Roberto, accortosi dell’emozione di Giulia, le domandò cosa l’avesse turbata:
< nulla!>
Rispose la ragazza.
Doveva mantenere il segreto, come poteva raccontare la sua storia, nessuno l’avrebbe creduta, in quel periodo tutto quello che fosse inspiegabile, considerata pazzia, oppure stregoneria.
Iniziava ad avere stima di Roberto, si fidava, ma era presto, non poteva prevedere la sua reazione.
Si riprese e domandò della clessidra:
< le dissero che era un regalo, un paziente aveva pagato con quell’oggetto, una reliquia per il suo proprietario>, < bene> disse Giulia< immaginavo una cosa del genere>.
Roberto allora incalzò:< come immaginavi?
Sei indovina?
Hai la palla di vetro?
Conosci il futuro?>
< No!
Rispose.
Conosco solo il passato. Dato che molti pagano in beni materiali, ho presupposto.>
< Scherzavo>
proseguì il ragazzo,
< mi piace stuzzicarti, non te ne sei accorta?
Era solo per prendermi gioco di te>.
Turbata, si oscurò in volto, le sue emozioni erano visibili. Un libro aperto.
Roberto aveva compreso che nascondeva un segreto, non poteva insistere più di tanto. Metteva tutto sullo scherzo, ma non demordeva, voleva conoscere il segreto di Giulia. L’alone di mistero era evidente.
Tornarono nel salone per la cena, avevano tutti un po’ fame. La servitù pronta per servire in tavola, bastava solo accomodarsi. Questa volta un mangiare diverso, ricco e sostanzioso e non come quello che aveva trovato dai suoi avi alla casa sulla collina.
Il pensiero correva sempre a loro, alle ragazze oberate di lavoro e lo svago assente. Ricollegava le due epoche, le diversità che le distinguevano. I bambini, almeno quelli conosciuti erano viziati. Cresciuti in un momento quando il troppo stroppia; gli altri, quelli del passato: allevati con il poco e la fatica.
Dopo cena si ritirarono in una piccola saletta di colore rosa. Il caminetto acceso, la sera si era rinfrescata e non disturbava quel tepore; continuarono a parlare del lavoro e delle sue responsabilità.
Nel congedarsi Giulia voleva chiedere un libro, non ebbe il coraggio era meglio se dormiva subito. Stanca era stanca e la attendeva un letto comodo e morbido.
La mattina dopo si svegliò presto, l’acqua dentro la vasca da bagno pronta, quasi calda, profumava di buono. Sicuramente qualche sale aggiunto, sensazioni di sollievo. Un semplice bagno che fino a poco tempo prima dava per scontato e ora: una meraviglia.
Posato in una sedia un vestito giallo: bello. Elegante. Un abito dell'epoca e con tutto l’occorrente per abbigliarsi; anche un cappello, che strano; non aveva mai portato cappelli, solo rare volte e quando nevicava. Ora doveva mettere quella roba: no! mai! Non poteva indossare tutto come desideravano. Quanto avrebbe voluto i suoi comodi pantaloni. I leggings! I pantaloncini corti, le scarpe da ginnastica, le ballerine; come poteva mettere quelle scarpette che,
somigliavano molto a scarpe ortopediche?
Inutile provarle, portava un numero grande. Il suo piede non entrava e le venne in mente la stenta delle donne cinesi per fare in modo che, i loro piedini restassero piccoli e deformi.
No! Lei non poteva mettere quelle scarpe! Avrebbe rimesso le sue scarpe da ginnastica.
Il vestito era comodo, si apriva sotto il petto, non era largo ma solo lungo e copriva le scarpe. Scollato con solo le spalline e le maniche a tre quarti, risaltava il suo petto e non stava male vestita a quel modo, ma le scarpe e il cappello, no!
Quando Roberto la vide, si mise a ridere, una sonora risata: < Sei fantastica con quell’aria strana, di una ragazza venuta da lontano e non avvezza a questi abiti; tu non riesci a indossarli>.
< Le scarpe non vanno bene, non entrano>.
< Immaginavo>
< poco male, bisogna passare dal calzolaio e ordinarne la lavorazione>.
Annui.
Ormai aveva imparato ad acconsentire.
Non riusciva a ribellarsi, era in un passato che non conosceva. Aveva studiato la storia, sapeva di quegli avvenimenti, ma viverla; la differenza era notevole; non poteva sbagliare, ogni sbaglio: un’incognita da risolvere.
Insieme si avviarono verso la tavola, dove era pronta la colazione.
Roberto le disse:
< vuoi sapere la storia del Grigio?>
< se lo dovessi incontrare di nuovo, sai con chi hai a che fare?>.
Stava per dire OK.
Meno male che non le scappò quel modo di dire, come di solito annui.
Iniziò raccontando la storia del Grigio.
Un brigante nato poco lontano, nel Granducato di Toscana, in un paese dell’Appennino chiamato Montagna, dove la pena era tanta e la fame ancora di più.
Gente povera ai confini dello Stato; uno Stato molto più avanti di altri, fu il primo al mondo ad abolire la tortura e la pena capitale.
< Solo che in quegli angoli estremi di territorio, la legge faticava a essere rispettata e il Grigio ancora bambino assistette all’assassinio dei suoi genitori. Due sgherri avevano derubato e ucciso e il piccolo si era salvato perché nascosto. Pianse tutta la notte sopra il corpo della madre straziata e piena di sangue, la luce del giorno, trovò quel bambino addormentato e vicino a quei corpi ormai freddi e rigidi.>
< Qualcuno aiutò il Grigio a seppellire quei disgraziati e poi, accompagnandolo dalle autorità che lo affidarono alle cure di un monastero. Tragica sorte è toccata al ragazzo, oltre che garzone dei frati fu abusato e cresciuto in quell’ambiente di preghiere e violenze; imbruttito, scappò via appena adolescente, uccidendo alcuni monaci, quelli che erano stati più sadici.>
< Ricercato dai birri, (così chiamati gli agenti di polizia del passato, sbirro deriva da questo vocabolo ed è lo spregiativo usato per chiamare i poliziotti) si rifugiò alla macchia, ancora è latitante e un’aria di mistero e di violenza lo circonda.>
Giulia rispose:
Roberto si girò di scatto e disse:
Risposta immediata:
< nulla un vocabolo che ho inventato, per dire “va bene”.>. Salvatasi in zona Cesarini, si ripromise di stare più attenta a quello che le usciva dalla bocca, non si poteva permettere errori.
< OK ripeté Roberto, mi piace, sarà la nostra sigla per dire va bene>.
Uscirono per andare a fare il solito giro di visite. Incontrarono persone che chiedevano di lei, volevano sapere chi era quella ragazza, ” la straniera”, subito catalogavano: chiamare straniera chi non si conosce per mantenere le distanze.