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Questo racconto è inserito in:
 Parte 17 della raccolta "Giulia e la sua avventura " di Annamaria Gennaioli (20 racconti)
 La frattura del tempo

Giulia: capitolo 17. Sulle tracce di Roberto

Fantasy

Quella notte Giulia dormì profondamente, era tanto che non le succedeva. Un sonno ristoratore. Aveva perso diversi chili, la sua magrezza evidente faceva risaltare i lineamenti del viso.
Un viso dai tratti sbarazzini, spesso triste e poi una malinconia che le prendeva all’improvviso. Non riusciva a trovare comprensione oppure farsi capire. Il mondo girava sempre per un verso, forse lei voleva che si fermasse un attimo e scendere da quel carrozzone dove tutti gridavano e il parlare una pratica dimenticata.
Voleva essere compresa, condividere senza prevaricare nessuno. Catapultata in un’epoca dove il maschilismo era forte, la donna oggetto del padre e del marito, angelo del focolare. Si doveva occupare solo degli affetti, crescere i figli e accudire alla casa. Una serva non pagata e un’alcova gratuita. Si poteva tradire e uccidere se lo faceva lei.
Nel mondo civilizzato: leggi cadute da poco, fino a pochi anni fa il delitto d’onore era considerato un reato a metà. Decaduto definitivamente nel 1981, dopo la rivoluzione civile degli anni settanta. Il divorzio e l’aborto, quest’ultimo molto boicottato dagli obiettori di coscienza e l’ipocrisia ancora molto viva in tutti gli ambienti.
Giulia non sopportava l’ipocrisia, persone che abortivano clandestinamente. Apparivano persone piene di pudore, andando in chiesa a prendere i sacramenti. Quando il marcio radicato faceva ribrezzo anche al diavolo.
Voleva un mondo diverso, sapeva che non era possibile. Un’utopia la sua. Certo, ma la sua vita la voleva gestire come meglio credeva e i suoi principi non tolleravano compromessi.
Compromessi che si possono fare solo per motivi che non ledano il proprio credo.
Quella mattina si svegliò riposata, mangiò la sua colazione preferita: un caffè come si deve. Si vestì nel modo più sportivo per essere libera di andare nel suo passato; quello vissuto in quel presente. Conosceva il luogo preciso, la casa, dove abitavano e quella dove erano andati ad abitare dopo il matrimonio fino a che non fu arrestato Astolfo. Voleva ritornare per sapere per comprendere. In seguito sarebbe andata agli archivi, dove una volta esistevano le carceri, la sua curiosità per la fine di Astolfo.
Parte sulle tracce di Roberto, trova l’abitazione, in luogo poco diverso, alcuni cambiamenti si notavano. Evidenti le modernità che s’intravedevano: le comunicazioni e l'energia elettrica.
Suonò il campanello: attende risposta. Qualcuno abitava quella villa, non sapeva cosa dire, qualcosa le sarebbe venuto in mente. Voleva entrare e lo avrebbe chiesto a chiunque avesse risposto.
Apre la porta, un signore anziano, forse un custode:
<buon giorno mi chiamo Giulia.

Sono capitata da queste parti vorrei se è possibile visitare la villa.

Sono una storica, i miei studi mi hanno portato qui. Sapere qualcosa in più dei proprietari.>
L’uomo.

Rispose anche lui al saluto e un po’ meravigliato per la richiesta, ma non si scompose.

< in questo momento sono assenti; anzi l’unico proprietario è fuori per lavoro>.
Giulia:

<posso entrare?

Recherò pochissimo disturbo solo approfondimenti per la mia ricerca>.
Il vecchio annuì, le fece spazio per passare.

Entra e tanta l'emozione. Il cuore impazzito sembrava le volesse uscire dal petto. Le sue erano sensazioni strane, indefinite e nostalgiche; sempre in conflitto il suo animo, un essere gelido e allo stesso tempo coinvolto. Come se quell'avventura non l'avesse toccata, ma quello che aveva passato in quei luoghi, aveva lasciato un segno.
Un segno indelebile per farla ritornare nei suoi passi alla ricerca del suo eco; “l’eco dei suoi passi” che oltrepassava la barriera dell’amore. Amore vero o infatuazione?

Oppure voleva la tranquillità rassicurante di Guido?

Un amore sicuro e un’armonia perfetta che, la trasportasse dentro l'oblio di una vita senza grandi complicanze?

La dolcezza di Guido era poesia per molti: lei doveva cercare ancora.
L’entrata era rimasta quasi la solita. La scala che portava ai piani superiori e nell’androne lo studio di Astolfo e Roberto con l’ambulatorio. Sopra il salone e la sala da pranzo, il salottino rosa che ora era diventato giallo; le camere con i servizi e più avanti ancora la cucina.
Poco era cambiato. Entrò e vide che si erano alternati altri dottori. Lo studio in famiglia era sempre il solito, negli anni dopo Roberto si susseguirono altri discendenti medici. Sopra vide la camera che l’aveva ospitata, appariva più sbarazzina; appartenuta sicuramente a una ragazza. La camera che era stata sua e di Roberto, molto simile. L'antico era rimasto; non c’erano quadri, solo una foto. Un giovane uomo dai tratti famigliari, il custode disse subito che era il padrone di casa:

<Alberto>.
Nome quasi simile. Chissà se era un discendente del suo Roberto?

Lui avrebbe voluto tanto un figlio, pensiero esaudito con una nuova moglie?
Tornando indietro, nel corridoio che portava in sala, c’erano i quadri di famiglia. Pitture fatte per ricordare il passato e in quei quadri vide Roberto con una bella ragazza. Si era unito in matrimonio con Vittoria! La dolce Vittoria.

Contenta di quella scelta, non era rimasto a soffrire.

La vita era andata avanti, l’amore che si placa con un altro amore; più semplice e genuino del suo.
Trovò anche un quadro di una donna che si chiamava Giulia; aveva lasciato il segno?

Una figlia?

Sicuramente quel nome non era causale. Aveva visto abbastanza, ora voleva andare al piccolo cimitero che s’intravvedeva nel parco; dove erano sepolti gli avi fino alla seconda guerra mondiale.
Uscirono dall’abitazione e Giulia vide le stalle che avevano ospitato Fulmine, i cavalli, ma solo due: uno bianco e uno nero. Oltrepassò per dirigersi sempre accompagnata dal custode: al piccolo cimitero.
Erano tutti lì! Nella quiete di una campagna che sapeva di profumi e di umori, di rumori e di dolori. Tutto amalgamato insieme per non dimenticare.
Vide Astolfo in un angolo. Non aveva nessuna foto, solo una lapide alta per ricordare che era stato un medico. Sofia accanto come ancella devota. Roberto e Vittoria, morto prima lui e Vittoria vedova inconsolabile poco dopo lo segue. I figli posero quell'epitaffio a ricordo: l'amore eterno di due sposi. Giulia e Alberto.
Seguirono altri a lei sconosciuti; discendenti di quella stirpe anche imparentata, con il suo stesso sangue da parte di Vittoria. Fino ad arrivare a una coppia gli ultimi sepolti. I bisnonni di Alberto erede di tutto.
Un giovane anche lui medico che prestava il suo servizio nel capoluogo e ritornava in quella casa nei momenti liberi per disintossicarsi dalla frenesia della vita moderna. Il custode prima titubante, poi ciarliero, raccontava tutto, affezionato a quel giovane. Informò Giulia che per la fine della settimana l’uomo sarebbe tornato a casa.
Giulia ringraziò.

Voleva andare agli archivi cittadini e a quelli della curia; sicuramente la cancelleria vescovile, l’unica che tenesse i registri prima dell’unità d’Italia.
Fu così, ma trovò poco molti documenti secretati. In quegli anni di confusione, dove il papa riuscì a riprendersi il trono nel 1814. E tutto quello che accadde in precedenza, fu cancellato e il poi accomodato come tornava meglio.
Tornò a casa con la sua curiosità in parte soddisfatta. Roberto si era sposato e vissuto una vita come voleva con Vittoria. Una moglie devota e innamorata, senza dilemmi e senza pretese; oppure l’amore annulla la personalità per il bene dell’altro?

Il pensiero di Giulia sempre in conflitto e la ragazza continua con il suo ragionamento e la certezza che ogni persona ha il suo sentire. L’amore non sopprime l’altro, l'annichilazione deve essere reciproca e più che mai a metà percorso. Come un’equazione che, risolve l’insieme dell’equazione stessa.


Annamaria Gennaioli 30/07/2015 12:01 1329

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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