Tutto sembrava uguale a come lo aveva lasciato, erano passati dieci anni, una vita, ed ora forse era troppo tardi.
Il sentiero scendeva ripido verso la spiaggia, affiancato da euforbie, da cisti odorosi, dal corbezzolo grondante bacche succulente, ma non si fermò nemmeno per un istante ad ammirarne la selvaggia bellezza, si tolse i sandali e la sabbia già fresca le avvolse i piedi. Il mare era calmo, immoto, il sole incendiava l'aria con i suoi ultimi raggi prima di essere inghiottito dalla linea dell'orizzonte e non prima di aver dipinto di arancio le grosse nubi che galleggiavano lente nel cielo d'autunno.
Teneva stretta tra le mani una lettera: "Torna a casa immediatamente, tua madre è gravemente malata, potrebbe non esserci più tempo."
La data risaliva a tre mesi prima, alla sua tourné e in Australia: erano trascorsi tre lunghi mesi prima che arrivasse nelle sue mani, era troppo tardi, ne era sicura, lo sentiva come una morsa che le attanagliava le viscere.
Dieci anni prima la loro lite furibonda: "Ti brucerai! Non hai la stoffa, sei impazzita? Lasciare tutto per rincorrere un sogno impossibile? Se esci da quella porta non tornare più indietro!" la voce di sua madre risuonava nelle sue orecchie come allora, perentoria, dura e orgogliosa com'era sempre stata e come aveva sempre vissuto: una lotta senza sorriso ogni suo giorno.
E non aveva ascoltato nulla di quello che le aveva detto, non si era lasciata convincere dalle sue parole accorate né commuovere dalle sue lacrime: "Mamma, è la mia occasione, mi hanno selezionata, ho superato il provino! Vieni con me, ti prego, non tarparmi le ali, lasciami inseguire il mio sogno, se non andrà bene almeno non avrò rimpianti per non aver tentato."
Le labbra di sua madre si erano strette in una linea dura, le aveva rivolto le spalle girandosi di scatto verso la finestra, i suoi capelli un'aureola dorata nell'abbagliante luce del sole e le spalle chiuse, l'aveva già allontanata, con il suo gesto e con il suo silenzio glaciale.
E così era salita in camera, aveva buttato qualche vestito nella borsa, aveva preso la cornice con la foto che la ritraeva davanti alla grande casa e silenziosa era uscita per sempre, solo il tempo ancora per un ultimo sguardo, sapeva che lei non si era mossa, che era sempre lì nella stessa posizione nella quale l'aveva lasciata, eppure aveva sperato che la richiamasse indietro.
La sua avventura era cominciata con il lungo viaggio fino alla città, una piccola parte in un film di grande successo, la sua presenza che era stata segnalata: avevano notato tutti quel personaggio secondario, un cammeo dagli occhi grandi che bucavano lo schermo, la recitazione naturale, la voce profonda che toccava il cuore ed era stata l'apoteosi.
Le scritture si erano moltiplicate, i films un successo strepitoso dopo l'altro: Parigi, Londra, Roma, Los Angeles, New York, osannata dalla critica, amata dai fans ma da sua madre non aveva ricevuto alcun cenno: non aveva risposto alle sue lettere, non aveva accettato i suoi inviti, aveva rimandato al mittente i suoi costosi regali.
Si era rassegnata ed aveva chiuso completamente con il suo passato. "La divina dagli occhi tristi" era stata soprannominata, forse per quel dolore sottile, quel senso di perdita che la accompagnava in ogni istante e che spesso la svegliava di notte con la fronte imperlata di sudore ed il cuore perso in una corsa folle. Piangeva calde lacrime nella sua stanza bianca, aveva tutto quell'amore, tutta quella venerazione ma sua madre non aveva mai gioito con lei.
Si riscosse, un passo dopo l'altro su quella spiaggia dove aveva giocato durante la sua infanzia, dove aveva imparato a nuotare ed a pescare, dove le era stata insegnata la legge del mare e delle maree.
Ecco la casa. Così austera nel tramonto dorato, non c'era nessuna luce, nessun segno di vita, era troppo tardi. Voleva scappare via ma sapeva di dover continuare.
Il cancelletto di legno era socchiuso e appoggiato di sghimbescio alla palizzata, il patio più piccolo e più' rovinato di come lo ricordava, le fioriere decorate erano tutte scrostate ed i meravigliosi fiori di cui si occupava sempre sua madre erano oramai solo miseri resti anneriti. Oh, l'altalena dove nelle giornate burrascose aveva ascoltato il rombo cupo del mare con i capelli pieni di salsedine e la sua finestra, dove con occhi sognanti, aveva elevato le sue preghiere al cielo.
Ancora qualche passo e si sentiva le gambe molli, il cuore mancare dei battiti, non ci sarebbe stato più tempo, oramai, per chiarire, per perdonarsi, per ricominciare.
"Non posso continuare, perché sono venuta fin qui?" un brivido la scosse mentre nel cielo si accendevano, tremolanti, le prime stelle.
Non ce la faceva ad andare avanti, non restava che voltarsi e tornare sui propri passi.
Uno scricchiolio la fece sobbalzare, lentamente la porta si aprì: c'era lei, sua madre, che si stagliava nella fioca luce del caminetto, i capelli bianchi un po' spettinati, le spalle incurvate, il sorriso luminoso che la faceva sembrare quasi una ragazza.
“ Mamma!” singhiozzò con voce rotta
"Ti stavo aspettando. Bentornata."