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Carlo faceva l’ avvocato in uno studio di Milano senza esserne poi tanto soddisfatto. Figlio di benestanti, la durezza del padre nei suoi confronti l’ aveva fatto molto soffrire per quell’ obbedienza costretta avallata anche da una madre che aveva preferito restarsene fuori senza mai prendere le difese del figlio. Certo si presentava come un uomo affascinante e colto, ma un malessere interiore lo turbava continuamente, sentiva di non essere così remissivo come suo padre lo aveva sempre giudicato. Avrebbe potuto formarsi una famiglia, ma trovava troppo esuberanti e sicure di sè quelle donne alle quali sarebbe piaciuto. Invece desiderava una compagna che lo facesse sentire importante e necessario .Ecco come accadde che un mattino d'estate Carlo si sentisse rapito da un'immagine che pareva un dipinto dell'ottocento, d'una ragazza molto carina e fresca, dai capelli neri e lunghi, seduta ad una panchina d'un giardinetto. Il suo volto un po' serio, dove due grandi occhi non smettevano di guardarsi intorno, sebbene tra le graziose mani tenesse un piccolo libro di lettura. L'oscillare di sensazioni che la ragazza tentava di nascondere lo intenerì così tanto che decise di conoscerla. Questo era il tipo di donna con la quale aveva spesso immaginato di costruire un rapporto duraturo. Non gli mancò certo la fantasia per conquistarla . Carlotta che non poteva credere che un uomo così affascinante le prestasse tanta ammirazione, non esitò neppure un momento nell'abbandonarsi a lui. Era bambina che dentro portava delineata quell'insicurezza cresciuta con lei tanto da convincerla d'essere una donna perdente, con una scarsa considerazione di sè stessa nei confronti degli altri. Impronte d'una infanzia sofferta in una famiglia bigotta e repressiva. Questo giovane uomo era la prima persona che aveva dimostrato di accettarla così come era, mite e insicura facendole sbocciare nell'anima la convinzione che la vita potesse cambiare in meglio. Certo i genitori di Carlo s'erano dimostrati assai ostili vero il figlio che così ben posizionato si stava buttando via per una donna senza alcuna personalità, a loro dire, ma per la prima volta egli se ne era fregato del loro giudizio. In un grazioso villino alla periferia di Milano iniziò a trascorrere un'esistenza dove le sembrava non le mancasse nulla, coltivava fiori nel giardino dedicandosi con tanta riconoscenza all'uomo che amava .Misurata e attenta cercava di soddisfare il marito mossa dalla necessità del suo carattere di ricevere una sua positiva approvazione, così che al suo rincasare, mille erano le premure che Carlotta gli riservava tanto da sembrare non una moglie, ma un cane fedele al ritorno del padrone. A Carlo quel comportamento gli procurava uno strano eccitamento che lo accompagnava nei loro momenti d'intimità dove la completa sottomisione dell'amata lo lasciava esaltato, appagato. Il primo anno del loro matrimonio trascorse tranquillo con il compiacimento di un marito su di una moglie spontanea e inconsapevolmente assoggettata. Questa sua interiore soddisfazione tuttavia ad un tratto non gli piacque più tanto, l'attitudine di lei nel dimostrare continua insicurezza iniziarono ad infastidirlo. Sempre esausto del suo lavoro, non passò molto tempo che inizò a risponderle malamente lasciandola mortificata e incredula. Naturalmente quei momenti si concludevano con le lacrime di Carlotta e l'indifferenza di Carlo. Il mattino dopo, però,come si fosse trattato d'un temporale, tornava il sereno, lui la baciava e con tenerezza la salutava prima d'uscire di casa, lasciandola più che mai sgomenta. Malgrado tutto lo amava, egli era il perno su cui girava la sua vita, renderlo soddisfatto era oramai la sua aspirazione, ne era proprio convinta. Purtroppo l'amore non bastò a impedire che fra momenti d'affetto scaturissero eccessi di collera da parte di Carlo che dalle parole offensive passò agli strattonamenti violenti, agli schiaffi che lasciavano sul corpo di lei lividi e a volte slogature dolorose. Sempre trattenuta, per Carlotta implorava il suo sguardo che chiedeva il perchè di tanta sopraffazione. Le pareti della loro casa racchiudevano la squallida realtà di un rapporto umiliante ben celato nei momenti in cui si ritrovavano assieme agli amici, Carlo si prodigava in cortesi premure verso la moglie che per la verità se ne stava quasi sempre zitta, sentendosi inadeguata tra quelle signore molto disinvolte che intuiva le invidiavano quel bellissimo uomo che l'aveva preferita ad altre. Le sue slogature o gli ematomi che il trucco non copriva abbastanza, venivano scusati da Carlo come sbadataggini di una moglie tanto sventata. A volte per quelle ferite c'era stata la necessità dell'aiuto del medico che spesso aveva dimostrato perplessità sui racconti di Carlotta. Comunque la realtà era che lei iniziava a sentirsi infelice, confusa non aveva nessuno con cui confidarsi e la situazione diventava assai opprimente. Povera ragazza, privata della dignità di donna, per quell'amore al quale si donava, veniva proprio da esso calpestata. L'avvilimento oramai le compariva sul bel volto. Carlo alternava giorni nei quali dimostrava affetto e comprensione verso lei che lo ritrovava amandolo ancora di più, poi come una bottiglia di vino che scoppia, addosso le veniva riversato quel malsano umore che si formava nell'intimo del marito. Tuttavia i giorni si susseguirono intervallati dagli episodi di violenza su Carlotta tanto che un pomeriggio ebbe un mancamento che la impaurì non poco. Decise di recarsi di nascosto dal medico che cogliendola di sorpresa, le annunciò di aspettare un bambino. Quella notizia le procurò una scossa nell'anima distogliendola dalla triste sua situazione, sentiva che non sarebbe più stata sola, assieme alla creatura sarebbe cresciuta in lei la forza necessaria per liberarsi dalla violenza, si ne era sicura, l'avrebbe trovata. Alla sera diede la bella notizia al marito che l'accolse senza eccessiva enfasi, ma oramai a Carlotta, seppur delusa da quella reazione, non importava più di tanto. Era prima di tutto suo quel seme che germogliava in lei. Trascorsero giorni apparentemente calmi, Carlotta, in una finta serenità,usciva di casa, comperava cose che riteneva sarebbero servite al nascituro. Carlo sembrava tranquillo, quasi accondiscendente, in verità la osservava e intuiva che era cambiata, lei non viveva più solo per lui, la sentiva allontanarsi e questo atteggiamento lo temeva. Avvenne in un pomeriggio che Carlotta si preparava ad uscire, lui la bloccò sulla porta del bagno, con il pretesto di impedirglielo. Volarono parole ingiuste, insulti e lei per la prima volta, osò ribellarsi mentre s'accarezzava la pancia, quella pancia che conteneva la sua nuova riscossa. Allora Carlo la strattonò per un braccio spingendola verso l'interno, cadde proprio con la schiena sullo spigolo della vasca, nel cadere coprì con le mani il grembo, ma un calcio improvviso al fianco le procurò un tale dolore da sentire dei balzi interni che le tolsero il fiato. Carlo la lasciò là,lei sola nella sua disperazione fu pervasa dai singulti, tentò di rialzarsi e con fatica si stese sul letto in camera e pianse lacrime silenziose che bruciavano l'anima. Quell'episodio tragico venne accantonato come gli altri, tutto continuò fino a una sera, mentre si preparava per andare a dormire, nel bagno si accorse di perdere sangue, le colava fra le gambe. Urlò a Carlo di raggiungerla tremante e impaurita. Stranamente egli accorse premuroso e resosi conto di ciò che stava per accadere chiamò subito il 118 e l'accompagnò all'ospedale. Nel camminarle accanto alla barella che la trasportava velocemente in sala operatoria, le stringeva la mano e raccontava all'infermiere della brutta caduta che la moglie s'era procurata alcuni giorni prima Carlotta però non ascoltava, sentiva la mano di Carlo sulla sua e ciò la convinceva che lui l'amava e che le sarebbe sempre stato accanto. Perse il bambino e con lui anche l'unico spiraglio di luce che l'avrebbe aiutata ad aprire gli occhi sulla sua realtà.Con la morte del piccino, lei ora sprofondava nuovamente in quel labirinto di vita dal quale le era finora mancata la forza di uscirne. Si colpevolizzò naturalmente, restando ancora più trattenuta fra le maglie dell'amore malsano di Carlo. Spesso nella sua mente le tornava l'eco delle parole del medico di quella tremenda notte. Gli ematomi sul fianco e sulla schiena lasciavano intuire che non s'era trattato di aborto spontaneo. Egli glielo aveva fatto notare guardandola negli occhi, certo nessuno poteva decidere per lei, ma desiderava che sapesse che esistevano brave persone pronte ad aiutarla se lo avesse voluto. Carlotta abbassando lo sguardo aveva ribadito di essere caduta addossandosi così ogni colpa. Non era pronta per una decisione così radicale e difficile. Le riusciva più facile rimanere nella sua trincea d'amore, non poteva lasciare l'uomo che a volte sapeva amarla con tanto trasporto. Non conosceva quel coraggio che permette di entrare nel campo di battaglia della vita con la convinzione che credendoci si può anche vincere. Aspettava che Carlo tornasse quello del tempo del loro incontro, Nella sua mente pensava:< L'amore vero sà aspettare che tutto cambi in meglio> ma qualcuno le avrebbe suggerito che non sempre è così.Malauguratamente a questo, Carlotta ci credeva veramente. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.
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«A volte mi chiedo dispiaciuta di come l'Amore, questo nobile sentimento, possa far da filo conduttore alla violenza fra un uomo e una donna e come quest'ultima accetti ogni sopraffazione nel suo nome.» |
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