Salivo i gradini della scala con lo stesso carico emotivo di un condannato a morte che si avvia verso il patibolo.
Ricordo amaro di quando convivevo, mi mancano quei momenti, Dio, quanto mi mancano.
Mi appisolavo sul divano con una pila di cartelle da controllare e mi ritrovavo fra le sue braccia mentre mi portava a letto, Stairway to heaven, venti gradini di gioia, adesso sono solamente un mezzo per salire o scendere.
Ricordi che arrivano come onde, in serie, fredde e continue.
Il giorno che per il mio compleanno mi regalò il cane, conservo ancora gelosamente il biglietto.
Le risa, il solletico, gli spuntini nottuni, le battaglie con i cuscini, le smorfie, i pizzicotti, baci, abbracci.....
le serate davanti al caminetto....in perfetta armonia, facevamo arrossire pure il demonio.
Poi tutto si ruppe, per colpa mia, lo trattai male una volta di troppo e lui non gradì, giustamente.
Non gli chiesi nemmeno scusa tanto ero impaurita.
Quel giorno, l’ ennesimo litigio finito alle ortiche, non dette di matto, anzi rimase molto pacato. "Non ti capisco, ma rispetto quello che dici, dammi qualche minuto per prendere le mie cose "
Si alzò dalla poltrona e senza mostrare emozioni salì in camera, io stavo sul divano con una sensazione di nausea e vergogna, tremavo come una foglia e non mi riusciva nemmeno di piangere.
Trascorsero diversi minuti, io sempre li, immobile come una gargolla.
Scese le scale, poggiò le chiavi sul tavolino all’ entrata e si fermò sulla soglia, aspettava che dicessi qualcosa, dovevo, ma restai in silenzio.
" Spero tu possa trovare pace. Ti saluto " Sospirò.
Chiuse la porta.
Volevo morire, piansi fino ad avere mal di testa e conati di vomito.
E ora, chi avrebbe riscaldato le mie mani? Chi avrebbe potuto capirmi senza troppe spiegazioni?
Eravamo una coppia diversa dalle altre, non eravamo appiccicosi, smielati, gelosi o possessivi.
Ci volevamo bene e rispettavamo gli spazi altrui, sarà difficile trovare qualcun altro che possa colmare questa mancanza assoluta.
Entrai in camera, volevo dormire e staccare il cervello, ma anche i sogni sarebbero stati agitati.
Cominciava a cadere qualche fiocco di neve, perfetto, di male in peggio, domattina avrei dovuto spalare il vialetto...
Presi lo sgabello per tirare giù dall’ armadio la coperta più pesante, aprii l’ anta e cadde per terra un fagottino, Porca puttana eva, la sua felpa. Cominciai a piangere come una fontanella, avevo quasi paura a toccarla, c’ era ancora il suo odore sopra sebbene fosse fra le coperte, plaid e palline di naftalina; ha conservato quella nota speziata.
E stanotte chi dorme più, andai in bagno, un po’ di acqua fredda avrebbe riportato l’ equilibrio, almeno ci speravo, ma fissavo quella persona nello specchio con cattiveria e disgusto, " Hai fatto la cazzata Clara, anche bella grossa " dissi a voce alta. Il gatto mi guardò perplesso, mi venne il mal di stomaco, le lacrime mi bagnarono nuovamente le guancie.
Guardai il lato dove dormiva, per un attimo vidi la sua forma lunghissima, mentre cercava di coprirsi i piedi che regolarmente spuntavano fuori dalla trapunta, risi un secondo, ma il pianto tornò quasi subito.
Non ce la faccio, domani gli mando un messaggio e vediamo che succede, mi manca da stare male.
Dal cassetto del comò presi due palline di Valeans, sperando facessero effetto quanto prima, volevo dimenticare.