per assaporare, per cogliere ogni particolare ed elaborare il desiderio.
La riaccompagnó a casa quella notte, sotto la pioggia, coprendola come poteva con il suo trench e lei sorridente lo invitò ad entrare, senza troppi giri di parole. Fecero l'amore sul divano e per terra, tre volte, fu bello, molto bello. Poi lei tornò dalla doccia, con un asciugamano intorno ai seni, e gli chiese se avrebbe accettato il suo caso, se l'avrebbe aiutata a capire chi la stava minacciando e perché.
Lui non ebbe dubbi: non era per ottenere il suo aiuto che avevano fatto l'amore, ma quella ragazza aveva paura e aveva bisogno di lui, del migliore detective di Chicago. Fu così che iniziò ad indagare e ad innamorarsi e capì che la ragazza non gli aveva detto tutto, per paura, forse per diffidenza o per vergogna.
Era stata la donna del boss della città ed era ovvio, una donna così difficilmente si poteva lasciare andare senza reagire. Quell'uomo non voleva perderla e quando capì che non poteva fare niente per tenerla le chiese di lasciare la città. Le aveva dato anche dei soldi per farlo, talmente tanti soldi che lei aveva accettato; ma alla fine lei non se ne andò. Scoprì che allora il bandito aveva iniziato a minacciarla e a spaventarla.
Scoprì anche che quell'uomo non voleva neanche lui tra i piedi, che un paio di sue indagini lo avevano sfiorato e la voce di quello che aveva scoperto era arrivata ai federali.
Allora iniziò a sospettare che il boss avesse approfittato di lei per arrivare a lui, convinto che lei lo avrebbe tradito sotto minaccia.
Fino adesso non era successo e bisognava evitarlo a tutti i costi.
Un giorno ricordò che in una sua indagine aveva, diciamo, preso in prestito, dei bilanci di una società che serviva solo a riciclare denaro sporco e intuì subito chi ci fosse dietro. In fin dei conti non era difficile capirlo.
E allora capì che in qualche modo dovevano uscire da quella situazione, prima che. fosse troppo tardi e alla fine aveva trovato una soluzione, l'unica.
Le aveva dato appuntamento in quel piccolo aeroporto e le aveva detto che le doveva parlare, che erano entrambi in pericolo e che non doveva dire a nessuno dove sarebbe andata e che avrebbe dovuto evitare che qualcuno la seguisse.
Lei arrivò, era bellissima e aveva uno sguardo triste e interrogativo, uno sguardo di bambina che sapeva che quella sera qualcosa sarebbe finito, che quell'uomo era l'unico di cui si potesse fidare, lo sguardo di chi è abituato a fidarsi solo di sé stessa, e ha paura di essere ferito. Si salutarono e scherzarono per un po', fino a quando il rumore di un aereo non gli impedì di sentire la voce l'uno dell'altra. L'aereo si fermò vicino a loro ad un centinaio di metri, era piccolo, poteva trasportare al massimo quattro o cinque persone. Un uomo scese dalla carlinga con occhialetti, cappello, guanti e sciarpa e fece un cenno al migliore detective di Chicago.
Lui salutò il pilota distrattamente e tornò a guardarla negli occhi cercando di assumere un aria rassicurante, ma non ci riuscì perché vide il panico sul volto di lei. Allora si avvicinò e la strinse a sé. In mano aveva una busta marrone leggera e fece per dargliela. Le spiegò che il contenuto della busta doveva essere portato a New York ad un uomo del FBI, un suo amico che era sopravvissuto alle Midway insieme a lui durante la guerra. Di lui ci si poteva fidare, avrebbe sicuramente saputo cosa fare. Lei protestó, gli chiese perché non ci andasse lui a New York a fare l'eroe, cercó di divincolarsi, di scappare da quel dolore, ma lui la strinse ancora e la rassicuró. Se fosse andato lui, loro lo avrebbero saputo, e lei non sarebbe stata al sicuro. Le disse che se tutto fosse andato come doveva andare, nel giro di pochi anni lui l'avrebbe raggiunta, le disse che non c'erano altri modi di uscire da quella situazione, che si doveva fidare di lui, che era la cosa giusta da fare, l'unica.
Il pilota cominciava ad innervosirsi, sarebbe dovuto ripartire da lì a poco, e quei due non sembravano avere intenzione di muoversi. Vide in lontananza avvicinarsi delle macchine velocemente e iniziò a chiamare il suo amico, ma lui non lo vide, allora prese una pistola dalla carlinga e sparò in aria. Il detective si guardò intorno e vide le macchine ormai vicine, la ragazza anche e capì. Si baciarono con forza quasi a provare a prendere qualcosa l'uno dell'altra per portarlo con sé, per promettersi di non dimenticarsi, per ricordarsi di non dimenticarsi, mai.
Poi lei si allontanò correndo e salì sull'aereo e dal portellone si girò a guardare. Vide quegli uomini che lo avevano raggiunto e che lo portarono via con loro, vide alcuni di loro che correvano verso l'aereo già in movimento, e si decise ad entrare piangendo...
Tre anni dopo, lei era seduta su una panchina a Central Park con in mano delle noccioline per dare da mangiare agli scoiattoli, e le venne in mente quella canzone che cantava la sera che lo aveva conosciuto:
Night and day, you are the one
Only you beneath the moon and under the sun
Whether near to me or far
It's no matter, darling, where you are
I think of you, night and day
Un sorriso le increspó il labbro e un soffio di vento freddo la accarezzó facendola stringere nell'impermeabile.
Sentì che qualcuno si stava sedendo sulla panchina vicino a lei.
Senza girarsi a guardare e con un sorriso bagnato da una lacrima, allungó una mano, lui la strinse fra le sue e la bació...e iniziarono a ridere, ridere, ridere continuando a guardare ognuno davanti a sé.