Scena 1 “ Il Pellegrinaggio”
Immaginate un ospedale italiano.
Immaginate pazienti oncologici con la flebo attaccata muoversi prudenti in una dolente migranza dal centro terapie verso una non meglio identificata stanza, ben lontana sul piano.
Immaginatevi uomini e donne camminare lentamente portando con se il trespolo collegato alle proprie vene, seguendo le istruzioni del personale molto attivo e gentile, ma chiaramente sfiduciato e stanco.
Immaginatevi la vecchina che guarda con aria smarrita lo scorrere degli spazi dal suo lettino velocemente pilotato da una piccola ed energica infermiera con molta buona volontà e tanta rabbia controllata.
Immaginate i parenti arruolarsi volontari che, stringendo al petto le prossime flebo, seguono trepidanti il mesto corteo.
Occhi che non capiscono guardano i gesti pudici, i respiri silenti, i sorrisi tristi, i movimenti prudenti.
Una liquida rassegnazione colma ogni spazio dove a sprazzi guizza un palpito di orgoglio che si spegne subito nell'obbligatorio fare per non soccombere.
Scena 2 “ Il miracolo”
Rapidissime e professionali tre infermiere si prodigano per compiere il miracolo.
Sette pazienti in terapia dentro in una stanza per quattro degenti, se non è miracolo questo!
Voci, direttive, rassicurazioni, richieste, coordinate, ordini.
-Fuori quei letti- Dentro le barelle- Attacca il diffusore lì-Ancora dieci minuti e ci siamo- Chi manca?-Signora i suoi farmaci li metto in questa sedia, li tenga d'occhio lei- Che ore sono?-Non si preoccupi va tutto bene- Le collego il lavaggio poi ha finito- Fuori i parenti-
E poi ci spiegano.
Carenza di personale, assenze per malattia, elevato numero di pazienti, disinteresse di chi dovrebbe attivarsi,...
Loro stanno mettendoci in sicurezza e cercano di agevolare l'infermiere residuo, razza in via di naturale estinzione, che, per la verità, o si è drogato o ha un grande senso dell'umorismo e una visione della vita davvero innovativa.
Credo, spero e propendo per la seconda ipotesi nel mio interesse, ma anche perché penso sia un'ottima strategia di sopravvivenza in questo delirio.
Conto fortemente sulla resistenza psichica di quest'uomo, mai e poi mai vorrei assistere a un collasso nervoso da stress lavorativo!
Le infermiere se ne vanno, resta lui, l'infermiere alternativo.
Miracolo compiuto.
Dopo la frenesia cala il silenzio, i pazienti si guadano stanchi, nessuno riesce a dire una parola che abbia senso, meglio fingere di dormire.
Scena 3 “ Il caso umano o quasi”
Beh, ogni persona coinvolta in quest'assurda vicenda sarebbe degna di essere narrata, ogni atteggiamento meriterebbe di essere valorizzato.
La solerzia delle infermiere, la collaborazione dei pazienti, la disponibilità dei parenti e la comicità dell'infermiere sopravvissuto.
Ma, in questa storia, voglio narrare di una donna, no, non una donna, una strana eterea presenza, un inquietante sospiro dell'anima.
Ore sedici, inizia la dolente migranza del gruppo di pellegrini penitenti, tra di loro spicca un'esile figura, non più alta di un metro e sessanta, magrissima, di età indefinita, sembra avere millenni appiccicati addosso, nel suo affascinante viso la pelle, solo quella, si aggrappa e decora il teschio senza fronzoli, senza lasciare nulla alla fantasia, nessuna espressione ad animare il volto fisso come cuoio antico.
Occhi neri, profondi scatenano la sensazione di essere al cospetto di un dio antico, di un'anima raminga e saggia che ha percorso le strade del tutto e del niente.
Non dice nulla, a parlare per lei è la nipote, cicciottella e sorridente cicaleggia che la zia è lì dalle nove del mattino, che è stanca e che deve fare una trasfusione di sangue, perché i suoi valori si sballano, lei perde energia e l'unico modo è darle sangue nuovo, raro, prezioso, zero negativo.
Le hanno analisi su analisi e ancora aspetta, in silenzio aspetta.
Un'infermiera le spiega che le sacche di sangue sono arrivate, ma sono fredde e lei, per serietà professionale e senso di responsabilità, non inizierà la trasfusione finché non avranno la temperatura giusta.
La nipote si rende disponibile a scaldarle.
Scena 3 e mezzo “ Il delirio della fantasia”
Chiudo un attimo gli occhi, cosa sta accadendo?
Una strana luce preludio di un temporale in arrivo crea un'atmosfera sospesa.
Il silenzio in quella stanza sovraffollata è irreale, plastico.
Nel letto di fronte a me quella strana donna che, quando chiude gli occhi, sembra una bellissima mummia antica e nelle cui vene sta scendendo goccia a goccia sangue estraneo, nuova linfa.
Accanto a lei la nipote cicciottella accarezza affettuosamente l'altra sacca di sangue, sorridendo.
Sono stanca, ma la mia fantasia non si riposa mai e questa scena mi fa immaginare il prologo di un film noir con ambientazione vampiresca e anche un pochetto splatter.
Deliranza di una mente giocosa?
Quel che si fa per sopravvivere e trovar diletto in ogni frangente, quando la realtà è tiranna.
Scena 4 “ Finale altro”
Strano ma vero o veramente strano?
Può essere accaduto o spesso accade?
Distraetevi.
Immaginate ancora un ospedale, i bagni di un ospedale.
Immaginate che non ci sia carta igienica, sapone e salviette asciugamani.
Immaginate un cartello all'interno della porta, un bel cartello, stampato in quadricromia, plastificato.
Un cartello che raccomanda di lavare bene le mani per ridurre i rischi di contagio.
E, sotto la scritta stampata, una mano irriverente ha vergato in dialetto la scritta: “ Si, con il vostro sapone e la vostra carta”
Chissà quanto sapone si sarebbe potuto comprare con i soldi spesi per questi bellissimi cartelli?
Ma forse il sapone sarebbe sparito prima di arrivare nei bagni, forse sarebbe finito sprecato o forse non sarebbe stato apprezzato e utilizzato.
Forse, forse, forse... forse ch'è qualcosa che non va.
E' tutto così ridicolo!!!