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Il Monte Reventino

Fantasy

Un vecchio monte, di nome Reventino, parlando con la sorella più giovane accanto a lui, sospirando le diceva: “ Sai cara sorella mia, quante cose ho visto da quassù, belle e brutte, alcune mi hanno riempito di gioia, ma altre al contrario, mi hanno colmato il cuore di amarezze.
Un tempo ero rivestito da bellissimi alberi sempreverdi: abeti, pini e cipressi ed anche da castagni, querce, noci, roveri, pioppi e faggi.
Il mio vestito era un capolavoro di foglie luminose e verdeggianti ed il sole, che filtrava attraverso i rami, le rendeva lamine luccicanti e briose. I loro tronchi erano la dimora dei nostri amici animali, dai scoiattoli agli uccelli variopinti e cinguettanti, che con i loro versi rendevano armonioso il bosco, e poi ancora: cervi, daini e cerbiatti.
Una mattina, se non ricordo male… era nel mese di giugno, mi sono svegliato con uno strano dolore sul fianco sinistro e cercando di capire che cosa lo cagionasse, udii anche un assordante rumore, senza comprenderne la provenienza.
Improvvisamente i miei sentieri furono calpestati da enormi mostri, detti bulldozer e poi arrivarono molti uomini attrezzati con grandi motoseghe, trattori ed altri mezzi.
Mentre attraversavano i miei fianchi, distruggevano tutto ciò che avevo: dai cespugli di more, alle fragoline di bosco, ai rovi di mirtillo e lamponi, alle colorate bacche, ai rami di biancospino, per poi annientare anche i profumati funghi.
Ero sconvolto da tutto quello che vedevo, non capivo il perché di quella violenza. Intanto, un gruppo di taglialegna iniziò ad abbattere i miei cari alberi.
Sentivo le grida di dolore:”
“Finitela, vi preghiamo, non ci uccidete, siamo importanti, senza di noi la montagna vien giù come pasta frolla ed invaderà i vostri paesi e le vostre valli!”
“Ma la loro voce fu inascoltata e loro continuarono il truce lavoro. Questo supplizio durò per giorni, vedevo i tronchi ammassati come tanti cadaveri ed i camion diventare delle bare dove venivano caricati, per poi venire trasportati via.
Piano piano cominciai a sentirmi nudo ed inerme, non avevo più il colorito verde di prima, ma la mia facciata era scura e fangosa.
Cominciai a scrutare se ci fosse rimasto qualche amico animale, ma tutto era diventato deserto, vuoto, terribilmente silenzioso.
Anche le fate, che vivevano nelle mie grotte da molti e molti secoli e con le loro dolci parole ed armoniosi canti, avevano allietato la natura in tutto il suo splendore; fuggirono dissolvendosi nell'aria, perché la loro esistenza era in sintonia con tutto ciò che di bello c’era ed ora non esisteva più.
Calò la notte e le stelle per me persero la loro luce e la luna non emanava più i suoi raggi argentei, appariva tutto così scuro da sembrare la notte eterna. Intanto, senza più vestito, sentivo che mi stavo indebolendo e sfiancando e cominciavo a perdere le mie ossa, cumuli di terra, si sbriciolavano con la pioggia che veniva giù, quasi a voler finire il lavoro dell’ uomo.

Così, in una fredda giornata d’inverno, cominciai a scendere a valle, cercavo di resistere, ma le mie membra sembravano essere diventate friabili come un biscotto e così giù… sempre più giù, arrivai ai paesi vicini.
Il terrore era tangibile, le urla insopportabili ed io impotente, non riuscivo a far nulla. Inconsapevolmente e mio malgrado, in un attimo divenni l’artefice di tante morti e distruzioni.
Mi piangeva il cuore a vedere tanta sofferenza e dolore. Tutto intorno era fango, le case non c’erano più, scomparvero gli orti ed i giardini, ma soprattutto anchetanti bambini.
Si dissiparono le nubi e la pioggia era svanita; il caro sole si ergeva da sovrano, su tutto il creato, ma gli occhi della gente, per l’ avvenuta tragedia, erano tristi e spenti e pareva che niente potesse consolare il cuore di tante persone.
Quando credevo che tutto era alla fine, successe qualcosa di impensabile e meraviglioso.
Mentre dormivo annaspando e giunto ormai quasi all'epilogo, un bel giorno sentii delle voci di piccoli umani che saltellavano sui miei pendii facendomi il solletico, avevano tutti un piccolo alberello su cui c’ era scritto: “per la vita”.
Non riuscivo a credere all'evento straordinario che stava accadendo, tantissimi bambini, che facevano parte di una scuola, cominciarono a piantare tutti quei piccoli arbusti.
Poi, dopo di loro ne vennero altri e poi altri ancora, fino a che piano piano, interi sentieri si ricoprirono di verde. Questo andò avanti per molti mesi. Guardavo con stupore il mio abito rigoglioso che diventava sempre più folto.Infine, quando notai il ritorno, seppur timido dei miei amici animali, ebbi la certezza che forse le cose si sarebbero sistemate.

Udivo le voci degli amici scoiattoli, che saltando da un ramo all'altro, rosicchiavano felici noci e mandorle, e gli uccelli che aveva ricostruito i loro nidi nelle cime più alte di platani e querce cantavano le loro melodie.
Tutto si era rigenerato, ma la mia preoccupazione era che gli uomini, appena si fossero dimenticati della tragedia immane che avevano patito, avrebbero potuto rifare lo stesso grande errore.
Dimenticandosi che se si rispetta la natura, rispettiamo noi stessi migliorando la qualità della nostra vita.”

Anna Rossi 14/03/2015 10:38 955

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.

I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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