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Il pensiero di Giulia era per quella povera gente, dispiaciuti perché se ne era andata. I ragazzi non le avevano tolto gli occhi di dosso, ma sapevano benissimo di non poter mirare a nulla; troppo in alto. La sua educazione, la sua istruzione, a loro occorreva una moglie sottomessa e dedita alla famiglia come Regina. Le ragazze erano tristi, Giulia le attirava, volevano diventare come lei, sicure e coraggiose. Un bell’esempio: pericoloso per l’epoca. Bastava poco e tutto poteva diventare ostile. L’ignoranza dilagava; già le sue scarpe, avevano dato sull’occhio. Anche Roberto si era accorto delle scarpe e Giulia, la ragazza gli aveva raccontato la storia dei briganti e dei soldati. Il ragazzo volle credere a quella spiegazione, rispondendo:< se tu avresti incontrato davvero i briganti, non ti saresti salvata>. C’era il Grigio nella zona, un uomo senza cuore e senza pietà, aveva subìto e seminato tanta violenza che se lo avesse incontrato; di lei neppure l’ombra. Verso casa Roberto continuò con il dire: < che se qualcuno notava quelle scarpe, la poteva uccidere, per poi rivenderle a caro prezzo. Scarpe che non si trovano dalle nostre parti e per molto meno la gente: uccide.> Giulia non sapeva cosa rispondere, le scappò solo una frase: < cosa devo fare?> Roberto: < nulla, appena in paese compriamo un paio di scarpe che ti possano andare bene; poi, dalla sarta per cucire dei vestiti, un piccolo corredo per te, ma sappi bene che tutto ti sarà decurtato dallo stipendio.> < Ringraziò >. Sembrava una manna piovuta dal cielo quel giovane, ormai era in ballo e doveva ballare:< chissà che fine avrà quest’avventura? (Pensò Giulia) se mai potrò tornare al mio mondo? Il mio lavoro? La mia casa a quello che ero abituata? Qui certo la vita è dura>. Anche se per il momento la vicinanza di Roberto era una consolazione, una sicurezza che la rendeva tranquilla. Arrivati a casa, non abitava in paese, ma in una villa fuori, grande e non aveva una camera sola, ma diverse stanze, in più un grande salone e la sorpresa; il bagno. Stupita quando lo vide le sembrò di toccare il cielo con un dito. Era di marmo rosa con le pareti bianche, una botola con un tappo, una vasca e un grande specchio per vedersi tutta, con tutti gli accessori per pettinarsi e imbellettarsi. Roberto le fece vedere la sua camera, le consigliò di rimettersi in ordine e che dopo avrebbe conosciuto i suoi genitori. Preoccupata. Curò la sua persona, spolverò quel vestito, l’unico che aveva, le scarpe, si pettinò i capelli tenendoli sciolti sulle spalle e riposatasi un po’ scese dove Roberto la attendeva: nel salone.
Meravigliati entrambi dal piccolo cambiamento, sotto quella pallida luce tutto appariva diverso, quasi un'attrazione congiunta. Dopo poco entrarono i genitori, il babbo: un uomo distinto alto, con grandi baffi bianchi e la barba, elegante; la madre: una donna di altri tempi vestita di nero e i capelli raccolti. Si presentarono, a Giulia venne istintivo fare un piccolo inchino, lo aveva visto molte volte nei film d’epoca, il padre le prese la mano per baciarla. Roberto spiegò ai genitori che era un’ottima collaboratrice e lui ne aveva bisogno e l’avrebbe ospitata. Annuirono e la madre rispose: < figliola hai bisogna di un guardaroba, sei vestita come una stracciona, poi quelle scarpe, dove le hai prese?>. Giulia in silenzio e Roberto:< è stata derubata e quello che ha indosso è stato regalato da brava gente>. Sofia, il nome della madre, replicò di non preoccuparsi; se d'accordo le avrebbe fatto preparare i suoi vestiti di quando più giovane: avevano la stessa taglia. < Certo! Rispose Giulia. < Sono onorata di portare i suoi abiti.> Entrarono nello studio del padre, situato prima dell’ambulatorio, dove Giulia avrebbe sbrigato i suoi compiti. Pulire e sanificare! < Parola grossa per quel periodo, ed era meglio se non la diceva.>.Aiutare nelle visite, preparare le borse che servivano per andare a domicilio, quelle per l’ospedale, anche il padre era un medico. Oltre a questo, preparare le bende e il cotone, i disinfettanti, l’importante che non mancasse nulla; specialmente il chinino: medicamento indispensabile per la febbre. Oltrepassato la soglia dello studio, l’ombra la faceva da padrona. Tende pesanti rabbuiavano l'ambiente: < peccato pensò Giulia. La luce deve abbondare sempre, non hanno quella artificiale, ma quando c’è il sole fatelo passare dalle finestre e buttare via quelle orribili tende.> Vide una grande scrivania in noce massello o in castagno; non s’intendeva molto di legno, enorme e scura, con sopra libri e un calamaio, una penna d’oca, una asciuga scrittura e una cartella per documenti. Gli occhi le caddero sopra un oggetto e il respiro per un attimo si fermò! Come il battito del cuore, frazione di qualche secondo e si riprese; aveva visto: la clessidra. Era in quel tavolo antico, in mezzo ad altri soprammobili. Sentiva che era lei! Non l’avrebbe mai dimenticata! Emanava qualcosa di sinistro, ancora non riusciva a capire cosa! Lo avrebbe scoperto di sicuro.. |
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