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Muoveva passi lenti l'Estate oramai tanto stanca d'aver donato tutta se stessa per il piacere di molti. L'Autunno allegro e rubicondo s'avvicinava con in spalla odorose botti di vino. Solcava sentieri e dove passava creava toni colorati che rispecchiavano l'attimo del suo sentire. Il vento diventato improvvisamente traditore s'era vestito di freddo e d'improvviso con foga stava spogliando i rami degli alberi e degli arbusti lasciandoli poveri al suo passare. Anche il cielo spesso si nascondeva dietro nuvolone che finalmente potevano farsi valere dopo tanti mesi d'attesa, così intorno ogni cosa si piegava ad una volontà percepita come destino ricorrente. Ormai tantissime foglie coprivano il terreno come sospiri abbandonati delusi dopo aver sognato nel distacco dal ramo, l'azzurro ed essersi invece, ritrovate sbattute a terra. Si raccoglievano in mucchi, si cercavano per sopportare meglio il freddo della morte. Poi un giorno l'Autunno inciampò in un lembo del manto dell'Estate e se ne innamorò all'istante. Prese essa ai fianchi e in quel amoreggiare l'Estate cedette regalando ancora tepore e baci di frutti succosi e odorosi fiori. Dove passavano così innamorati lasciavano scie di colori, sfumature spiccanti e vistose, sapevano che il loro amore era una vampa che presto si sarebbe spenta. Infatti ad ascoltar meglio in lontananza, già i primi passi pesanti dell'Inverno s'avvicinavano. Nel loro passare avrebbero lasciato, terra dura e fredda, incolta e rami intirizziti e nudi. Tutti i semi se ne stavano fermi in un letargo sognando madama Primavera. In un bosco dimorava un grande albero di Faggio che sfiorato dall'innamoramento delle due stagioni s'accorse che, sui suoi rami quasi spogli, erano nate nuove foglie, getti di un suo ultimo desiderio. estivo. D'un bel verde smeraldo aspettavano i consigli di zio Sole per imparare la fotosintesi clorofilliana che avrebbe permesso loro di diventare adulte e durevoli. Mamma Faggio lottava in sé fra la contentezza di quel prodigio e la consapevole verità di quanto breve sarebbe stata la loro esistenza. Tuttavia in quell'intervallo anche al vento andava di stare calmo e più che soffiare cantava le canzoni dell'Autunno stordito dagli odori di una natura che si ubriacava di ultime essenze. Così fu che quelle foglioline crebbero giorno dopo giorno con l'aiuto di un gobbo Sole che cercava d'aiutarle ed anche le nuvole si spogliavano dolcemente solo alla sera, lasciando alla mattina attorno all'albero, un alone lattescente di goccioline fresche. Si svilupparono così nel tepore fasullo,oramai grandicelle, splendevano alla luce nel loro smalto verde e guardandosi intorno, ostentavano la fresca beltà .C'era rivalità fra di esse, una si vedeva più perfetta nella forma, un'altra si vantava per il colore intenso, apparivano piùttosto egocentriche e fatue. Per non dire poi di quanto commiserassero le loro compagne già cadute dai rami e tinte dell'ocra della fine, sentendosi al di sopra di quella sorte. Tenevano il conto di quanti uccellini si posassero accanto ad ognuna accreditandosi la gioia di quel cinguettio, non considerando come invece essi cantassero ancora più convinti alla vita, prima che l'Inverno la congelasse fra aliti di nebbie fredde e algide giornate. Mamma Faggio ascoltava le sue piccine se pur comprendendole per la loro esultanza le riteneva poco sagge e alquanto vanesie Esse, non immaginavano nemmeno di quanto presto si sarebbero specchiate in una cruda realtà. Quelle tenere e graziose foglie nulla sapevano del girare del tempo, si beavano nel presagire giorni e giorni di gradevoli carezze del Sole, notti in cui la Luna come un sarto, le avrebbe vestite d'argento offrendo alle notturne farfalle un tappetino su cui riposare le ali. Ma l'Inverno si stancò di aspettare che l'Estate con l'Autunno continuassero con quell'abbraccio innamorato Era il suo momento, voleva prendere possesso di ciò che per alcuni mesi sarebbe stato il suo regno. Scosse il vento che batteva un po' di fiacca e lo costrinse a tirar fuori tutto il fiato che aveva. Gli ordinò di radunare più nuvole possibili, come fossero un gregge, cumuli che non avrebbero belato, bensì così ammassati, si sarebbero scontrati producendo lampi e tuoni. L'Inverno si sarebbe messo a camminare un po' dappertutto e con la sua grande mano gelata avrebbe addormentato sotto un cristallo d'acqua ogni cosa, ogni guizzo di vitalità, Per divertirsi a volte avrebbe stretto un po' qualche nuvola e al suo tocco, lacrime ricamate di merletti meravigliosi, avrebbero abbellito per un poco lo smorto paesaggio raffreddato. E fu così che in un battibaleno le graziose foglie verdi presuntuose, si videro strappare dai rami della loro mamma Faggio. Dopo un volo che le stordì così tanto da far credere ad esse di poter avvicinarsi all'arco ammirato per la loro bellezza, si ritrovarono fradice e rovinate sul terreno insensibile per il freddo. Resesi conto della disgrazia subita implorarono aiuto alla madre Faggio che ormai lontana mischiava lacrime di dolore con la pioggia che rabbiosa cadeva obbedendo al volere dell'Inverno. Sparse e separate iniziarono un lacrimoso lamento ritenendo ingiusto ciò che stava capitando loro. Mettevano se stesse scioccamente al centro del problema non considerando null'altro. Rabbiose per la sorte toccata continuarono a brontolare senza mai provare sincero dolore per la fine della loro esistenza. .Neppure per un attimo si lasciarono sfiorare dall'umiltà, qualità che accompagna di solito i saggi.Loro erano state il frutto d'un conciliante incontro di stagioni, poste alla ribalta su di uno scenario dove spiccavano protagoniste per il piacere di coloro che le avrebbero ammirate durante le passeggiate nel bosco. Sarebbero diventate utile ricettacolo di insetti per uccelli passeggeri nel loro migrare, ma soprattutto erano state la gioia di mamma Faggio per esser riuscita a germogliare il suo cuore offrendolo alla Natura. Vivere i giorni con saggezza ed umiltà cogliendone ogni attimo permette di valutare la propria fine senza rammarico e risentimento. Non è importante quanto può durare la vita di ognuno, ma di come essa può essere vissuta. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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Ciao Rita e grazie.. baci (Rosita Bottigliero)
Andare ogni tanto a capo faciliterebbe la lettura. (Antonio Terracciano)
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